L’esistenza segnata dalle piccole pietre

«Piccole pietre» di Mario Falcone

8 minuti di lettura

Leggendo il nome di Mario Falcone, nato a Messina nel 1952, viene in mente uno dei suoi romanzi più celebri, ossia L’alba nera (Fazi Editore, 2008) dove, con sfumature noir, racconta il terremoto di Messina avvenuto nel 1908. Altri romanzi celebri sono i recenti Manuela (Giulio Perrone Editore, 2022) e La stella spezzata (Kalòs Editore, 2022). Lo scrittore, inoltre, è stato autore di una serie di film televisivi come Ferrari, Padre Pio, La guerra è finita (Premio Golden FIPA Biarritz 2003) e De Gasperi – l’uomo della speranza (Grolla d’oro e Premio Flaiano 2005). Oggi esordisce con una raccolta di poesie intitolata Piccole pietre (La Feluca Edizioni), un unicum nella sua produzione poiché presenta degli elementi che, in un certo senso, scardinano il canone tradizionale della poesia e donano al lettore una serie di spunti di riflessione.

Un cuore colmo di nostalgia

Chi ha inventato l’estraneità era pieno di fantasia e cattiveria
[…] nel tramonto di quest’inverno che non si decide a esser tale, ci fermiamo e contiamo i cocci sparsi delle nostre esistenze.

L’autore racconta sé stesso dalle origini agli anni vissuti a Roma e al presente, utilizzando un registro linguistico semplice, quasi delicato per la natura dei temi. Uno dei più ricorrenti di questa raccolta è la nostalgia, sfruttata come espediente narrativo per poter evocare il suo immaginario. Egli riesce perfettamente in questa operazione poiché unisce lo stile della scrittura filmica a quello narrativo. Come detto dall’autore durante una presentazione del libro, le parole «sono fluite grazie alle esperienze vissute» e soprattutto grazie alle sue influenze, naturalmente filmiche. Le poesie si affermano come delle “micro storie” in cui i sentimenti, dolenti o nolenti, danno la possibilità di potersi rivedere in quelli che sono stati i luoghi e le persone incontrate nella vita:

La speranza che la giovinezza fosse un sole perenne, affacciato sulla terrazza del Pincio, ci fregò ma non ce ne accorgemmo
[…] ci si guardava e non ci si riconosceva
ci si sbranava e non si piangeva
che fossimo al centro dell’uragano lo capimmo solo più tardi […].

Storie di vita passata, amicizie vecchie, il legame con la famiglia e un amore vissuto come forma di distacco e condivisione, scelta e dolore.

Leggi anche:
«È tempo che la pietra accetti di fiorire»

L’amore che vive nei versi

Dalla delicatezza delle parole traspare la sensibilità di uno scrittore che ha provato una sensazione di devozione e affetto, ma anche tristezza nei confronti dell’Altro, dovuto probabilmente al fatto che sia stato per tanto tempo la proiezione del proprio sé. Falcone elabora una serie di versi che descrivono l’amore in tutte le sue sfaccettature, con l’onestà intellettuale di chi sa di aver commesso alcuni errori e, al tempo stesso, con la consapevolezza di essersi sentito amato da un cuore che forse, per via di un carattere forte, era troppo:

Continuavi a espanderti come un signore della guerra
uno che di notte svuota il frigo
[…] eri troppo per questo mondo
per questi momenti duri
per l’impreparazione al dolore e per la ricerca del successo ad ogni costo;
di certo lo eri per me, per noi
l’ho capito quando hai spento la luce e siamo rimasti soli, al buio.

Tuttavia, c’è sempre spazio per la redenzione, per un ritorno che possa essere il pretesto per ritrovare un senso di pace e di ispirazione:

due amanti che s’incontrano
[…]e si sorridono guardandosi negli occhi
hanno già fatto la loro personale rivoluzione
e ridato vita a ogni forma di vita.

L’amore si riversa in tutti i momenti della quotidianità dello scrittore e nei ricordi: dagli animali alla famiglia, il legame con Roma e l’appartenenza a Messina, l’attenzione al tempo e gli insegnamenti della vita. Tutto vissuto con emozioni a metà tra l’essere contrastanti e complementari tra di loro, senza lasciare spazio a forme di indifferenza.

Tracce dell’esistenza

Come ha scritto Marietta Salvo (autrice di Vascello Fantasma) nella prefazione, le parole dell’autore attivano «quel tassello in più nell’intendimento tenace di interpretare se stessi», affinché possano condurre al «passaggio al Tempo senza limiti, al corpo-icona-storia che si fa azione, disfatta e vittoria, amore e tormento, morte e vita». Falcone è autore-spettatore della sua vita, si immedesima nei personaggi (questa caratteristica si avverte di più nelle ultime pagine) che, nelle poesie, riflettono l’animo di chi ha lasciato dei segni lungo il tempo e adesso è in grado di raccontare, di andare oltre la realtà accettando ciò che la vita ha fornito a sé stesso, e a noi stessi soprattutto.

Leggi anche:
Il bosco come medicamento

Nonostante all’apparenza sembri di essere arrivati alla fine della corsa, il richiamo alla vitalità si fortifica per rivendicare l’appartenenza alla propria terra, lo spirito da cui trabocca il pathos, l’esaltazione di un’esistenza piena da vivere adesso serenamente:

Voglio essere in transito
non sentirmi stabile in nessun luogo
tuffarmi nel mio amato mare
sedermi a tavola con i miei pensieri
essere una foglia che cade da un albero.

I versi che ricordano molto l’esistenzialismo di Franco Battiato (un esempio è il brano Mesopotamia), non sono altro che “piccole pietre” da cui riaffiorano ricordi dell’infanzia, della giovinezza e di tutta l’esistenza dello scrittore seppur, alcune poesie, siano delle storie di fantasia. Ciò nonostante, la poesia non conosce limiti e, su questo, Mario Falcone non se ne è posto alcuno. Dovremmo essere più inclini alla leggerezza, alla delicatezza verso l’Altro e a essere più consapevoli di noi stessi e di ciò che ci circonda:

Regala le tue parole a chi in esse vede un tesoro
e non un lago stagnante
una notte senza luna o la rassegnazione della sconfitta;
nutri di parola chi ha smesso di lottare
[…] chi non ritrova la strada di casa e se stesso
o chi si sente perduto e non parla più,
ma piange.

Piccole pietre di Mario Falcone ci mostra che la poesia, dunque, può (e deve) essere una salvezza.

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Federico Ferrara

Classe 2000. Originario di Milazzo e laureato in DAMS a Messina, sto proseguendo con la specialistica in Scienze dello spettacolo. Appassionato di cinema, fotografia e letteratura, ma ho anche una vita sociale.

Lascia un commento

Your email address will not be published.