Pasolini e Moravia, così diversi da non farsi ombra

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Pasolini e Moravia. Due volti dello scandalo (Einaudi) è un libro di pubblicato in occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini che riflette sulla contrapposizione tra due autori diversi, ma incredibilmente in simbiosi per vari aspetti.

Alberto Moravia è stato un romanziere gigantesco per il Novecento, l’esistenzialismo delle sue opere (con concetti come La Noia, Il disprezzo, La disubbidienza, titoli di alcuni suoi romanzi) ha analizzato la società alla luce di nuove categorie come l’indifferenza (e Gli indifferenti si chiama il suo primo grande romanzo). Pier Paolo Pasolini, dal canto suo, è da molti considerato a oggi un profeta della politica e della società, le cui teorie su questi ambiti hanno spesso previsto aspetti lontani dalla sua epoca. Artista eclettico, è stato un poeta, ma anche un romanziere, un regista, un giornalista. Siamo di fronte a due personalità enormi per la nostra storia.

Chi ha avuto l’accortezza di scorgere nel sottotitolo del libro la parola scandalo, e prestarvi attenzione, si ricorderà di un celebre dialogo tra i due autori, riportato nel documentario Comizi d’amore del 1963, dove il protagonista è proprio lo scandalizzarsi:

PASOLINI

Sono reduce da un mondo di scandalizzati. Tu, Moravia, ti scandalizzi o no?

MORAVIA

No, mai, assolutamente mai, l’unica… Insomma, potrei dire che mi scandalizza la stupidità, ma poi non è vero neanche. Io penso che bisogna sempre cercare di capire, che c’è sempre possibilità concreta di capire le cose, e le cose che si capiscono non scandalizzano. Tutt’al più vanno, vanno riferite ad un giudizio, e il giudizio è legittimo, non lo scandalo.

PASOLINI

Senti, ma tu riesci ad immaginare, a concepire, a raffigurare dentro di te il fenomeno dello scandalizzarsi?

MORAVIA

La persona che si scandalizza, il personaggio che si scandalizza è il personaggio che vede qualche cosa di diverso da se stesso e al tempo stesso di minaccioso per se stesso; cioè non soltanto è una cosa diversa, ma minaccia la propria persona, sia fisicamente, sia nel senso dell’immagine che questa persona si fa di se stesso. Lo scandalo, in fondo, è una paura di perdere la propria personalità, è una paura primitiva.

PASOLINI

In conclusione, chi si scandalizza è psicologicamente incerto, cioè praticamente un conformista.

MORAVIA

Effettivamente è vero. La persona che si scandalizza è una persona profondamente incerta.

Il ritratto di due amici da un amico

L’autore Renzo Paris è stato amico di entrambi gli autori di cui tratta e quindi può descrivere con un sano biografismo quanto riguarda il loro rapporto. Diciamo sano perché non è l’autoreferenza del “sono stato amico di entrambi” a muovere il saggio, anzi, sono naturali descrizioni di sensazioni, situazioni, paesaggi con una precisione storica non cercata ma ottenuta grazie ad un’analisi che mira ad analizzare la dicotomia tra due opposti. Interessante la descrizione del primo incontro, che pure non è accertato, così come la continua antitesi tra i loro pensieri e le loro vite. Sui viaggi, sui nuovi giovani e le loro proteste (malvisti da Pasolini e ammirati da Moravia), sul senso di certi aspetti della letteratura, si può dire in contrasto quasi su tutto.

Gli opposti, come è noto, si attraggono. Pier Paolo Pasolini era attratto dall’elegante romanziere borghese che si voleva contro la borghesia, il padre alla rovescia che usava una lingua tersa e interpretativa, tutto quello che lui non era. Moravia invece era elettrizzato dalla vitalità piccolo borghese di un provinciale piovuto a Roma dal Friuli. Amava i vincenti e Pasolini ai suoi occhi lo era. Erano così diversi da non farsi ombra.

La descrizione colpisce soprattutto per quanto concerne i luoghi. Come la trattoria Biondo Tevere a Roma, dove sembra che Alberto Moravia pranzasse con Pier Paolo Pasolini ma anche con Elsa Morante e Sandro Penna. Bisogna ricordare che mentre a Roma Moravia ci nacque, Pasolini aveva deciso di farsi adottare e di adottarla anche. Tra le più forti grandiosità artistiche della prova di Pasolini vi è infatti il fatto di – pur essendo friulano – utilizzare il dialetto romano padroneggiandolo appieno.

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Primo incontro da un dentista o artisticamente con Gramsci

Elsa Morante riecheggia nei racconti, è oltretutto colei che fece a leggere a Moravia la prima opera di Pasolini. Anche se i due scrittori si sono inseguiti un po’ nel corso degli anni cinquanta, probabilmente incrociati nello studio di un dentista racconta Paris, è vero che Moravia il primo approccio con Pasolini artisticamente lo ebbe con Le ceneri di Gramsci, un esempio emblematico di poesia civile.

La raccolta di poesie tratta sì di una prima adesione di Pasolini al comunismo, ma senza obbedire alle logiche di partito. A proposito dell’antifascismo, a Moravia Pasolini scriverà:

Mi chiedo caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso. Spingere le masse a combattere un nemico inestistente mentre il consumismo moderno striscia, si insinua e logora la società già moribonda.

In un articolo che apparirà su L’espresso, Alberto Moravia analizzerà così il comunismo dell’amico:

Non sarà, dunque, il suo, un comunismo di rivolta, e neppure illuministico; e ancor meno scientifico; né insomma veramente marxista. Sarà un comunismo populista, “romantico”, cioè animato da una pietà patria arcaica, un comunismo quasi mistico, radicato nella tradizione e proiettato nell’utopia. È superfluo dire che un comunismo simile era fondamentalmente sentimentale (do qui alla parola “sentimentale” un senso esistenziale, creaturale e irrazionale). Perché sentimentale? Per scelta, in fondo, culturale e critica; in quanto ogni posizione sentimentale consente contraddizioni che l’uso della ragione esclude. Ora Pasolini aveva scoperto molto presto che la ragione non serve ma va servita. E che soltanto le contraddizioni permettono l’affermazione della personalità. Ragionare è anonimo; contraddirsi, personale.

Le cose stavano a questo punto quando Pasolini scrisse Le ceneri di Gramsci.

Pasolini e Moravia, Due volti dello scandalo

Un’altra figura che ha brillantemente paragonato i due è stata Dacia Maraini, che come sappiamo ebbe con Moravia una relazione non solo artistica. Al centro della concezione intellettuale dell’epoca e anche dei due grandi autori c’è la figura di autore come testimone:

L’idea sia di Pasolini che di Moravia è che lo scrittore sia un testimone. Non ha la verità rivelata ma ha la verità di chi assiste ai fatti della sua epoca.

Probabilmente è in virtù di questo che conversazioni, dibattiti, dialoghi anche accesi illuminato la vita di Pasolini e Moravia, spesso rivali ma sempre in eterno confronto per crescere, evolvere, migliorare e testimoniare la realtà. La “scomodità” di questi due personaggi non li riduce nei vari aneddoti a semplici attori di una commedia divertente. Non ci perdiamo, inconsapevolmente, in un gossip spicciolo.

Qualsiasi cena, qualsiasi conversazione riportata, è alla luce dell’ossimorico contrasto amichevole, dei pensieri differenti. Grande romanziere Moravia, che durante l’orazione funebre per Pasolini dirà “Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo”.

Di questi due intellettuali rimane lo scandalo che ci insegna a non scandalizzarci: l’impegno civile di Pasolini, il distacco apparente di Moravia, la forza di due figure che possono insegnare tantissimo. Scoprire la loro storia sembra più che un piacere, allora, un dovere.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. Ha un master in giornalismo, è docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale. Autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

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