Ci sono storie che parlano una lingua familiare e rassicurante: «sembrano cucite addosso». Come dei bottoni perfettamente intrecciati alle asole che, però, da un momento all’altro, non riescono più a stare al loro posto. Si liberano, saltano in aria e svelano segreti inaspettati.
Tra queste storie c’è anche quella di Caterina, la giovane protagonista de La giraffa non c’entra, il romanzo d’esordio di Irene Bonino edito 8tto Edizioni per la collana B8ttoni.
Come una giraffa
Caterina ha venticinque anni e vive in un piccolo paese di provincia. Sua padre è morto da diverso tempo e sua madre Marica l’ha lasciata tre mesi fa. Non le resta che Ernesto, un nonno sopra le righe, stravagante, pieno di vita, il primo a supportare il suo sogno di diventare avvocato. È convinto che lei ce la farà «visto che è combattiva e ha una bella lingua», come ribadisce ogni volta. Caterina è costretta a stare sui libri di notte, alla luce delle lampada. Di giorno è impegnata nel negozio di ferramenta del paese per mantenersi agli studi e mettere da parte i soldi necessari per fuggire alla ricerca di un’opportunità in città, lontana dall’aria stantia della provincia.
Caterina tira avanti un’esistenza «faticosa, ma necessaria», costretta ogni giorno a fare i conti con il peso di troppe mancanze che si trascina addosso. Si sente incompleta, proprio come i trentaquattro oggetti rotti che nonno Ernesto conserva senza riparare: un accumulo che lui definisce «il contrario di aggiustare». D’altronde, quando qualcosa è rotto non è possibile farlo tornare come prima. Ma lei ha un progetto e per realizzarlo ha accettato di portare su di sé un marchio distintivo: essere quella strana, quella diversa, quella che se ne vuole andare.
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Una felicità distante chilometri
La protagonista sa che per lei la felicità è «distante chilometri», al fondo della fatica con cui tenta di realizzare il suo progetto. È stato lo stesso anche per sua omonima bisnonna Caterina, la mamma di nonno Ernesto, imbarcata dal padre su una nave verso gli Stati Uniti e accolta dalla zia Minerva per assicurarle un futuro.
Ma Minerva era strana. Tu l’hai mai vista, una giraffa? È alta come un palazzo e mastica foglie a tutto spiano con certi occhietti romantici e la lingua blu. Ha pure le antenne, come le lumache, ma è arancione a pois e ha un collo che buca le nuvole. Non c’entra niente con gli altri animali, è proprio fatta in un modo diverso. E la zia era così, guarda, né più né meno. Alla fine, col passare degli anni, anche mia madre era diventata una giraffa e, naturalmente, sei giraffa pure tu.
Minerva cresce Caterina come una figlia. A Little Italy, tra spilli, forbici, stoffe ed abiti, non le insegna soltanto l’arte della sartoria, ma, più di ogni altra cosa, il valore della libertà. Scoppia la guerra e il ritorno è inevitabile: la bisnonna è costretta a rientrare in Italia. I mesi di permanenza si trasformano in anni e gli anni diventano ben presto una vita intera. Oltreoceano ha lasciato frammenti di sé che, fino all’ultimo, ha cercato di ricomporre. Proprio come nelle parole di nonno Ernesto in cui s’intrecciano e si ricongiungono le storie di queste tre donne legate da una distintiva, «ostinata vocazione» alla diversità.
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Luce nelle crepe
Ne La giraffa non c’entra (acquista) Bonino accompagna il lettore in una «lunga ed avventurosa favola» alla scoperta delle radici familiari di quattro generazioni divise tra Italia e Stati Uniti. Con una prosa limpida e diretta, tratteggia le storie di tre donne impegnate in una costante lotta tra compromessi e speranze, limiti imposti e perenne desiderio di libertà. Eppure, tra le crepe di queste esistenze frammentate, c’è ancora spazio per la luce.
Pensò che quell’altra Caterina, forse, nemmeno le somigliava tanto: se anche lei era fatta di cose rotte che non si possono aggiustare, era presto per saperlo. La sua bisnonna era stata una donna triste, ma aveva avuto anche molta felicità, momenti belli, avventure e coraggio, e amore, e una vita lunga e complicata: se non poteva essere felice era perché le mancava sempre un pezzo. A lei, invece, mancava tutto tranne un pezzo, il progetto faticoso e magnifico come il nonno che gliel’aveva messo in testa.
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