Probabilmente Romeo e Giulietta è la tragedia più famosa di William Shakespeare. Citata a più riprese in diversi ambiti, sia musicali sia cinematografici e teatrali, è considerata forse la storia d’amore più celebre del mondo.
La casa di Giulietta, simbolo di questo amore, che si trova a Verona è meta di tantissimi turisti innamorati che spesso la usano come location per fare la grande proposta. Romeo e Giulietta sono inoltre citati in tantissime opere, anche di carattere pop. Cosa rende quest’opera così eccezionale?
La fortuna di una tragedia
Romeo e Giulietta vanta tantissime trasposizioni cinematografiche, la più celebre sicuramente quella di Franco Zeffirelli del 1968 che si avvicina tantissimo al testo teatrale. Famosissima anche la trasposizione del 1997 per la regia di Baz Luhrmann, con protagonista un giovane Leonardo DiCaprio nei panni di Romeo. Romeo + Giulietta di William Shakespeare è ambientato in opera contemporanea ma la sceneggiatura e i dialoghi sono aderenti al testo shakespeariano.
Ne modifica, tuttavia, un tratto interessante nel finale: come sappiamo il triste epilogo della tragedia vede Romeo morire poiché crede Giulietta morta, quando ella si sveglia in quanto la sua era solo una morte apparente, e lo trova morto, decide allora di uccidersi. Nella versione di Luhrmann Romeo, invece, quando già si è avvelenato e sta per morire, si accorge che in realtà Giulietta sarebbe viva.
La tragedia di Verona ha avuto fortuna anche nell’ambito dei musical, oltre ad Ama e cambia il mondo, un lavoro ben più accurato e poetico lo ha compiuto Riccardo Cocciante, reduce dal successo del suo Notre Dame De Paris, quando realizzò un’opera popolare (come Cocciante vuole vengano definire le sue opere musicali) sull’opera di William Shakespeare con tra gli altri Marco Vito, Tania Tuccinardi, Gian Marco Schiaretti, Fabrizio Voghera, e molti altri performer alcuni dei quali sono stati anche protagonisti di Notre Dame De Paris.
Perché proprio Romeo e Giulietta?
Se nella musica ci ricordiamo di Romeo e Giulietta anche per il capolavoro dei Dire Straits, Romeo And Juliet, e ancora nel mondo nipponico con l’anime Romeo × Juliet, è perché questa tragedia è divenuta con il tempo iconica e apprezzatissima.
Quali sono le profonde ragioni di questo successo?
L’emblema dell’amore che cerca di vincere l’odio e il topos dei due amanti separati dalle famiglie rivali è stato riproposto diverse volte, non è un elemento originale. Tuttavia, innanzitutto i due amanti vantano una tradizione nel folklore che risale a ben prima che Shakespeare desse una così brillante trasposizione.
Lo stesso Dante cita i Montecchi e i Capuleti, la cui lotta nella tradizione era già quindi nota ai suoi tempi:
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Divina Commedia, Purgatorio, VI 106-108
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti.
Non solo un topos, quindi, bensì la tradizione di una delle storie d’amore più famose al mondo, la cui vicenda è stata raccontata ben prima di Shakespeare, spesso ambientata in altri luoghi come Siena (nella novella di Mariotto e Ganozza di Masuccio Salernitano).
Non una semplice storia d’amore
Come avviene per tutte le opere così conosciute, spesso la versione di William Shakespeare, quella quindi più strutturata e celebre, viene banalizzata e snaturalizzata.
Erroneamente considerata solo alla luce dell’elemento romantico, che pure non è il solo tema. Il destino, che fa di questa tragedia più che altro un dramma tutto medievale, è il motore che sconvolge e distrugge. Romeo e Giulietta è una storia estremamente figlia del suo tempo: il culto per il macabro, il memento mori, la consapevolezza tutta medievale che l’uomo non è artefice del proprio destino, ma subisce invece sotto il giogo crudele della fortuna.
L’estrema avventatezza dei due giovani fa sì che essi infatti periscano per dei tragicomici equivoci, tutto ciò che succede non è dovuto alle proprie volontà, ma a sfortunati casi della fortuna. In tal senso la tragedia si muove tra sacro e profano: sembra che Dio abbia il primato nel controllo del destino degli uomini, ma i versi sono carichi di erotismo lontano dalla grazia di Dio, per quanto i protagonisti dopo l’estasi della lussuria vengano effettivamente “puniti”.
Anche se si tratta di Shakespeare, inoltre, paradossalmente per quest’opera (cosa che non accade per altre celeberrime, come Amleto) si trascura perfino lo stile. Riducendolo solamente a un “che romantico”. È chiaro che il Bardo è stato impeccabile nella narrazione dell’amore, ma non ha narrato solo di quello, e lo ha fatto attraverso simboli del tutto unici.
Ossimori, antitesi e simboli
La tragedia di Shakespeare si gioca tutto tra antitesi, ossimori e contrasti, primo tra tutti quello fra le famiglie certo, ma anche fra vecchio e nuovo. Gli elementi caratterizzanti costituiti da simboli, paradossi e ossimori, mostrano come i contrasti non siamo solo delle due famiglie in guerra, ma anche nelle parole stesse.
Dietro alla famosissima scena del balcone si nasconde la natura stessa della parola, la riflessione sull’idea di nome, ma si parte prima di tutto con la luce che irrompe dalla finestra, con Giulietta che rappresenta per Romeo una bellezza anche superiore alle dea della notte.
Nella scena del balcone il contrasto non è solamente tra luce e ombra, ma anche tra la mentalità dei padri che nel nome vedono tutto, il prestigio, la ricchezza, e la grandezza morale dei giovani che riconoscono nel nome un semplice involucro e nulla più, come spiega Giulietta:
Il tuo nome soltanto m’è nemico;
Romeo e Giulietta, Atto secondo, scena seconda
ma tu saresti tu, sempre Romeo
per me, quand’anche non fosti un Montecchi.
Che è infatti Montecchi?…
Non è una mano, né un piede, né un braccio,
né una faccia, né nessun’altra parte
che possa dirsi appartenere a un uomo.
Ah, perché tu non porti un altro nome!
Ma poi, che cos’è un nome?…
Forse che quella che chiamiamo rosa
cesserebbe d’avere il suo profumo
se la chiamassimo con altro nome?
Altra antitesi eccezionale quella tra amore e odio, vita e morte e naturalmente la purezza di un affetto giovane contro la bassezza di meri interessi economici e meschini che guidano Montecchi e Capuleti in lotta.
Romeo e Giulietta tragedia del furor
Non bisogna dimenticare che modello fondamentale per il teatro elisabettiano è il teatro classico, non solamente greco, ma soprattutto latino: quello di Seneca dove il furor (furore) dei personaggi si caricava di estrema forza per mostrare i difetti degli uomini e le loro passioni.
Mercuzio: O fredda, disonorante, ignobile sottomissione! Ah! la stoccata se la porterà via! (Tira fuori la spada)
Romeo e Giulietta, Atto terzo, scena prima
Tebaldo, acchiappa- topi, vuoi fare una passeggiata?
Tebaldo: Che cosa vuoi da me?
Mercuzio: Buon re dei gatti, nient’altro che una delle tue nove vite, con la quale è mia intenzione di prendermi qualche libertà: poi, secondo il modo con cui mi tratterai in seguito, penserò a picchiare di santa ragione sulle altre otto. Vuoi prender per gli orecchi la tua spada e strapparla fuori dalla sua pelliccia? Fa’ presto, che la mia non t’abbia a ronzare intorno agli orecchi, prima che la tua sia fuori.
Il furor si può trovare, ovviamente, nella scena del duello tra Tebaldo e Mercuzio. Quest’ultimo è un personaggio dinamico e pienamente caratterizzato, nella sua ignoranza dell’amore e con il suo cinico sarcasmo, la cui morte costituisce uno dei tanti presagi della triste fine dei due amanti, come pure il monologo sulla Regina Mab, tra i più famosi della storia del teatro.
In ciò consiste anche la diversità di concezione di amore e di vita. Ognuno dei personaggi della tragedia di Shakespeare è mosso come una pedina dal destino. Certo gli amanti sono condannati dalla mancanza di comunicazione, dalla tragicomica (come spesso è stata definita, anche da Benedetto Croce) serie di equivoci.
Tuttavia lo stesso destino è dovuto a quelle passioni che sconvolgono gli uomini, li imprigionano nella loro stessa impulsività. Tali riflessioni rendono una tragedia senza dubbio romantica, molto più intensa e complessa di quanto la communis opinio spesso possa pensare.
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