Dylan, Carroll e il mistero dell’arte: perché non tutto deve avere senso?

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«Alice nel paese delle meraviglie» di Lewis Carroll

Si cerca sempre un senso nelle cose. Un significato chiaro, immediato, a portata di mano. Eppure, a volte, «non è sufficiente sapere che cosa vogliono dire le cose: bisogna anche vedere ciò che le cose non vogliono dire».

Mr. Jones non capirà mai chi è Mr. Tambourine

Bob Dylan l’aveva capito. Quando la stampa lo incalzava sul significato di brani come Mr. Tambourine Man, rispondeva con ambiguità e strafottenza. È proprio su questo terreno che nasce Ballad of a Thin Man, costruita come una sfida diretta a quell’universo giornalistico che voleva etichettarlo e ridurlo a portavoce. Mr. Jones, il protagonista e insieme bersaglio della canzone, è il simbolo di quel giornalista: fa domande su domande, senza comprendere che le risposte lo oltrepassano già prima di ascoltarle. Dylan lo mette alla berlina, lo munge (give me some milk or else go home), metaforicamente, come figura emblematica dell’incomprensione, restituendogli domande altrettanto enigmatiche, ribaltando il gioco per diffondere il proprio messaggio ancora più lontano.

E così, l’identità di quel menestrello misterioso, che – con una canzone improvvisata – accompagna l’io lirico in un viaggio fantastico prima dell’alba, non la si conoscerà mai veramente. Non si può spiegare tutto. A volte meglio lasciarla lì, la complessità: intatta, sotterranea. Senza mai eliminarla.

Hey, Mr. Tambourine Man, play a song for me
I’m not sleepy and there is no place I’m going to
Hey, Mr. Tambourine Man, play a song for me
In the jingle jangle morning I’ll come following you

Alice: il mondo capovolto di Lewis Carroll

Emblematico, in tal senso, è l’universo creato da Lewis Carroll – matematico di Oxford e narratore dell’assurdo – che nel 1865 aprì al mondo la tana del Bianconiglio con Alice’s Adventures in Wonderland (Alice nel Paese delle Meraviglie), per poi condurre il lettore oltre lo specchio con Through the Looking-Glass (Attraverso lo specchio). Non semplici racconti per l’infanzia: Alice, precipitando nel Paese delle Meraviglie, non trova favole rassicuranti, ma figure enigmatiche – il Cappellaio Matto, la Regina di Cuori, il Gatto di Cheshire – che parlano per paradossi e costringono a guardare il mondo da prospettive rovesciate. È un regno parallelo, in bilico tra sogno e incubo, che serpeggia accanto alla realtà senza mai toccarla davvero.

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Qual è il significato che si cela dietro a opere e canzoni come queste? Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per tentare di rispondere a questa domanda. Eppure, forse, un senso non c’è. Magari sono solo le vicende di un uomo che insegue un’ombra e di una bambina che si perde in un giardino meraviglioso. Oppure, sono manuali per imparare a camminare nello spazio infinito tra la terra e il cielo. Ai lettori la scelta.

Though you might hear laughing, spinning, swinging madly across the sun
It’s not aimed at anyone, it’s just escaping on the run
And but for the sky there are no fences facing
And if you hear vague traces of skipping reels of rhyme
To your tambourine in time, it’s just a ragged clown behind
I wouldn’t pay it any mind
It’s just a shadow you’re seeing that he’s chasing

Un viaggio ipnotico verso la libertà

Resoconti di viaggi lisergici? Forse. Ma l’impressione è che vi sia dell’altro: il viaggio è più profondo, intimo, ipnotico, onirico. E il sogno non è mai pura fantasia. Lewis Carroll diceva che bisogna aver visto, ascoltato, pensato qualcosa per poterlo sognare. Leggere è fare «un tuffo dentro l’immaginazione dell’artista», come afferma l’editore Bob Markel in prefazione di Tarantula, la meravigliosa, visionaria raccolta di scritti di Bob Dylan, le cosiddette «pagine di vomito».

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In fondo, la musica, la letteratura, tutta l’arte sono troppo poco esclusive per poter negare qualsiasi interpretazione. Permettono di esplorarsi, di perdersi, di ritrovarsi, di essere liberi come una pietra che rotola, Like a Rolling Stone. Per finire magari fin su Desolation Row: non una strada reale su cui camminare, ma un territorio mentale in cui essere desolati e insieme liberi, indipendenti, sgombri dalle catene. Da quella strada desolata si può osservare il nonsense del mondo, trasformarlo in visione, perfino guarire dalla cecità collettiva.

«Vorresti dirmi di grazia quale strada prendere per uscire di qui?»
«Dipende soprattutto da dove vuoi andare» disse il Gatto di Cheshire.
«Non m’importa molto…» rispose Alice.
«Allora non importa nemmeno che strada prendi.»

Dimenticare oggi, almeno fino a domani

Dylan, suonando, e Carroll, scrivendo, si sono lasciati condurre verso terre immaginifiche, senza mete precise, mossi da forze diverse: per il primo il peso – quasi insostenibile – di essere la voce di una generazione, per il secondo la nostalgia di un Eden perduto.

E così, entrambi hanno offerto un varco. Mr. Tambourine – la gioia ipnotica, la forza positiva della musica – e Alice – insieme allo specchio, alla scacchiera, a tutta la corte – non sono soltanto figure narrative: sono le chiavi per una dimensione in cui mettere in pausa tutto. In cui dimenticare oggi, almeno fino a domani.

Yes, to dance beneath the diamond sky
With one hand waving free
Silhouetted by the sea
Circled by the circus sands
With all memory and fate
Driven deep beneath the waves
Let me forget about today until tomorrow.

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Riccardo Tortora

Classe 2002, romano attualmente residente a Milano, studia Editoria all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Appassionato di letteratura e tipografia, ama vivere immerso nei libri: leggerli, scriverne, discuterne, progettarli. Ma anche maltrattarli un po’ – i suoi volumi sono pieni di orecchie, chiose e sottolineature rigorosamente a penna.

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