Se i gatti scomparissero dal mondo (2019), edito in Italia da Einaudi con la traduzione di Anna Specchio, è il romanzo di esordio di Kawamura Genki. Pubblicato in Giappone per la prima volta nel 2012, ha riscontrato un enorme successo ed è stato adattato per le sale cinematografiche giapponesi nel 2016. Il nome di Kawamura non è del tutto sconosciuto nel mondo del cinema: Genki è infatti uno sceneggiatore e un produttore. Ha collaborato alla produzione di film di successo quali Your name (2016) e Train man (2005) ed è stato vincitore del Premio Kumamoto per giovani produttori cinematografici nel 2011.
E «se i gatti scomparissero dal mondo»?
Con un titolo che sicuramente incuriosisce e che ammicca agli amanti dei piccoli felini, Se i gatti scomparissero dal mondo (acquista) è come un flusso che scorre attraverso i ricordi e che fa riemergere i perduti affetti della voce narrante. Quello che sappiamo del protagonista, il cui nome rimane sconosciuto, è difatti ciò che egli stesso ci racconta. È un giovane postino di 30 anni, le sue giornate passano pigre e monotone insieme alla sola compagnia di un gatto di nome Cavolo con cui vive, da quattro anni, in un piccolo appartamento. Le sorti del nostro anonimo postino sono chiare fin dalle prime righe del romanzo: sta morendo e quello che stiamo leggendo è dichiaratamente il suo testamento.
Dopo un paio di settimane trascorse con un brutto raffreddore e un dolore lancinante alla testa, decide di rivolgersi al medico, il quale diagnostica un tumore al cervello di quarto grado. Una volta tornato a casa sviene per la disperazione e al risveglio trova davanti a sé il Diavolo impersonificato in una versione più fastidiosa e “hawaiana” del protagonista. Questi indossa, infatti, una improbabile camicia gialla con disegni di palme e macchine gialle, bermuda e occhiali da sole, in pieno inverno.
Quello che propone Aloha – nome affibbiatogli per il vestiario particolare – al protagonista è un vero e proprio patto con il Diavolo per allungargli la vita. Ma, come ben sappiamo da secoli di letteratura, ogni patto ha delle conseguenze e queste conseguenze saranno proprio il mantra dell’intero racconto: «Per ottenere qualcosa, bisogna sacrificarne un’altra».
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Un’esperienza ai confini della morte
L’accordo che viene proposto al giovane è di far scomparire qualcosa dal mondo, offrendogli in cambio un ulteriore giorno di vita. Questo è il momento esatto in cui il lettore inizia a chiedersi che razza di libro stia leggendo e se non sia meglio dedicarsi a una lettura più impegnata. Non bisogna, però, farsi ingannare dalle premesse un po’ strampalate. L’esperienza che sta per vivere il nostro postino è sì delirante, ma nasconde anche un viaggio commosso, e commuovente, verso la morte.
A quel punto ho pensato che anche la persona prima di me, la numero centosette, doveva aver pattuito di far scomparire qualcosa senza che tutti noi ce ne accorgessimo. […] Mi pareva incredibile pensare che qualcosa che diamo per scontato avrebbe potuto scomparire all’improvviso. È probabile che episodi del genere accadano ogni giorno sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo.
«Se i gatti scomparissero dal mondo»: la mancata comunicazione
Dal primo giorno alle successive comparse di Aloha-tentatore, il protagonista dovrà quindi “decidere” cosa far scomparire dal mondo. Venire a patti con il demonio non è così semplice: è Aloha ad avere in mano la decisione sul “cosa” far scomparire, mettendo in grande difficoltà il protagonista. In questo modo, ogni imminente sparizione diventa matrice di una riflessione sulle conseguenze di tali sparizioni e di un viaggio nei ricordi, nonché di una corsa verso la risoluzione di alcune questioni in sospeso.
La prima immagine che questo percorso introspettivo mi ha trasmesso è legata al celeberrimo film Eternal Sunshine of the Spotless Mind . Qui Joel, interpretato da Jim Carrey, cerca di cancellare dalla propria mente il dolore causato da una relazione d’amore finita. Un po’ come i ricordi che emergono durante questo processo di cancellazione, è difficile eliminare dalla faccia della Terra degli oggetti che possono sembrano innocenti e banali come telefoni, film e orologi. Questo perché fanno riaffiorare al postino ricordi passati, legati a un vecchio amore, a una vecchia amicizia e a un anziano genitore. Le poche figure che incontriamo nel racconto hanno in comune la mancanza o la perdita di comunicazione con il protagonista. Ironico per un personaggio che, come lavoro, mette in comunicazione le persone.
Il sacro che si unisce al profano
La presenza di un diavolo, inevitabilmente, porta Kawamura a utilizzare ulteriori immagini legate alla cultura cristiana. Introdotte in modo scherzoso e quasi superficiale, sono, in fondo, solo un pretesto per narrare “altro”. Il racconto della Genesi è sicuramente singolare nella sua ironia e a tratti stonato per chi è abituato alla catechesi dai toni solenni. Si sente sicuramente il distacco che può avere uno scrittore giapponese rispetto ad una cultura ebraico-cristiana. Ma anche il profano subisce la stessa sorte, individuabile tra i vari riferimenti pop dalla filmografia americana, alla letteratura giapponese contemporanea e al manga del gatto parlante Doraemon.
Le pubblicità delle aziende attaccate qua e là avevano ancora tutti i numeri di telefono. Ma nessuno in quel treno usava il cellulare… Che cosa voleva dire? Mentre ci pensavo, mi si è accesa una lampadina. Mi è tornato alla mente il quarto volume del manga Doraemon, quello in cui il gatto robot presenta il gadget: «Cappello fa ciò che vuoi».
Se si fa caso all’indice, i richiami alla Genesi continuano anche nella suddivisione dei capitoli, i quali corrispondono ai giorni della settimana. Dove, nella tradizione religiosa, i sei giorni (più uno di riposo) servono alla creazione di tutte le cose, nel romanzo di Kawamura quello stesso numero serve al Diavolo per far scomparire qualcosa dal mondo, come in un chiasmo apocalittico. E dove il settimo giorno Dio riposa e ammira la sua creazione, il postino dice «addio [al] mondo».
«Se i gatti scomparissero dal mondo»: un finale aperto
Mentre il “cosa” succederà lo intuiamo già in principio, rimane sconosciuto il “come” si volgerà alla fine. Si percepisce una nuova, e probabilmente ultima, corsa verso una questione in sospeso. Il finale aperto ci può sembrare quasi innaturale così prossimo alla morte del protagonista. La morte imminente porta, infatti, alla sospensione delle aspettative aperte, sorprende cioè l’impossibilità di conoscere il futuro anche nel già scritto. Insieme al postino ci rendiamo conto che la vita attorno a noi ha un suo percorso e una “cosa” del mondo che pensiamo si possa sacrificare, anche quella che ci appare minima, per qualcuno è essenziale.
Ho pensato a tutte le cose che avrei potuto far scomparire. Forse, senza di loro, il mondo non sarebbe cambiato di una virgola, eppure era proprio di tutte quelle piccole cose che era fatto.
E se tu fossi la 109esima persona a cui viene proposto l’assurdo patto con il Diavolo, accetteresti?
Arianna Rusalen
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