Secondo Oscar Wilde, l’uomo può credere all’impossibile ma non crederà mai all’improbabile. È questa la regola numero uno dell’arte della panzana: se vuoi essere creduto sparala grossa, anzi enorme.
Giulio Passerini, Inimicizie letterarie, Paragrafo “Paul Coelho vs James Joyce”
Solo uno dei tanti incipit accattivanti dei paragrafi di Inimicizie letterarie: più di un semplice saggio, ma un viaggio tra le rivalità e le particolarità di vari autori della letteratura. Giulio Passerini traccia con grande maestria una serie di excursus divertenti che partono dal presupposto della “inimicizia” per giungere a qualcosa di più.
Cosa significa essere “nemici”
Una volta, a un giornalista che gli chiede se avesse più amici che nemici, Bolaño rispose: «Di amici e nemici ne ho abbastanza, tutti ingiustificati».
L’idea del “nemico” è già quantomai interessante: una critica letteraria fondata sulle solite categorie, come lo stile innovativo oppure l’analisi delle opere, per quanto pregevole, non è paragonabile all’impostazione che possiede questo libro. Innanzitutto, in quanto non si tratta di un vero e proprio saggio: consiste in una serie di aneddoti, organicamente organizzati, eppure spesso “randomici”. Leggere Inimicizie letterarie significa immergersi in un mondo diverso dal solito, meno ovattato, dove gli autori non sono protetti e rinchiusi in una teca di vetro, ma raccontati con semplicità e goliardia.
Non sentiremo, quindi, della straordinaria capacità scrittoria dei flussi di coscienza di James Joyce, ma di cosa di male si diceva di lui. Un “gossip” positivo, che coinvolge attivamente il lettore. Tutti abbiamo avuto un “nemico” nella nostra vita: qualcuno con cui ci siamo sentiti in rivalità o che, semplicemente, era troppo distante da noi per poter diventare amico. Qualcuno di cui avremo pensato quello che Truman Capote pensava di Jack Kerouac: che non fosse bravo nel suo lavoro, che non scrivesse, ma “battesse a macchina”. Alla luce di questa corrispondenza infervorata di rancore, questo breve saggio può introdurre un punto di vista nuovo e originale: che non sempre nella vita ci si vuole bene, men che meno nella vita letteraria.
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L’invidia della penna
A differenza di altri sentimenti che rendiamo spesso banali, l’odio o il disprezzo forse sono impossibili da semplificare: si dice che quando disprezziamo qualcosa può essere perché vi rivediamo qualcosa di noi stessi oppure perché proviamo invidia, e nel profondo quindi la ammiriamo, oppure ancora perché la sentiamo profondamente distante dal nostro modo di essere e siamo troppo “deboli” per comprenderla. Lo “scandalo”, come sosteneva Alberto Moravia, è spesso infatti causato da un’insicurezza di fondo, poiché chi si scandalizza percepisce la diversità come una minaccia.
Per l’amore, invece, spesso indugiamo in semplificazioni del tipo “È amore e basta” oppure “Ti amo senza una ragione”. L’inimicizia qui diventa, allora, più poetica, più intensa e più complessa. Dall’amore e odio, lo insegnò Catullo, il passo è breve e disprezzare qualcuno può essere il passo successivo dopo una profonda ammirazione. Accade, ad esempio, a George Bernard Shaw, che con William Shakespeare passa dall’ossessione all’odio. Anche in questa storia, Passerini non intende cedere alle semplificazioni.
La prima cosa che deve fare un artista per diventare un artista è cercare di diventare un artista. La seconda è uccidere il padre. L’invidia della penna è un intrico ben più complesso di quella robetta astrusa dell’invidia del pene e un secolo di psicoanalisi non ci ha ancora aiutato a fare chiarezza sul perché.
È solo uno dei tanti aneddoti curiosi e affascinanti che tengono il lettore incollato alla pagina. Forse perché quando si tratta di scontri siamo tutti curiosi, come nella triste situazione che ci vede intenti a riprendere una rissa o un incidente anziché a prestare soccorso. Quel sadismo che ci impedisce di essere empatici eppure ci rende tremendamente umani, perché è una cosa tutta nostra.
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Nell’imperfezione fare letteratura
È colmo di rancore e proprio di “inimicizie letterarie” questo saggio eppure, per questi motivi, non può che catturare la nostra attenzione. È un nuovo modo di leggere gli autori: non alla luce delle loro grandi capacità, ma alla luce di quel piccolo tarlo di imperfezione che tormenta tutti. Consente di riconoscere negli autori la loro grande umanità e di spogliare il foglio di tutte quelle sovrastrutture che tanto danneggiano la parola viva e il vero scopo della letteratura.
Il segreto della riuscita di Inimicizie letterarie (acquista) è soprattutto il tono: disincantato, onesto e profondamente ironico. L’autore sa che racconterà di “fatti curiosi” e così si pone per tutta la durata del saggio. Questa narrazione è straordinariamente moderna, se pensiamo ai trend dei social network colmi di “pov” e di “sputo fatti”. Anche in questo caso, raccontare tramite singoli episodi, spesso estrapolati dai contesti, può essere quantomeno controverso. In realtà, Passerini nella sua ironia si muove un punta di piedi: contestualizza con precisione seppur con tono satirico, non è interessato al banale chiacchiericcio, ma alla risata e alla curiosità.
Del resto, di inimicizie è pieno il mondo: Io cantavano i Bluvertigo rivendicando come non si debba parlare per forza d’amore. E le inimicizie letterarie hanno come quid in più il fatto di essere, senza dubbio, scritte meglio.
Bisogna sempre per forza parlare d’amore?
Si deve sempre comunque far nascere il sole?
È necessario far credere di fare del bene?
È necessario donare le rose? Ripeto
Bisogna sempre per forza parlare d’amore?
Si deve sempre comunque far nascere il sole?
È necessario far credere di fare del bene?
È necessario alle feste donare le rose?
Beh, io onestamente provo ancheOdio, la mia vicina che reclama
Odio, per il frastuono che procuro
Odio, e questo è una canzone sull’odio
È un sentimento umano e duraturo.Bluvertigo, Iodio
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