I Millennial sono una generazione dimenticata

«Millennial – La generazione dimenticata» di Giorgia Pacione Di Bello

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I Millennial sono una generazione dimenticata

Millennial – La generazione dimenticata di Giorgia Pacione Di Bello è un saggio che porta luce su una generazione spesso posta nel buio, fraintesa e sottovalutata: i millennial. Con un’analisi lucida e attenta, l’autrice racconta le contraddizioni e le sfide affrontate da una generazione che oggi si trova a fronteggiare una realtà complessa e spesso ostile, soprattutto da un punto di vista lavorativo.

Tale disamina assai precisa è corredata da analisi, dati e prove che sono volti a fornire dimostrazioni empiriche e pratiche per sfatare determinati miti sui millennial, con un linguaggio settoriale quando serve, ma tutto sommato semplice e scorrevole.

Una lotta immotivata fra generazioni

Quando sentiamo parlare di millennial, specie sui social, nasce una sorta di inutile “lotta” con la generazione Z, che parte banalmente da frasi come “Che ne sanno i 2000” (anche se già dal 1997 secondo le classificazioni non si è più millennial) e da un impeto di nostalgia che, per fortuna, non appartiene a questo saggio.

L’autrice non vuole, infatti, creare rivalità inutili tra generazioni, bensì parlare di tutte quelle innovazioni, e certamente anche contraddizioni perché è inevitabile, che la generazione Z ha portato avanti e sottolineare come sia perfetta per creare una “congiunzione” proprio quella generazione antecedente. Anche se sono definiti troppo “choosy” dalla politica e colpevolizzati per la bassa natalità, i giovani sono paradossalmente la generazione perfetta per accompagnare il Paese verso il futuro. Ma a loro accade ciò che viene brillantemente descritto dalla serie TV Younger, dove in una ormai affermata e storica casa editrice viene fondata una collana proprio dal titolo “Millennial”, gestita da millennial che vorrebbero portare nuovi autori e nuovi mezzi di comunicazione. Ci siamo passati tutti, quando siamo “i giovani”: accusati, bistrattati, di non avere voglia di fare o di avere idee troppo particolari.

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Anche se spesso sono additati come troppo stravaganti, i “giovani”, appartenente alla Generazione Z, hanno del grande potenziale e sta ai Millennial guidarli. Come sottolinea l’autrice, nell’ambito lavorativo si vedono sottovalutare le loro idee innovative, come lo smart working e la settimana corta, trattate con scetticismo quando potrebbero essere viste come opportunità, soprattutto in Italia dove alcuni cambiamenti tecnologici non sono concepiti come una risorsa. Eppure siamo in un periodo in cui molte aziende faticano a trovare personale qualificato, soprattutto in ambito STEM, qui i millennial potrebbero rappresentare la risposta a molte sfide del mercato del lavoro in quanto perfetto “ponte” tra due diverse realtà.

La nuova generazione, oltre a presentare sempre più laureati in Stem, ha una visione del mondo del lavoro molto più dinamica dei millennial. Partiamo dal fatto che i trentenni di oggi, per la maggior parte, sono ancora molto legati al posto fisso. Le nuove leve non così tanto. Ambiscono a costruire una propria realtà o a lavorare come autonomi. In questo senso le politiche dell’attuale governo di ampliare la flat tax
del 15%, o sperimentare il 730 anche per le partite Iva vanno nella giusta direzione. Dall’altra parte, i giovani che sono aperti a valutare anche un percorso in azienda danno però per scontato l’uso dello smart working o di pratiche di flessibilità aziendale. […]

Sono proprio questi elementi che rendono i millennial così particolari e fondamentali per il futuro. Parliamo di persone che per certi versi hanno ancora i valori delle generazioni passate (desiderio del posto fisso), ma che dall’altro guardano senza paura al futuro, non temendo l’innovazione e volendo essere al centro della propria vita, anche lavorativa. Caratteristiche importanti, perché se inseriti nei ruoli giusti i millennial possono preparare il terreno, in senso di innovazione dei modelli organizzativi, per la generazione Z, che è nata e cresciuta immersa nella tecnologia e si aspetta di trovare quella stessa dinamicità che caratterizza la loro vita digitale anche in ambito lavorativo.

Ripensare i millennial

Pacione Di Bello evidenzia come, in Italia, la flessibilità lavorativa, tanto cara alle nuove generazioni, sia ancora percepita come una minaccia piuttosto che come un banco di prova per il futuro. Eppure, si continua a chiedere più spazio e più riconoscimento per i propri valori e priorità, come dimostra l’interessante confronto che l’autrice propone con i ventenni di oggi, altrettanto determinati a non accettare un lavoro che non concepisca la flessibilità come un valore.

Il libro riesce a mettere in luce con efficacia la frustrazione di una generazione dimenticata dalla politica e dal sistema, frustrazione che però non rimane chiusa in se stessa ma ha generato spesso, una sorta di resilienza e una forte capacità di reinventarsi. Il messaggio di fondo è chiaro: il futuro passa inevitabilmente da un ripensamento delle dinamiche lavorative e sociali, in cui i millennial possono e devono giocare un ruolo chiave, in quanto per loro il lavoro spesso è una parte fondamentale della vita.

Per i millennial il lavoro è una parte integrante della vita su cui non sono disposti a scendere a compromessi o ad accontentarsi. L’obiettivo è trovare un lavoro che rispecchi i propri valori e su cui buttarsi a capofitto.

In definitiva, Millennial – La generazione dimenticata (acquista) è una lettura essenziale per chi vuole comprendere meglio le dinamiche di una generazione che, nonostante tutto, continua a lottare per un futuro diverso, più flessibile e inclusivo.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. Ha un master in giornalismo, è docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale. Autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

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