Nell’estate del 2021 è uscito il nuovo saggio di Aldo Cazzullo, edito Mondadori e dal titolo Il posto degli uomini. Dante in Purgatorio dove andremo tutti. Dopo il successo nel 2020 di A riveder le stelle. Dante, il poeta che inventò l’Italia, Cazzullo ritorna a parlare ai lettori del Sommo Poeta. Chiaramente il tema è particolarmente difficile, non solo per l’enorme mondo critico e immaginifico che circonda la Commedia dantesca; quanto per il fatto che Dante come poeta fondamentale per la storia italiana è un topos della saggistica da anni.
Ancora di più visto che proprio nel 2021 è ricorso l’anniversario della sua morte, il settecentesimo. Aldo Cazullo, però, è tornato con un saggio che sceglie di trattare del Purgatorio in un modo originale e diverso, non subendo il peso del tema inflazionato.
Il posto degli uomini è il Purgatorio
Quando si nomina la Divina Commedia è la Cantica dell’Inferno il primo istantaneo pensiero. La si studia maggiormente a scuola, mentre le altre due Cantiche sono spesso più trascurate. Ciò anche a causa del fatto che notoriamente l’Inferno sarebbe più dinamico, più accattivante, una mastodontica Cantica in cui Dante mostra un gusto per il macabro penetrante. Fin dall’introduzione di Il posto degli uomini, Aldo Cazzullo evidenzia tuttavia come il Purgatorio sia una Cantica particolare a partire dal “luogo” che la avvolge.
Il Purgatorio è il luogo del «quasi», dell’attesa della felicità; che è in sé una forma di felicità. È un momento di nostalgia ma anche di sollievo, di rimpianto ma pure di consolazione. È una terra di frontiera tra l’uomo e Dio. Ha il fascino di una città di confine.
Come suggerisce il titolo del saggio, è proprio per questo motivo che tutti finiremo in Purgatorio e che lo stesso Dante vi si colloca, tra i superbi. Il Sommo Poeta ha inventato l’Italia, per tantissime ragioni, ancora adesso diversi modi di dire sono proprio tratti dalla Divina Commedia, lo ha messo in evidenza Cazzullo nel suo primo saggio su Dante ma anche durante il suo intervento al Salone Internazionale del Libro. Ma Dante ha inventato anche il Purgatorio, in un certo senso. A differenza di Paradiso e Inferno, l’esistenza del Purgagorio viene stabilita infatti dalla Chiesa solamente nel 1274. E nessuno ha idea di “dove” si trovi.
Collocare Inferno e Paradiso era facile: uno sottoterra, l’altro in cielo. Ma il Purgatorio? Dove pensare i nostri cari defunti? Dove pensare noi stessi dopo la morte? Quasi tutti credevano che pure il Purgatorio si trovasse sotto la superficie terrestre.
Cazzullo spiega che secondo Tommaso D’Aquino il Purgatorio sarebbe una sorta di «Inferno meno crudele», niente di più lontano dal punto di vista di Dante.
Pentirsi e riconoscersi: il Purgatorio luogo “mite”
Malgrado si pensasse che il Purgatorio fosse un abisso, Dante decide di collocarlo in una montagna la cui cima arriva fino al cielo della Luna, primo cielo del Paradiso. La forza del saggio per ciò che racconta sta tutta qui: nella particolarità della materia trattata, poiché il Purgatorio è un luogo originale, unico e soprattutto privo di una precisione. Inferno male, Paradiso bene, Purgatorio? Siamo noi, è il luogo della cortesia, della mitezza, afferma Cazzullo. E soprattutto è il luogo del pentimento.
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“Pentirsi” viene dal latino “paenitere se“, che si può tradurre come “riconoscersi”. Riconoscere se stessi significa essere consapevoli dell’errore fatto, del male, e rinascere, ricominciare. È un post fata resurgo, motto della fenice che ritroviamo in vari testi latini, dopo le avversità rinascere.
Dalle ceneri di una fragilità che appartiene all’essere umano si può rinascere. Così il Purgatorio è il posto in cui non vediamo torture, ma nemmeno solo gioia.
Non ci sono le tenebre; splende il sole. Non ci sono diavoli torturatori; volano gli angeli. Non si scende; si sale. Non si sentono lamenti, gemiti, bestemmie, ma canti, salmi, melodie. E se i dannati chiedevano al poeta di essere ricordati, perché la fama era l’unico modo per non morire del tutto, qui le anime chiedono che si preghi per loro, affinché possano conquistare la vita eterna. I morti non sono morti per sempre, restano in rapporto con i vivi; e noi possiamo fare molto per le persone care che ci hanno lasciati.
Il posto degli uomini: Dante “perdona” Catone?
Tra le moltissime semplificazioni che si fanno della poetica di Dante, una delle più diffuse riguarda la scelta di collocare pagani in determinati luoghi. Ad esempio, spiega Cazzullo, Dante ha “perdonato” Traiano, un pagano. A guardia del Purgatorio non troviamo un Santo, perché i Santi, ci spiega Cazzullo, stanno in Paradiso. Ritroviamo invece una figura pagana e particolare: Catone l’Uticense. Dante non sceglie in maniera arbitraria o a suo piacimento dove collocare anche i pagani, ma le figure che ritroviamo sono allegorie di un pensiero, di un insegnamento che è ancora oggi profondamente attuale.
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Allora Catone è custode del Purgatorio in quanto simbolo della libertà dal peccato. Emblema dello stoicismo, ha preferito il suicidio al tradimento dei propri valori. Non può vivere se i valori repubblicani in cui crede così fortemente sono stati così barbaramente uccisi da Cesare. Il suicidio che compie è simbolo della virtus stoica e certamente per la visione cristiana è un peccato. A custodire il Purgatorio allora vi è una figura ambigua, controversa, che dovrebbe trovarsi nel Limbo oppure tra i Suicidi.
Catone si è sì suicidato, ma in nome della libertà. Quella libertà di riconoscere se stessi come senza peccato che le anime in pena inseguono dentro il Purgatorio. Un luogo di amicizia e di cortesia, spiega l’autore. E anche queste contraddizioni fanno dell’autore un umano e della Commedia un mastodontico esperimento vivo e vivido.
Come insegnare Dante
Il modus scribendi del giornalista e scrittore fa la differenza per Il posto degli uomini (acquista). Un saggio che capitolo dopo capitolo analizzerà con dovizia di particolari le caratteristiche di questo luogo che porta alla libertà. Il Purgatorio vede un ruolo preponderante anche della figura femminile, con la nota vicenda di Pia de’ Tolomei. Dante la incontra nella seconda balza dell’antipurgatorio, si trova tra i morti di morte violenta. A differenza del furor che caratterizza i personaggi dell’Inferno e della lussuria di Francesca, per la quale comunque Dante prova una forte pietas, quest’ultima caratterizza la stessa Pia. Una donna che per l’assassino non prova odio né rabbia, a dimostrare la mitezza del Purgatorio. È una donna il simbolo di questa Cantica.
Soprattutto su Pia de’ Tolomei tanto si è detto, così come su Dante. Tuttavia, è impossibile negare l’originalità dell’approccio che Cazzullo ha nei confronti del nostro poeta per antonomasia. Basti pensare che da A riveder le stelle è nato uno spettacolo omonimo, in tour per tutta Italia con supporto di Piero Pelù, ma anche dell’attore Sebastiano Lo Monaco ad esempio nella splendida cornice della Valle dei Templi.
Anche trovandosi nella Sicilia con la Scuola di Federico II e tutto il patrimonio di cui ci vantiamo, Aldo Cazzullo ha rimarcato quanto esprime in questo saggio. L’idea che Dante abbia inventato l’Italia, ma soprattutto abbia mostrato cosa significa essere uomini. La missione di divulgazione che si pone con semplicità e chiarezza in uno stile scorrevole è lodevole e fondamentale. Dante viene sempre rinchiuso in una sorta di teca di vetro, come se fosse non solo un patrimonio inestimabile da proteggere in quanto tale, ma quasi un autore che sia scontato dover amare senza andarci troppo vicino. Invece Cazzullo ne tratta senza santificarlo e senza timore di definirlo come un autore che ha anticipato Interstellar, senza condannarlo in un abisso lontano, ma facendone un Purgatorio vicino al Paradiso.
Perché il Purgatorio in particolar modo ci è vicino. È il posto dove andremo tutti, dove troveremo ciò che cerchiamo: la libertà di pentirci, nel senso etimologico, riconoscerci come uomini nella nostra fragilità e con essa andare avanti. Per questo è interessante approfondire tale aspetto grazie a un libro ben scritto e illuminante, che senza retorica ricorda a tutti cosa significa davvero leggere Dante e anche cosa vuol dire essere italiani.
Possiamo essere crudeli, anche se ci raccontiamo di essere brava gente. Siamo un popolo tragico, convinto di essere melodrammatico. La situazione non è solo grave, ma anche seria. Ci innamoriamo dell’«uomo forte», salvo poi stancarcene presto; e se l’irriverenza e la critica verso il potere sono una virtù, la piaggeria e la ferocia diventano vizi.
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