Estratto dal Manuale del cane:
«L’animale, per quanto addomesticato possa essere, ha comunque un suo carattere ben definito. Deve avere la possibilità di vivere con una certa indipendenza. Se sta con voi in casa, è opportuno adottare una semplice precauzione, come la cosiddetta “porta del cane”».
«Okay, fino a qui c’ero arrivato. Però, ‘sto pulcioso è grosso come un camion. Altro che porta del cane, qui devo montare uno sportello grande da farci passare un bue.»
Sentitosi chiamare in causa, Ronnie, pastore tedesco non grosso come un bue ma quasi, diede una silenziosa strofinata sulla mano di Peter.
«Sì, hai ragione. Per te così sarebbe molto più semplice fare avanti e indietro, e so che non faresti casini. In fondo, sei il più intelligente in questa casa!»
Prese a strofinargli il massiccio testone. Come se avesse toccato un interruttore, la poderosa coda si avviò, urtando qualunque cosa nelle vicinanze.
Peter dunque si decise: fece una ricerca al computer per trovare qualcuno in grado di risolvere il problema della porta. Dopo alcuni click e un paio di telefonate, venne a capo della questione: un tecnico sarebbe giunto al più presto.
«Bene. Abbiamo tempo sufficiente per farci una bella passeggiata e un pranzo da Marie.»
Lo spazzatutto si riaccese. Erano diventati una cosa sola, da quando la compagna di Peter se n’era andata. Non sopportava di vederlo spegnersi ogni giorno sempre più, invaso dalla terribile malattia. Prese il guinzaglio e la pettorina riportante la scritta “therapy dog”. Allacciata a fatica, dopo poderose leccate, uscirono.
La fresca giornata carezzava morbidamente i due. Il programma era il solito: passeggiata nel parco, rincorsa ai piccioni, che ormai avevano imparato a odiare l’ululante molestatore, seguito poi dal pranzo. Il ristorante di Marie era l’unico in zona a offrire ospitalità e pasti anche ai cani.
«Allora, ragazzoni, cosa vi porto?»
«Verdure saltate e insalata con tonno per me, il solito per il pulcioso slinguatutto qui sotto.»
«Acqua per tutti e due? O il pelosone desidera qualcosa di più forte?»
Come se avesse intuito la battuta, Ronnie inclinò la testa un paio di volte guardando Marie.
«Va bene, va bene, come sei permaloso! Stavo scherzando! Okaaaay, due minuti e arrivo con l’acqua.»
Il pranzo fu gradito. Peter inghiottì la solita manciata di pillole, mentre Ronnie stava acquattato con il muso sulle zampe. Marie tornò, portando il conto e facendo la solita domanda, che però a Peter non dava fastidio, se posta da lei.
«Eeehhh… be’, hai già capito.»
«No, nessun cambiamento. A parte lui, ovviamente. È l’unica consolazione. Da quando sta con me, l’umore è migliorato e mi ha aiutato molto ad accettare la cosa.»
«Sai che se vuoi farti una chiacchierata, mi trovi sempre.»
«Lo so, grazie, l’apprezzo molto.»
Lentamente rincasarono, prendendosi tempo sufficiente per far arrivare il tecnico che avrebbe visionato la porta. Con sorpresa, lo trovarono davanti casa. Risolti rapidamente i convenevoli, il tecnico si mise al lavoro e presto lo sportello del cane fu realtà.
La novità fu presa con gioia immensa dal pelosone, un po’ meno dal postino e dai vari corrieri. Una mattina, in un particolare slancio emotivo di Ronnie, Peter si sentì chiamare dal postino che protestava contro l’atteggiamento territoriale del quattrozampe.
«Eh no! Ronnie! La imbuco io la posta! Tu te ne stai buono in casa! Se fai così, la rovini tutta!»
Affacciatosi per capire cosa stesse succedendo, Peter vide Ronnie con in bocca la corrispondenza strappata dalle mani del postino, visibilmente contrariato dal gesto impudente.
«Peter, porca vacca! Insegna a quel tuo maledetto spargibava che se fa così la posta la rovina, e poi ci vado io di mezzo!»
Ronnie, manciata di lettere in bocca, poggiò il sedere aspettando una decisione di Peter, che gli indicò perentorio la porta.
«Scusami, Ralph. È colpa della novità dello sportello. Avevo intuito che gli serviva un po’ più di indipendenza, adesso devo solo capire come fargliela gestire.»
Ralph fece un cenno con le spalle e si allontanò bofonchiando. Peter rientrò in casa, dove l’amico lo attendeva seduto, con la posta ancora in bocca.
«Dammi qui, casinaro. E cerca di essere un po’ più delicato, la prossima volta. Potrebbe esserci qualcosa di veramente importante in mezzo a tutte queste carte.»
Ronnie mollò la presa, si allontanò poi tranquillamente, uscendo attraverso lo sportello. Peter lo guardò dubbioso: forse non era stata così una buona idea, lasciargli più libertà.
Si mise poi a scorrere la posta consegnata brevi dentibus.
«Pubblicità, pubblicità, noia, noia, pubblicità, volantino, bolletta… e questo?»
Una busta insolita attirò la sua attenzione. Non c’era mittente. Si diresse in salotto e aprì la misteriosa missiva. Conteneva un cartoncino rigido e un foglio, scritto non a mano, ovviamente per non far riconoscere la calligrafia. Arrivò a questa conclusione perché il cartoncino era un invito personale a una serata in un museo, quindi veniva da una persona nota che per qualche motivo non voleva farsi riconoscere.
“Ciao Peter, non ci vediamo da troppo tempo, credo che sia giunto ormai il momento di chiarire alcune cose. La serata ti piacerà, si tratta dell’inaugurazione di una raccolta di opere moderne. Ci incontreremo all’interno, ma non ti dirò dove. Una volta che vedrai quel quadro, certamente capirai.”
Un incontro misterioso e una serata in un museo il sabato seguente. Decise che sarebbe andato. Appena prese quella decisione, lo scodinzolante Ronnie rientrò e gli si fece sotto.
«Preparati mentalmente, amico mio. Sabato pomeriggio ti porto a farti dare una bella ripulita e in serata ce ne andiamo al museo!»
“Museo” era una parola a Ronnie sconosciuta, mentre “ripulita” rientrava nell’ambito di quei termini che lui detestava. Buttò in faccia a Peter un breve ringhio di disapprovazione, poi uscì nuovamente, cercando di godersi un po’ di libertà, che era sicuro gli sarebbe stata rubata a breve.
Arrivò dunque la fatidica data. Peter si era messo in ghingheri, Ronnie era stato lavato, spazzolato e strapazzato per bene, così lustro che dovette rassegnarsi ad ammirare il bel risultato del tempo passato sotto tortura. Un’elegante e paziente folla varcava l’ingresso del museo. Alcuni giornalisti aspiravano le ultime boccate di sigaretta. Peter scrutò oltre l’ingresso, già sapendo cosa sarebbe successo da lì a pochi attimi. Appena varcò la soglia, le sue previsioni si avverarono. Un’elegante signorina con appuntato il distintivo del museo, dal nome Miriam e una scritta in caratteri ben evidenziati, “Accoglienza”, si precipitò su di lui, indicando il pelosone al guinzaglio.
«Mi scusi! Non può, non si può! Non lo può portare dentro!»
«Dice a me, signorina? Guardi che ho l’invito, è tutto a posto.»
«Ma no che non è niente a posto! Non ci può entrare qui con quel cane!»
«Se non entra lui, non entro nemmeno io. Non ha visto la pettorina? Sono autorizzato a entrare con lui.»
«Ma se le sfugge al controllo? Se si mette a fare cose… cose indicibili, là dentro? Come farei, io, a spiegare al direttore del museo i bisogni di cane sotto a un Monet o a un Modigliani!»
«Questo mio amico, questo animale da terapia, le assicuro che è molto ben addestrato a farmelo capire. Tanto è vero che ha imparato anche a parlare, per avvisarmi nel caso di una situazione come questa.»
La donna strabuzzò gli occhi, mentre il gruppetto di curiosi radunatosi rideva sommessamente a quella battuta che, a quanto pare, la donna era l’unica a non aver capito.
«Lui, lui… parla?»
«Ma no che non parla! Insomma, ci fa entrare o dobbiamo servire un bell’articolo a questi signori della stampa, che già da un po’ seguono curiosi questa scenetta?»
Miriam alla fine cedette, insistendo ancora sulle precauzioni. Peter poté visitare la mostra, accompagnato dal fidato amico. L’esposizione era davvero ammirevole, c’erano proprio tutte le tele che piacevano a lui. Evidentemente, chi aveva mandato l’invito lo conosceva bene. Non restava dunque che proseguire e il mistero si sarebbe risolto. Tra le tante tele esposte, alla fine trovò quella che più lo appassionava, una Madonna di Munch. Era una delle cinque dipinte dall’artista. Restava estasiato, ogni volta che aveva la rara occasione di ammirarla dal vero. Fu allora che capì: l’incontro sarebbe avvenuto proprio in quel punto.
Qualcuno giunse loro alle spalle. Ronnie ne avvertì la presenza per primo e sentì provenire da quella figura un profumo di benevolenza. Appoggiandole il naso umido su una gamba, la fissò con tenerezza.
«Ho sempre adorato il modo in cui la descrivevi: una divina espressione di femminilità. Per molti è un’opera discutibile, addirittura oscena, mentre tu ci vedevi solo la parte più bella. Come in me, hai sempre visto solo il bello, mentre io…»
Per la prima volta in tanti anni, Peter non capiva l’emozione che ora lo travolgeva. Gioia? Paura? Risentimento? Resa? Riascoltare la voce della sua compagna lo lasciava attonito.
«Ciao, Tea. Quanto tempo. Non ne ero sicuro, ma appena ho visto la Madonna ho capito che dovevi essere stata tu a mandare l’invito. Come stai?»
«Dovrei essere io a chiedertelo, ma tu sei sempre lo stesso, sempre pronto alla prima mossa.»
«Io sto come sempre, il termine è rimasto sempre quello. Solo lui, è la novità.»
Ronnie alzò il muso, intuendo di essere il soggetto in questione.
«Ed è un compagno migliore di me?»
«Tu, tu sei tu. L’unica cosa che mi preoccupa di lui, è che poi dovrà trovarsi un’altra compagnia, quando non ci sarò più. Di questo me ne dispiaccio molto. La candela brucia ancora da due parti, ma ormai l’ho accettato, non posso fare altrimenti. E tu, perché sei voluta tornare, hai bisogno di qualcosa? Nelle mie condizioni non posso fare molto, ma per te uno sforzo lo faccio sempre volentieri.»
«Sì, sono tornata perché ho bisogno, ma è di te, che ho bisogno. Mi spiace averci messo tutto questo tempo, ma alla fine ho accettato la cosa. Voglio stare con te, fino alla fine, ovviamente se anche tu lo vorrai.»
Quattro occhi umidi si fusero in un solo cuore, mentre altri due osservavano incuriositi la scena. Non ci fu bisogno di dire altro. Da casa di Peter erano usciti in due e tornarono in tre, fino a quando sarebbe durata.
Racconto di Federico Montoli / Fotografia di Annalisa Insinna
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