Erano tra i nomi più attesi al Salone del Libro di Torino, e non per niente le code sono state lunghe e le sale gremite. Parliamo di Emanuele Trevi e André Aciman, rispettivamente il vincitore del Premio Strega 2021 con Due vite e l’acclamato autore americano salito alla ribalta con Chiamami col tuo nome, romanzo noto soprattutto per l’omonima trasposizione cinematografica di Luca Guadagnino. Abbiamo avuto il piacere di incontrarli entrambi.
Emanuele Trevi: gli amici sono il nostro futuro
Lo scrittore romano ha incontrato i lettori al Salone del Libro sabato 16 ottobre, in una conferenza moderata da Nadia Terranova e alla quale era presente Riccardo Bocci, l’attore che ha prestato la sua voce all’audiolibro di Due vite. Ampio spazio è stato dato, infatti, alla sua lettura del primo e dell’ultimo capitolo del romanzo vincitore del Premio Strega. Un’occasione per i lettori, soprattutto per chi non ascolta spesso gli audiolibri, di scoprire l’opera in una veste inedita.
Il tema principale della conferenza è stato quello dell’amicizia. Due vite è infatti un omaggio di Trevi a due scrittori prematuramente scomparsi, Rocco Carbone e Pia Pera, a cui lo legava una profonda amicizia. Due autori che hanno trasmesso a Trevi la loro devozione per la scrittura, vista quasi come una missione da portare avanti a ogni costo. Rocco Carbone scriveva almeno due pagine al giorno, mentre erano due le ore che Pia Pera dedicava quotidianamente a questa attività. Con Due vite (acquista) Emanuele Trevi ha permesso loro di continuare a essere scoperti e amati dal pubblico: in un certo senso, ha dato loro un futuro.
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Non per niente, spiega Trevi, gli amici sono il nostro futuro. L’amicizia, infatti, non ha per sua natura le stesse evoluzioni (talvolta burrascose) del rapporto di coppia, ma tende a essere un elemento della vita di una persona che prosegue negli anni, accompagnandola semplicemente nelle diverse tappe della sua vita. Nessuno sa come sarà il proprio futuro, ma se l’amicizia è vera potremo già prevedere con una certa esattezza che i nostri amici saranno con noi. Come già affermato da Silvia Avallone nel corso della sua presentazione, viene ribadito che l’amicizia non ha nulla da invidiare all’amore, nonostante in letteratura a quest’ultimo sia stato dato finora uno spazio di gran lunga maggiore. L’incontro diventa un invito a cercare nella nostra rubrica quelle rare persone (una decina se si è particolarmente fortunati, chiosa Trevi) a cui possiamo scrivere anche senza motivo.
André Aciman presenta «Mariana» al Salone del Libro
Al Salone del Libro André Aciman ha presentato Mariana, un romanzo «breve e franco», come lo ha definito Paolo di Paolo durante la conferenza tenutasi nel pomeriggio di domenica 17 ottobre. Aciman, scrittore portavoce dell’erotismo millennial, firma una storia d’amore con un che di atipico tra Mariana e Itamar.
Si conoscono in Italia, lei si lascia andare a un amore inconsapevole, ma lui si comporta in modo ambiguo: arriva e sparisce. E cosa rimane dopo l’amore? Ce lo siamo chiesti tutti, almeno una volta, e ce lo chiederemo ancora. Ma Aciman è certo di una cosa: «cerchiamo disperatamente l’amore». Mariana dipende dalla sofferenza, da cui non sa difendersi, e come nelle poesie di Ovidio aspetta il ritorno dell’amato. Pur consapevole di provare un sentimento senza possibilità, preferisce soffrire per quel “non-amore” piuttosto che andare avanti, per paura di tornare la persona che era prima.
Aciman prende ispirazione da un audace libro del XVII secolo chiamato Lettere di una monaca portoghese, che parla dell’amore non ricambiato di una ragazza per un ufficiale francese. Durante la conferenza moderata da Paolo di Paolo e Francesca Bolino, è riuscito a creare un ambiente intimo, fatto di struggente comprensione. Abbiamo bisogno dell’amore come abbiamo bisogno di innamorarci. Il più delle volte, però, ci ritroviamo a inseguire un ideale, una figura inverosimile da incastrare in un perfetto universo idealizzato. È il ritratto dell’amore, ingannevole e totale, l’unica tentazione a cui non possiamo resistere.
Un racconto “patetico” per comprendere il dolore
L’aspetto più interessante di questo straordinario incontro con Aciman è stato riscoprirlo non alla luce dei soliti – per quanto peculiari e interessanti – pregi della sua scrittura che sono stati sempre esaltati. Infatti, Aciman è sì un cantore dell’eros, come ha mostrato con tantissimi lavori, dal celeberrimo Chiamami col tuo nome a Cercami e Mariana, ma è soprattutto uno scrittore che sa descrivere brillantemente il dolore e la funzione del dolore. Il meno conosciuto Harvard Square, ad esempio, è un romanzo che riflette sul posto che occupiamo nel mondo. Così Mariana (acquista) trova spazio per una riflessione sulla funzione della sofferenza.
Nel suo capolavoro I fratelli Karamazov, Fëdor Dostoevskij disse: «Conoscerai un grande dolore e nel dolore sarai felice. Eccoti il mio insegnamento: nel dolore cerca la felicità». Attraverso il percorso della sofferenza ritroviamo noi stessi: provare qualcosa è già il punto più alto della vita umana. Per questo Aciman ha spiegato – molti ricorderanno il discorso del padre di Elio nell’epilogo di Chiamami col tuo nome – fino a che punto serva soffrire. La lettura diventa un momento fugace in cui scopriamo cosa vuol dire essere uomini e, attraverso la narrazione, ci sentiamo compresi e comprendiamo il dolore degli altri, in un racconto patetico, inteso nel senso etimologico del termine. Del resto, la scrittura e l’eloquenza di Aciman è proprio ricca di πάϑος (pathos). «Sofferenza», ma anche e soprattutto emozione.
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