Cosa lega le pagine più truci del Novecento italiano, dalla scomparsa dell’ultimo capitolo di Petrolio, l’opera di Pier Paolo Pasolini, all’ascesa di Mussolini, dal rapimento di Matteotti alla morte di Mattei? I vermi grigi.
Non è una grande donna ad accompagnare un grande uomo. Dietro un grande uomo ci sono sempre dei grossi vermi grigi.
I vermi grigi rifuggono la luce, la sera risalgono verso la superficie e divorano le piantine dalla radice. Piccoli, letali, vomitevoli. Sono uomini che agiscono nell’ombra e si autoproclamano il vero motore degli eventi. I vermi grigi, romanzo d’esordio di Francesco Bortolozzo (Alter Ego Edizioni, 2022), riscrive la storia italiana della seconda metà del Novecento, luci e ombre di un passato inafferrabile. Ma possiamo davvero dire di essere a conoscenza di tutto?
Come si individua l’attimo in cui si assiste alla storia? Come rendersi conto di partecipare all’avvenimento che modifica il futuro? Nel senso, tutto intorno a te scorre sereno, qualche imprevisto qua e là, ma sono sempre le solite cose. Poi gli avvenimenti prendono una piega contorta. Si arriva a pensare all’estremo, ma non è così facile considerare peggiore ciò cui assistiamo.
«I vermi grigi» della storia
La servitù di Casa Alberti è impegnata nei preparativi serali di un ricevimento. Piatti che vengono e vanno, musica soffusa. Tutto deve filare liscio. Tuttavia… un branco di cani entra in cucina e trascina con sé il corpo di una donna. Sono stati loro a ucciderla? O hanno trovato il corpo, come una bambola abbandonata? Nel frattempo, alcuni ospiti cercano di recuperare documenti scottanti che il senatore Alberti custodisce in soffitta. Documenti, un diario.
«Quello che devi prendere sono poche pagine, tutte dentro la stessa cartella.»
«Ditemi almeno di che parlano questi documenti.»
«Italia e America. Il petrolio e chi ci sta dietro.»
Tutto si fa paradossale, mentre i capitoli si alternano tra passato e presente, mettendo insieme i pezzi del passato politico, prima della Seconda guerra mondiale. Il senatore Alberti non è che un piccolo tassello in un puzzle perfettamente incastrato. Non resta che ripercorrere i fatti del Novecento, ma sotto un amaro punto di vista.
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L’ascesa di Mussolini, «ormai noto, ma nessuno all’epoca pensava in sincerità che avesse le credenziali per diventare lo scudo sull’Est», il rapimento di Matteotti, un uomo «convinto di poter ottenere giustizia attraverso la legge», la morte di Mattei, fino ad arrivare alla scomparsa dell’ultimo capitolo di Petrolio, l’opera di Pier Paolo Pasolini.
Lo scrittore sporco, lo scrittore che parlava del fango e si distendeva sul fango. Lo scrittore la cui morte verrà attribuita a una rissa tra recchioni, ulteriore fango a riversarsi sulle sue opere.
A tenere le redini dei grandi cambiamenti che hanno permesso all’Italia di emergere come potenza mondiale, per poi avvelenarla, sempre loro: i vermi grigi. Figure per cui «L’uomo è un oggetto, e l’oggetto si compra. O lo si rimpiazza, se obsoleto».
Sanno di essere i veri motori propulsori della massa che ignora la loro esistenza, manovrano l’ideale del popolo a proprio piacimento e gestiscono le regole del gioco seguendo il vento dei personali interessi. Hanno il diritto e il potere di governare i popoli. Nulla è proibito, tutto è permesso. Tranne tramare contro i vermi grigi.
Romanzo, incontro/scontro con la realtà
Nel progetto dell’autore Pasolini, Petrolio sarebbe diventata un’opera antinarrativa, in cui l’ossessione sessuale (tra possessività e passività) s’incastra con l’inchiesta etico-politica, il decadimento delle nuove generazioni e di quegli uomini che ne hanno causato il degrado, che come dei vermi grigi hanno divorato bulimicamente ogni foglia, all’infinto come questo romanzo che alla fine Pasolini non è riuscito a concludere.
Un romanzo che segue uno stile di scrittura a sé, a metà tra saggio e articolo giornalistico, una frammentaria raccolta di appunti che avrebbero fatto dell’opera il grande romanzo italiano. Così come il potere nel Novecento è riuscito a giocare una doppia partita, ecco che il protagonista (nella sua involuzione politico-sessuale) si scinde in due personalità, nel Carlo di Polis – dall’animo buono – e nel Carlo di Tetis – diabolico e passionale.
Una parte di storia di cui non sapremo mai la verità, la fortuna di avere persone pronte a raccontarla. I vermi grigi (acquista) è un esordio che riprende lo stile del romanzo-verità di Pasolini ma, stavolta, lo fa seguendo le norme stilistiche del vero romanzo, Francesco Bortolozzo dà voce e anima ai suoi personaggi, il cui fascino si nasconde in ciò che non dicono. Osservano e si lasciano osservare dal lettore che, disincantato, riconosce l’irreversibilità del tempo.
Una storia che è un seme, un incontro/scontro con la realtà e, perché no, una buona ragione per scoprire opere che, come Petrolio, lasciano una sorta di impronta nella vita di un lettore. Come scrive Pier Paolo Pasolini: «La vita riprese il suo corso. Ma era successo nella sua profondità un avvenimento irreversibile».
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