Maneggiare la forma del racconto vuol dire fare i conti con l’inafferrabile, con il mistero del passato e del futuro che lo scrittore abita in ogni dettaglio. Al lettore, invece, di fronte a queste storie spetta il compito più difficile: costruirle.
Temevo dicessi l’amore di Mattia Grigolo (Terrarossa Edizioni, 2023) ci ricorda quanto può essere bello perdersi nel mondo inafferrabile delle raccolte di racconti. Quattordici racconti. Cinque storie. Un insieme di voci diverse che raccontato una personale storia e, infine, la storia di Ofelia. Bambina, ragazza, donna. Attraverso lo sguardo degli altri e attraverso la sua voce.
Le sue espressioni, i suoi gesti e i suoi discorsi guidano e ispirano le vite dei personaggi che la incontrano, lasciano un segno indelebile come il suo nome che suscita un immaginario ben preciso che, di storia in storia, Ofelia conferma e smentisce.
Volevo guardarla in faccia, perché dentro gli occhi di Ofelia c’è sempre qualcosa che rivela anche ciò che non dice. Allora avrei capito dove stavano le sue verità e, a conti fatti, le nostre.
«Temevo dicessi l’amore»: un libro da destrutturare
Temevo dicessi l’amore è un libro da destrutturare: la narrazione non segue un ordine cronologico dei fatti, si può dunque leggere procedendo con ordine o saltellare tra i racconti. Oppure, si può scegliere di inseguire i simboli che, in apertura, contraddistinguono ogni storia e legano fra loro i racconti.
Il simbolo dell’infinito (∞) riunisce tre racconti che il cui fulcro è il rapporto fra Ofelia e Chiara: la loro amicizia è nata quando sono bambine e si sta trasformando in qualcosa di diverso, almeno dal punto di vista dell’amica Chiara. E sembra che tutto sia destinato al naufragio.
Il simbolo dello zero spaccato (Ø) descrive il rapporto tra Adamare e Ofelia – in tre racconti, anche stavolta. Adamare saprà rispettare i mille segreti che rendono Ofelia un’anima inquieta, conserverà per tutta la vita un bellissimo ricordo di Ofelia. Nel terzo racconto, sotto il segno dello zero spaccato, a parlare è un’Adamare molto in là con gli anni, vive in un appartamento diroccato. Nel bagno di casa sua c’è un grosso buco nel pavimento dal quale può vedere l’appartamento dell’inquilino al momento vuoto. Che quel simbolo non sia appunto questo, un vuoto dentro. Il dubbio, però, è se quel vuoto riguarda il proprio passato oppure Ofelia.
Nel simbolo della Terra (♁) sono racchiusi quattro racconti, la storia d’amore fra Ofelia e l’uomo della sua vita. Ma l’amore è un abbaglio. Non c’è lieto fine, c’è l’incertezza di un sentimento che non ha futuro. L’amore, come la morte, fa sentire soli e impotenti.
Nel simbolo della croce (†) troviamo due storia sottilmente diverse. Il protagonista è Jonathan: frequenta un gruppo di persone aspiranti suicide. Per sfuggire a questo senso di impotenza e solitudine derivato dalla morte (di un familiare, di un animale o amico che sia) Ofelia prova ad aggrapparsi ai ricordi, prova a comprendere i suoi sentimenti attraverso le persone che amano e odiano la morte. Amore, morte. Forme immortali che non si lasciano mai toccare.
Le storie contrassegnate dal simbolo dell’omega (Ω), comprendono due soli racconti: nel primo protagonista è Marie, la sorella di Ofelia. Il rapporto fra le due non è idilliaco eppure Marie non riesce a fare a meno di vivere accanto alla sorella. Fondamentale, per comprendere il rapporto tra le due, è il riferimento ai pappagalli inseparabili. Sono definiti tale perché, se separati, muoiono entrambi? Nel secondo, Ofelia è l’amante di Brando. Sebbene sembri non esserci relazione fra le due storie, eppure stavolta ha a che fare con il modo che Ofelia ha di costruire le sue relazioni. In questi, Ofelia appare più sfuggente di quanto si possa rinvenire fra le pagine di questo breve libro. Quasi non parla, a malapena si mostra e sempre per poco tempo. La continua assenza di un’ombra infelice.
«Non parli molto di te. Hai degli sprazzi di felicità nervosa e poi torni a nasconderti dietro una siepe, ma dalla siepe esce il cappello che indossi, quindi non riesci mai a nasconderti veramente.»
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Animali come presagi
Interessante, invece, è il rimando alla figura animale, feticcio dell’autore che ha esordito nel 2022 con La Raggia, edito da Pidgin edizioni.
Nerone il cane bianco, Buco Nero il gatto nero, coyote, pappagalli inseparabili (come abbiamo già visto), cavalli da carosello, fenicotteri, volpi tra i rovi confermano la necessità nella scrittura di Grigolo di inserire nelle sue storie l’elemento animale con connotazione simbolica. Presenza che, come presagi, riscrivono il presente secondo regole che rimettono in gioco l’equilibrio naturale della vita. Il lettore andrà alla ricerca di una verità inafferrabile che si nasconde dietro i fantasmi delle nostre paure.
Ofelia, un personaggio da rincorrere e decifrare
Terminata la lettura di questa raccolta breve di racconti sarà il lettore a sentirsi destrutturato, da ricostruire. Ofelia, tormentata e incompleta, è un mistero da rincorrere e decifrare che non si lascia mai abbracciare. Le sue risposte secche, lapidarie, riconducono alla solitudine. L’arma, a doppio taglio, di chi impara a riempire l’eco del passato, il vuoto lasciato dalle persone, dalla vita e pure dalla morte e il più delle volte non sa come si fa.
«Sai cos’è veramente immortale?»
«Cosa?»
«La morte.»
«Temevo dicessi l’amore.»
Per raccontare questa storia Mattia Grigolo sceglie di frammentare Ofelia in tanti piccoli io che, attraverso flash e flashback, sono colmi di dettagli che solo i lettori coraggiosi sapranno cogliere tra i silenzi spinosi di Ofelia. Temevo dicessi l’amore (acquista) è una lettura consiglia a chi ha paura, ma mai della parola scritta. La scoperta è che quando si tratta di Ofelia tutto è vero e tutto è il contrario, è un personaggio che lascerà un segno indelebile. Una raccolta dedicata a chi cerca di non perdere l’equilibro dello stare al mondo, ma si perde nella voragine delle proprie incompletezze.