L’arte ha sempre avuto il potere di rappresentare la società e determinati modelli culturali. Se prendiamo come riferimento il modello del diamante culturale della sociologa Wendy Griswold, la letteratura rientra in quell’insieme di oggetti culturali capaci di mediare il rapporto tra individuo e società, poiché essa trasmette un insieme codificato di segni che riflettono le condizioni sociali di una determinata epoca. Di conseguenza, ogni personaggio coinvolto nella fiction della narrazione assurge a modello caratterizzante le abitudini e i comportamenti culturalmente istituiti, che attraversano il tempo.
Francesco Piccolo, già autore di saggi come La bella confusione e Scrivere è un tic, vincitore del Premio Strega nel 2014 con il romanzo Il desiderio di essere come tutti, ritorna in libreria con Son qui: m’ammazzi, pubblicato per Einaudi, nel quale avanza una serie di riflessioni su determinati aspetti controversi dell’essere maschile, prendendo come riferimento alcuni personaggi della letteratura italiana, tratti da dei libri che detengono un posto di rilievo nell’immaginario culturale.
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La questione dell’essere maschi riguarda senz’altro l’educazione, il mondo dove si cresce e i secoli di storia che pesano sulle spalle. Ma se abbiamo amato la letteratura, allora ne siamo stati condizionati.
Il saggio di Francesco Piccolo analizza il ruolo di alcuni personaggi maschili, creati da autori (anch’essi uomini) importanti. Dal periodo classico a quello più contemporaneo, il testo si sofferma sul ruolo di alcune figure come Orlando dell’Orlando furioso, Don Rodrigo dei Promessi sposi, Zeno Cosini della Coscienza di Zeno, il partigiano Johnny di Una questione privata, in nome di una ricognizione culturale volta a dimostrare come certe caratteristiche si siano riversate sul profilo identitario dell’essere maschile attuale.
Gli uomini protagonisti dei testi proposti dall’autore, presentano parecchi aspetti comuni che creano un immagine ben precisa dell’essere maschile: fragile, spietato e vanitoso. Piccolo non ha la pretesa di cambiare i suoi consimili, né il libro vuole essere un atto di denuncia (anche se in parte, in realtà, lo è). Piuttosto, l’autore invita ad avere maggior consapevolezza sulla nostra attuale identità e a rileggere i testi con più lucidità.
Uomini spietati…
L’autore, nella premessa, dichiara di aver fatto una scelta personale per ciò che concerne i testi. Dopo aver analizzato una novella del Decameron e la storia dell’Orlando di Ludovico Ariosto, Piccolo fa un’affermazione sul romanzo di Alessandro Manzoni, dove sostiene (supportato da una citazione epistolare) che tra tutti è quello che più rappresenta, egregiamente, il carattere degli uomini italiani.
Cosí Manzoni scriveva a Fauriel: «Il materiale è ricco: vi si trova in abbondanza tutto ciò che può far fare a degli uomini una misera figura: la sicurezza nell’ignoranza, la pretesa nella scempiaggine, la sfrontatezza nella corruzione»
Non è un’affermazione errata, poiché lo scrittore milanese, al tempo del romanzo, colse lucidamente determinate caratteristiche che segnarono la mentalità e la cultura della società italiana, criticando aspramente i vizi e i vezzi della popolazione.
Un altro romanzo interessante analizzato da Piccolo è I Malavoglia di Giovanni Verga, con un focus sul modello di società rappresentato nel corso della storia.
Gli uomini di Aci Trezza contano continuamente i soldi, conservano la roba, risparmiano, stanno attenti a tutta la famiglia, soprattutto alle donne della famiglia, cercano una dote per le proprie figlie; e sono anche in cerca di femmine con la dote, si contendono le donne soprattutto per questi motivi. E se le contendono in una maniera esplicita, o comunque visibile a tutti nel paese.
Il romanzo dello scrittore catanese non è soltanto la storia di una famiglia di contadini, ma mette in luce una serie di fragilità e contraddizioni di un luogo dove la sottile linea di differenze che passa tra il pettegolezzo e la verità si infrange dentro un vortice di violenza e avidità che rende gli uomini schiavi delle loro fragilità, in quanto incapaci di reagire con determinazione e chiarezza.
…e uomini soli e ridicoli
Tuttavia, per Piccolo il maschio non è soltanto spietato. Le ragioni da cui nascono certe fragilità sono dettate dalla mancanza di sensibilità e dall’incapacità di accettare il rifiuto. Su questa linea si colloca il profilo di Zeno Cosini, protagonista della Coscienza di Zeno che, nella scena dell’incontro con le tre figlie di Giovanni Malfenti, deve scegliere quale prendersi in sposa per fuoriuscire da uno stato di emarginazione sociale. Dunque, all’amore si contrappone un senso di egoismo che svela sia il carattere manipolatore del maschio, sia una venatura sessista.
Nel caso di Zeno, siamo davanti a un uomo ridicolo. Ma, nel caso di un altro personaggio quale don Fabrizio Principe di Salina del romanzo Il Gattopardo, troviamo una personalità molto debole, consumata da una malattia che comunque non gli impedirà di provare un ultimo desiderio di rimanere nobile anche dopo la morte, attraverso un pretesto opportunista – e anche un velato senso virile – nei confronti di Angelica, figlia di un potente esponente dell’aristocrazia siciliana.
Questo ingresso di Angelica sarà determinante per le vicende del romanzo, perché don Fabrizio, che pure aveva in animo di dare sua figlia Concetta in sposa a suo nipote Tancredi, si rende conto che qualcosa di grosso è avvenuto con l’apparizione della ragazza, e si decide per il grande passo: tradire sua figlia, far sposare Tancredi e Angelica, e unire la propria aristocrazia storica, decaduta, e che sta per essere ridimensionata dall’unione dell’Italia, con la nuova classe sociale che in seguito lo stesso don Fabrizio indicherà all’ambasciatore del re come quella di coloro che dovranno fare l’Italia.
Dunque, i maschi agiscono per convenienza e per sopperire a certe mancanze. Proseguendo con l’analisi di altri personaggi, Son qui: m’ammazzi ritrae con chiarezza gli aspetti dell’essere maschile, dimostrando con oggettività quelle che sono determinate controversie.
Cosa comunica realmente questo libro?
Son qui: m’ammazzi è sicuramente un libro che allo stato attuale presenta molti elementi di originalità e fa da contraltare alla visione dominante della nostra società, caratterizzata ancora – e purtroppo – da una serie di concetti dettati dal modello patriarcale. Tuttavia, l’autore cammina su un filo sospeso tra l’ammettere che i suoi atteggiamenti, nella vita vera, non sono troppo distanti da quelli dei personaggi analizzati, e tra il voler dimostrare, forse inconsapevolmente, che non è vero che tutti gli uomini sono individui insensibili e irruenti.
Da una parte sembra che l’autore voglia cavalcare il trend femminista per restare al passo con i tempi, invece dall’altra il saggio vuole recuperare, attraverso la letteratura, determinati simboli che hanno segnato l’immaginario collettivo italiano per svelare alcuni aspetti passati inosservati, soprattutto quelli che riguardano alcuni testi studiati negli anni scolastici. Dunque, Son qui: m’ammazzi (acquista) è un banale specchietto per le allodole? Oppure è un interessante tentativo di sovvertire un paradigma interpretativo per svelare una realtà diversa da quella a cui siamo sempre stati abituati?
I quesiti li rimettiamo a chi non lo ha ancora letto. Ciò che dovrebbe contare di più, secondo un parere strettamente personale, è che la letteratura può sicuramente favorire il processo di educazione sentimentale, cercando di far ragionare profondamente non soltanto la parte maschile, ma anche quella femminile, poiché è necessario recuperare un principio di armonia e di intelligenza emotiva che contribuisca a instaurare un rapporto ben equilibrato tra i sessi.
Anche nella letteratura odierna leggiamo di personaggi maschili dominanti. Eppure, esiste anche un’altra narrazione, e forse non sarebbe così sbagliato tentare di farla emergere per cambiare certi stigmi culturali.
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