Il libro che avete fra le mani uscì per Mondadori nel 2015 con il titolo di «Breve storia del talento». Giovanni Turi, il mio attuale editore, al tempo lo apprezzò, seppure con alcune riserve. Circa due anni fa, parlando del più e del meno, mi colse alla sprovvista con una domanda spiazzante e geniale: «Mi piacerebbe ripubblicarlo» attaccò, «ma che ne diresti di scrivere daccapo la seconda parte?».
Se la prima parte è stata solo rivista, limata e – spero – stilisticamente migliorata, la seconda è invece del tutto nuova. Non succedono le stesse cose narrate in maniera diversa (eccezion fatta per due scene, comunque modificate rispetto all’originale), succedono proprio altre cose; il narratore protagonista si comporta diversamente, pensa diversamente, realizza incontri diversi e giunge a conclusioni ben differenti da quelle a cui giungeva nel 2015.
Poter riscrivere una propria storia è un po’ come poter rivivere un pezzo della propria esistenza. Quante volte ci diciamo: se tornassi indietro rifarei questo e non rifarei quest’altro. Ebbene, fra le molte magie della scrittura c’è anche l’opportunità di ripercorrere la strada del passato col ritmo del presente o di esplorare una strada nuova, che in passato nemmeno immaginavamo.
È con questa prefazione dell’autore che si apre L’estate breve di Enrico Macioci, ripubblicato da TerraRossa nel 2024. Un romanzo che in qualche modo costituisce una sorta di esperimento letterario unico nel suo genere, non solo per lo scrittore ma anche per i lettori. E ci ha incuriositi al punto da spingerci a recuperare anche Breve storia del talento e mettere così a confronto due versioni profondamente diverse della stessa storia.
«L’estate breve»: la trama
L’estate breve è a tutti gli effetti un romanzo di formazione, la cui prima parte si svolge in un momento ben preciso della vita del narratore: l’estate che sancisce il suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Il protagonista, senza nome ma con molti tratti in comune con l’autore, ha da sempre la passione del calcio. È bravo e, come tanti ragazzini, coltiva il sogno di diventare un campione. Sogno che sembra infrangersi quando il suo cammino incrocia quello di un coetaneo, “il grande Michele”, dal talento innato, che mette il protagonista davanti a una constatazione dura da digerire: è sì bravo, ma non un fuoriclasse. Al mondo c’è chi ha ben più di lui le carte in regola per poter diventare un calciatore professionista.
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Cosa significa diventare grandi?
Il tema della crescita, affrontato anche in Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia (TerraRossa, 2022), è molto caro a Enrico Macioci. Lo ritroviamo anche in questo libro, in cui il protagonista ripercorre il tumultuoso passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Spesso si dice che si diventa grandi quando “si perde l’innocenza“, ma questo di preciso cosa significa?
C’è di mezzo la scoperta della sessualità e del piacere e la presa di coscienza che in questo non c’è nulla di sporco – fondamentale sarà per il narratore il confronto con un prete anticonformista, Padre Lucky, dalle idee su morale e peccato in netto contrasto con la dottrina cattolica. Nell’Estate breve non mancano però anche sequenze dure, in cui i giovani protagonisti scoprono di poter essere cattivi solo per il gusto di esserlo: anche questo vuol dire perdere l’innocenza. C’è però un momento che, più di tutti, segna una cesura, un definitivo punto di non ritorno: il primo incontro con la morte.
Io credo che scopriamo la vita solo quando scopriamo la morte – perciò l’infanzia, in genere libera dall’ombra della morte, non fa davvero parte della vita, e ogni volta che la ricordiamo ci pare si sia trattato in realtà di una premessa, di una introduzione a qualcosa di assai nebuloso e diverso. L’infanzia non contempla la vita ma l’infinito, ed è nel momento in cui perdiamo questa tragica, dolcissima pretesa di infinito che l’infanzia giunge al termine e capiamo di essere precipitati in un mondo chiuso, in un recinto.
Nelle storie che scrive, Macioci aggiunge sempre anche un ulteriore elemento che sancisce l’addio all’infanzia. In Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia era la consapevolezza che i propri genitori – e, più in generale, gli adulti – non sono invincibili; qui è quella che tanti sogni coltivati da bambini saranno destinati a rimanere per sempre nel cassetto. Diventare non solo grandi, ma maturi, significa fare un passo oltre e capire che spesso, per questi sogni mai realizzati, non c’è nessuno da incolpare davvero. Probabile che il protagonista dell’Estate breve non sarebbe diventato un campione nemmeno se non avesse mai incontrato “il grande Michele”. E forse la sua vera vocazione era semplicemente un’altra.
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L’altra strada del bivio
Come spiegato da Macioci nella sua prefazione, la prima parte del romanzo è rimasta pressoché invariata, fatta eccezione per alcune limature a livello stilistico che, eliminando il superfluo e giocando di più con lo show-don’t-tell, hanno a nostro avviso alleggerito il testo rendendolo al tempo stesso più incisivo. Nella seconda parte, invece, L’estate breve si discosta in modo radicale da Breve storia del talento. Non faremo spoiler, ma diremo da subito che l’impatto emotivo è stato molto più forte con la nuova versione.
A distanza di anni, il narratore torna nel paese che lo ha visto crescere. In entrambe le versioni del romanzo si trova a un bivio: in quella del 2015 prende una decisione, in quella del 2024 imbocca il sentiero diametralmente opposto, quello che più si rivelerà in grado di creare un senso di struggimento e malinconia perfetto per questa storia. Inoltre, la nuova versione riprende in modo sensibilmente più approfondito le fila dei numerosi fatti e personaggi citati nella prima parte del romanzo, che avrebbero altrimenti rischiato di diventare “pistole di Čechov” che non sparano.
Forse, in fin dei conti, ha poco senso chiedersi se L’estate breve è in senso lato migliore di Breve storia del talento: nascono in epoche diverse della vita dell’autore, al punto che sotto certi aspetti possono considerarsi scritti da due persone distinte. Da un punto di vista narratologico, però, ci sentiamo di affermare senza esitazioni che con L’estate breve Enrico Macioci ha scritto un romanzo decisamente più efficace.
Consigliato a…
Negli anni Novanta si diffusero alcuni libri per ragazzi in cui i giovani lettori erano invitati, alla fine di ogni pagina, a far fare al protagonista una scelta piuttosto che un’altra e ad andare alla pagina corrispondente a ciò per cui si optava. Così facendo, le storie che si potevano creare erano infinite o quasi. Vista la sua particolarissima vicenda editoriale, ci sentiamo di consigliare L’estate breve a chi durante l’infanzia si divertiva proprio con questo tipo di libri.
Non sono in ogni caso gli unici “lettori ideali” del romanzo di Macioci. Come per ogni libro del proprio catalogo, TerraRossa indica anche per L’estate breve (acquista) il profilo di una persona che potrebbe apprezzare questa lettura: «chi non ha smesso di credere nei propri sogni di gioventù o chi invece li ha rinnegati; chi aspetta l’estate come la più crudele e dolce delle stagioni». Le accuratissime descrizioni della gesta in campo del “grande Michele” ci spingono ad aggiungere anche un’altra categoria di persone che senza dubbio apprezzeranno il libro: tutti gli appassionati di calcio che nella loro infanzia abbiano fantasticato, almeno una volta, di essere i futuri vincitori del Pallone d’oro.
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