Ci sono poeti che per natura rimangono intramontabili, come Patrizia Cavalli.
Con la sua penna immediata, volitiva e sensuale, la scrittrice romana scomparsa nel 2022 rimane uno degli emblemi della poetica contemporanea, e anche una delle poche a saper parlare d’amore e di passione toccando corde lontane dagli stereotipi di cui spesso il mondo poetico è imbevuto.
Lo conferma dunque la recente raccolta di versi Il mio felice niente 1974 – 2020, edita da Einaudi (acquista), con la preziosa curatela di Emanuele Dattilo.
Sto qui ci sono e faccio la mia parte.
Ma io neanche so cos’è questa mia parte.
Se lo sapessi
potrei almeno uscire dalla parte
e poi sciolta da me godermela in disparte.
Tutti conoscono il personaggio, l’aneddoto che la chiarificherà poetessa agli occhi di Elsa Morante, sanno di una Patrizia capricciosa, goliardica, passionale, gelosa all’inverosimile; ma pochi forse si soffermano attentamente a leggerne i versi, artigli acuminati verso un mondo che la stava forse fagocitando.
E questa raccolta postuma prova proprio a restituirci un ritratto non solo di Patrizia, ma anche e soprattutto un ritratto dei temi e della sua poetica chiara, schietta, tagliente. A poesie epigrammatiche si mescolano testi dove c’è urgenza di indagare, di esporsi, di chiarificare.
L’esattezza, oltre il velo
Patrizia non allude, sa. E questa conoscenza – da una parte derivante da un sapere esperienziale, a volte da una curiosità gnomica, altre volte da un forte senso fenomenologico verso il mondo che la circondava – la rende una poetessa che sa usare versi esatti.
L’esattezza è un atteggiamento che la rende unica, ma anche diretta. Quindi Patrizia piace o non piace, non ci sono mezzi termini, mezze misure.
Molte volte tenta di comunicarci una sapienza quasi filosofica enumerata in pochi versi, altre volte è didascalica e sembra quasi goliardica, con una vena leziosa che impreziosice e rende piacevole la sua lettura.
Due ore fa mi sono innamorata.
Tremo d’amore e seguito a tremare,
ma non so bene a chi mi devo dichiarare.
Affacciata allo stretto cortile,
ascoltavo il suono dei continenti,
lo sguardo ridotto alla visione,
libera dalla dolce ingiustizia
che mi legava al mondo,
indietro ferma fuori refusa
raccoglievo la confusione.
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L’indagine sull’amore
Se il filo conduttore rimane sempre l’indagine sull’amore, spesso a questo si alternano versi di una delicatezza estrema che ritraggono il mondo e l’universo e il nostro saper stare in questi sistemi di cui non conosciamo l’origine, il punto di arrivo e di ritorno, e la riconducibilità stessa all’elemento amoroso. Ma Patrizia non è mai romantica, pur parlando di amore: è un’indagatrice sistematica, ne scruta i sintomi e gli effetti, e ce li riporta sul piatto e lascia a noi la parte giudicante.
Che tu ci sia o non ci sia
ormai è la stessa cosa,
comunque sia io ho nostalgia.
Fonte di sapienza postuma
vengo ogni giorno interrogata
sull’amore. Quel che non si ha,
si sa.
Fuori di me in amore, pura di me stessa,
necessità veloce, è questa la salvezza.
Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci diseguali
e mi dicessi «Amore mio,
ma che è successo?», sarebbe un pezzo
di teatro di successo.
Contro i luoghi comuni e l’io
Per Patrizia si poteva raccontare solo ciò che si conosceva direttamente, e questa è la sensazione che ci infonde la sua poesia: è come essere in bilico in una corda che traballa, ci scuote, è un filo sottilissimo quello che va attraversato – ed è quello della verità. Eppure per lei questa ricerca era esasperante ma fondamentale, non poteva esserci Patrizia senza questa tensione, questa corda. Così come, accusata sempre più spesso di essere troppo autoreferenziale, è costretta a difendersi anche attraverso le sue stesse poesie, dichiarando che quell’io che così spesso compare nei suoi testi non è autoriferito, ma la volontà di universalizzare sensazioni e meccanismi noti, anche se molto spesso dai più celati.
Se di me non parlo
e non mi ascolto
mi succede poi che mi confondo.
Essere testimoni di se stessi
sempre in propria compagnia
mai lasciati soli in leggerezza
doversi ascoltare sempre
in ogni avvenimento fisico chimico
mentale, è questa la grande prova
l’espiazione, è questo il male.
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Lo scorrere del tempo
Un’altro tema che è indagato nei versi di Patrizia è lo scorrere del tempo, la morte, la vita, i cicli circadiani. Lo fa ancora una volta con una visione quasi ontologica e arricchita anche da dettagli sui paesaggi e i moti delle stagioni.
Ci consegna soprattutto sprazzi del qui ed ora. Del momento, della perdita dello stesso e della sua riappropriazione.
Per questo Patrizia va letta senza tempo e, nonostante questa raccolta abbia lo scopo di riunire i versi in ordine cronologico dal 1974 al 2020, il nostro consiglio è di leggere le sue poesie qui raccolte in ordine assolutamente sparso (come forse lei avrebbe voluto) per avere un’idea assolutamente imperfetta e realistica di chi fosse veramente Patrizia Cavalli.
Dentro il tuo mare viaggiava la mia nave
dentro quel mare mi sono immersa e nacqui.
Mi colpisce la novità della stagione
e il corpo che si accorge di aver freddo.
Riderò sparlerò
racconterò bugie.
E domani l’avrò già dimenticato.
Vita meravigliosa
sempre mi meravigli
che pure senza figli
mi resti ancora sposa.
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