L’alleanza per una speranza pro-attiva

«Noi, genitori di ragazzi transgender», a cura di Roberta Rosin e Valentina Cincotto

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«Noi, genitori di ragazzi transgender», a cura di Roberta Rosin e Valentina Cincotto

Il “Noi” del titolo Noi, genitori di ragazzi transgender fa in qualche modo pensare a quello di un celebre libro di Christiane F, pubblicato per la prima volta nel 1978: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. Quel “Noi” era però un falso amico, perché individuava solo un mucchio di esistenze problematiche, disconnesse e spesso in conflitto tra loro. Quello di Noi, genitori di ragazzi transgender ha un’accezione invece profondamente positiva e delinea non solo un pronome ma declina una solidarietà, un’empatia, una consonanza di anime alle prese con esperienze esistenziali inedite, fragorose e invasive.

Tante storie, un’unica grande storia

In effetti le storie raccontate in questo volume sembrano un’unica grande storia. Il filo rosso che lega le vicende dei protagonisti sembra riproporre a diverse latitudini le stesse situazioni, come un film che si replica: dapprima lo smarrimento di fronte al cono d’ombra che piomba, a volte come fulmine a ciel sereno, sulla famiglia al momento del coming out, poi la metabolizzazione, fino all’alleanza che apre la porta a una speranza pro-attiva.

In mezzo, una vita che continua, da vivere con all’apparenza un fardello in più che nessuno sembra poterti togliere. Fino alla scoperta di altri viandanti con una storia simile, che ti invitano a fare un tratto di strada insieme, come nel caso dell’associazione Con-te-stare, fiore all’occhiello dell’associazionismo pro-T. per tutto il Veneto (il libro è infatti frutto di testimonianze venete), che per i genitori di ragazzi e ragazze transgender diventa Con-te-siamo, un nome che dice tutto, perché l’“ama e fai quello che vuoi” di sant’agostiniana memoria non può che essere qui quanto mai calzante.

Non esistono figli “sbagliati”

La cosa più interessante e, diciamocelo chiaramente, meno scontata di queste testimonianze, è che nessuno di questi genitori dice di avere figli “sbagliati”; piuttosto, diversi si chiedono “in cosa abbiamo sbagliato?”, anche se, in realtà, di sbagliato non c’è proprio nulla. Rivelano tutti una capacità di ascolto e di autocritica eccezionali, cercando da subito di scalzare la scorciatoia breve della criminalizzazione e della vittimizzazione. Queste pagine sono intrise anche di fatica e sofferenza, ma si tratta sempre di patire-con, cambiando insieme prospettiva alla vita fin lì condotta.

Una consapevolezza spesso accompagnata da memento fulminei che intercettano momenti inequivocabili, come quella volta che non si voleva indossare il vestitino da femmina, in cui si ostentavano atteggiamenti apparentemente in contrasto con l’AMAB (cioè assigned male of birth, locuzione ormai in uso nel mondo LGBTQIA+ che vuol dire “dichiarata maschio alla nascita”, come anche AFAB, assigned female of birth, “dichiarato femmina alla nascita”, in luogo dei vari MtF o FtM che potrebbero risultare fuorvianti, in particolare per le persone non binarie che non vogliono alcuna caratterizzazione). Come un macigno torna poi la madre di tutte le questioni che spesso è alla radice di tanti fraintendimenti, dei frequenti problemi a scuola, delle solitudini e degli attacchi di panico: il non sentirsi “nel corpo giusto”.

Per questi genitori (giganti), più importante che comprendere il senso di questa frase è dire: “Non importa, io ci sono, noi ci siamo”. Da qui scatta l’alleanza che porta al percorso di affermazione di genere. Con le inevitabili varianti e variabili, talvolta con la delusione di persone della cerchia familiare e amicale che si defilano senza capire o che giudicano a sproposito. Un altro aspetto che rilancia la statura morale di questi genitori è che essi raccontano i fatti con dovizia di particolari, mettendo a nudo emozioni e sentimenti all’ennesima potenza.

Un grido mai disperato

Il loro grido talvolta può apparire disperante ma mai disperato; nondimeno, la voglia di capire e di capirsi accompagna un atteggiamento umile e al contempo risoluto, che si ammanta di significati etici quando si rivolge ad altri genitori, magari in confusione o semplicemente ignari delle vite dei propri figli, per fare appello all’ascolto e al coraggio. Perché prima di tutto, Ettore, Elisabetta, Nerina, Alessandra, Chiara, Luana, Francesco, Luca, Mara, Elena, Patrizia, Nicola, Monica, Guglielmo, Giovanna e gli altri che non hanno parlato in questo libro, questo sono: persone coraggiose, e il coraggio non implica la negazione della paura o dello scoramento, ma solo la caparbietà di non lasciarsi sopraffare. Una lezione di civiltà e di bellezza, quanto mai urgente in questi mala tempora.

A impreziosire ulteriormente Noi, genitori di ragazzi transgender (acquista) le prefazioni di Roberta Rosin, visionaria fondatrice di Con-te-stare e di Valentina Cincotto, altra psicoterapeuta che segue il gruppo genitori dell’associazione. In postfazione, le voci dei professionisti che collaborano con l’associazione, primo fra tutti l’endocrinologo Andrea Garolla. Un testo da leggere e da far leggere. Si può trovare, oltre che nelle principali librerie, direttamente presso la sede dell’associazione Con-te-stare, Sportello Attivo Transgender, via Vicenza 12/a Padova.

Redazione MM

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