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«Stradario aggiornato di tutti i miei baci», forme e guai d’amore

Un ricettario amoroso, un catalogo delle perdite, per scoprire perché ci si innamora

7 minuti di lettura
«Stradario aggiornato di tutti i miei baci», recensione libro Daniela Ranieri

Un romanzo che parla d’amore rischia sempre di sfociare nella monotonia di una storia insensatamente felice, dal melenso lieto fine. O nel traumatico disamore, la dolorosa ferita che mai si rimarginerà. In entrambi i casi, la domanda che ci si pone alla fine di un libro è questa: perché ci si innamora?

Scegliere di realizzare un ricettario amoroso vuol dire essere consapevoli del grande magma di curriculum sentimentali, mettendo a freno i sentimentalismi.

L’ultima opera di Daniela Ranieri, Stradario aggiornato di tutti i miei baci (Ponte alle Grazie), candidato al Premio Strega e al Premio Campiello, non è un’autobiografia, è molto più simile a un saggio romanzato. Non una raccolta di racconti ma un bagaglio di emozioni e sentimenti che le relazioni portano con sé. 

Col freddo distacco di un chirurgo, l’autrice analizza non una ma tutte le relazioni amorose. Storie che, inevitabilmente, hanno condizionato la vita quotidiana di una donna di quarant’anni. 

«Stradario aggiornato di tutti i miei baci», la mappa

La mappa di un accumulo di amori andate a male, i luoghi che viviamo e a cui la nostra anima si aggrappa, fantasma dei posti che non abiteremo più. E come ogni città degna di essere chiamata tale, anche questo romanzo ha il suo “centro storico”: A. Il confine attraverso cui comprendere la differenza tra affetto e relazione, tra aspettativa e fiducia. Fiducia che ostenta il dubbio, la paura del fallimento, l’aspettativa data dall’innamoramento.

Nel De Rerum Natura Lucrezio raccomanda di divincolarsi dalle reti dell’amore prima possibile, ancor prima di entrarci, e di farlo anche quando questo è ricambiato, figuriamoci quando è infelice o difficile o ostacolato; tanto tutti gli amori si trasformano in tragedia o in delusione. Le persone ci dicono in molti modi chi sono, ma noi lo ignoriamo, perché vogliamo che siano chi vogliamo noi. Ciò che molte o forse alcune donne hanno avuto da un solo uomo – allegria, attenzione, protezione, fervore, cura – io l’ho avuto da tanti (non tanti: diversi); sarebbe meglio dire: l’ho cercato in molti. (Se vuoi la monotonia, cambia molti uomini. Se vuoi la diversità scegline uno solo).

[…]

Ciascuno di loro mi ha dato una parte del tutto che le persone sane rincorrono per tutta la vita, il più delle volte fingendo di averlo trovato.

L’unico personaggio maschile che ritorna più volte, in questa narrazione che non segue un andamento cronologico dei fatti, ma risalta il predominio della figura di A su tutti gli altri vagamente accennati. L’amore puro a cui fare riferimento, specchio dei successivi e precedenti fallimenti. Quando scegliamo di innamorarci sappiamo esattamente a cosa andiamo incontro, siamo analfabeti sentimentali, ma secchioni di teorie amorose; eppure l’amore è una trappola in cui ci piace cadere e, nonostante tutto, cadere ancora. 

Bisognava scappare: la vanità e la gioia dell’infatuazione sono il preludio della sofferenza più atroce e dell’addio più severo, ormai lo so: che vado cercando ancora?: al fuoco segue la fredda cenere: è matematica: è fisica. Al diavolo la curiosità, ormai ho visto di cosa si tratta, come scrisse un cantore poi divenuto Papa: lunghi lutti, brevi risa, piccoli dolori, grandi timori. Chi ama sta per morire e non muore mai. Perché continuo a immischiarmi in queste sciocchezze? Sono così brava a iniziare le storie d’amore perché sono addestratissima a farle finire. Sono campione mondiale di rottura di legami forti e deboli. So già la verità: innamorarsi è il primo e il più sicuro passo per disamorarsi.

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Passato, presente, risposte

L’amore si paga con tormenti, conflitti, silenzi; tutte le volte che un amore finisce abbiamo sempre di meno da offrire alla persona che viene dopo, o qualcosa di diverso. E per capirlo bisogna lasciarsi trascinare dal torrenziale monologo sui ritratti amorosi, che siano città (Roma, Siracusa) o tratteggi di tipi umani (Il Tirchio, Il Traditore, Il Leggero).

Un abbozzo di studio antropologico del genere umano che rimanda all’analisi del contemporaneo modo di accettare l’amore nella vita personale. Atemporale ma, al contempo, ben incastrato nella modernità scossa dalla pandemia. La voce narrante si scopre fragile attraverso un’inaspettata analisi su cosa abbia significato affrontare il Covid-19 e la quarantena per la donna moderna: «Irrilevante per una ventenne, fatale per una che ha fatto quarant’anni credendoci poco». Un anno in meno per diventare madre.

La sintassi riflette l’andamento riflessivo del pensiero, senza ordine o logica, un flusso discorsivo che cerca di legare il passato alle esperienze del presente. Lo stile lussureggiante, a sua volta, restituisce un senso al lessico volgare, stralunato, a volte standard e a volte “gaddiano”, della comunicazione pop.

Daniela Ranieri mette a punto una monumentale analisi brillante, unica pecca: la misura, appunto. Gli intrecci sembrano sforare nella digressione troppo estesa, risaltando la monotonia di alcune vicende che, altrimenti, risulterebbero moderatamente interessanti.

Se «solo la letteratura è fonte di verità», come la stessa autrice afferma, allora questa è un’opera da consigliare a chi ha voglia di dedicare un’indefinita quantità di tempo alla piena e concreta analisi delle relazioni amorose, Stradario aggiornato di tutti i miei baci (acquista) non è altro che il riflesso delle proprie. La missione è la scoperta dell’assoluta realtà, della risposta che inizialmente eravamo incapaci di vedere (o meglio leggere): «Ci si innamora per dare torto al demonio».

Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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