Porre sé stessi dinanzi a delle domande provoca un forte senso di sgomento, specialmente se si è giovani e ci sente incompleti. Deve essere questo il turbinio di sentimenti che Riccardo Crisafulli, autore della raccolta poetica Quando penso cresce un giardino, ci pone all’attenzione. Egli induce il lettore a compiere un viaggio introspettivo, al fine di raggiungere delle mete che sembrano irraggiungibili, fatte di realtà impossibili da svelare, e per trovare un senso di appagamento sia verso il mondo, sia e soprattutto verso sé stessi.
L’autore, nato nel 2000, dona una prospettiva che non si poggia su un unico punto di vista, ma ne abbraccia diversi in nome di un insieme variegato di tematiche. A consunto delle poesie, sono allegate delle illustrazioni che restituiscono il senso delle emozioni rappresentate, andando oltre la semplice costruzione segnica.
Mi fisso nel vuoto
sconfinato dello specchio
ci sono io
e chi altri nelle voragini
delle mie pupille?
Quando penso cresce un giardino è divisa in quattro parti, una scelta non casuale visto che per ogni sezione, vi è un richiamo implicito alle stagioni. Sintomatica di questa caratteristica è l’andamento delle poesie che, scritte in endecasillabi sciolti, seguono il sentiero tracciato dall’autore il cui filo conduttore è il tentativo di trovare un senso di appagamento, una libertà di concerto con una nuova identità.
Certe volte è difficile guardare dentro sé stessi, eppure l’autore, con una lucida sensibilità, pone sul piano della narrazione poetica le proprie paure e riflessioni sulla propria esistenza, puntellata da una serie di eventi che, data la natura imprevedibile della vita, ci pone nelle condizioni di dover affrontare gli ostacoli.
Proprio la metafora del giardino traduce perfettamente il leitmotiv della silloge poetica, in quanto accade che certi stati d’animo vacillano e necessitano di una nuova linfa vitale, con una prospettiva più matura. Sta all’individuo decidere quale forma dare ai propri fiori, specialmente se si intende lasciare andare il passato.
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La particolarità dello stile narrativo di Crisafulli risiede nella sua capacità, seppur semplice, di costruire degli incastri in rima che, in simbiosi con le immagini raffigurate, permettono al lettore di entrare in piena sintonia con l’emozione che egli intende rappresentare.
Se da una parte l’autore parrebbe che non riesca a fuoriuscire dalla propria crisalide, dall’altra trova la forza per lasciarsi andare, in nome di una redenzione che vede nel bene l’approdo finale, la luce che rischiara il buio dell’esistenza.
Per tutte le scelte lasciate dietro
oggi scelgo tutto.
Trecentosessantasei volte me stesso
non costruiranno mai le scale del mio paradiso,
ma saranno abbastanza
per risanare il primo gradino, e se
cedessi sul secondo, danzerei
un tango sull’oceano delle mie insicurezze
Con la volontà di accettarsi e amare sé stesso, nonostante la solitudine, quando penso cresce un giardino si conclude con un messaggio che, fuoriuscendo dalla banalità, assume un’importanza che non riguarda solo l’autore, ma anche chi a vent’anni si sente senza un posto nel mondo: è possibile essere forti da soli, e la vita non finisce.
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