Immagini di un passato insidioso

«Quello che so di te» di Nadia Terranova

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Copertina Quello che so di te, Nadia Terranova

Nadia Terranova, celebre scrittrice messinese, ritorna in libreria con Quello che so di te, un romanzo molto personale pubblicato da Guanda dopo aver scritto una trilogia iniziata con Gli anni al contrario e terminata con Trema la notte, con il quale si è aggiudicata il Premio Elio Vittorini nel 2022.

La storia di Quello che so di te intreccia una serie di tematiche che si snodano lungo la trama in due parti, le quali ritraggono l’esistenza di una bisnonna di nome Venera, che per la legge della fantomatica Mitologia familiare è legata all’esistenza dell’autrice e a quella di sua figlia. In virtù di ciò, Venera esercita una strana influenza al punto tale da indurre l’autrice a scoprirne il passato. Questo libro parla di maternità, di padri fragili e di una memoria, quella familiare, forse taciuta per troppo tempo per evitare di provocare degli scossoni.

Una presenza misteriosa

Al centro della narrazione vi è Venera, una donna che ha vissuto per un certo periodo di tempo presso l’ex ospedale psichiatrico Lorenzo Mandalari, situato a Messina. Cosa lega la sua esistenza a quella della scrittrice e di sua figlia? Qual è stato l’evento che l’ha indotta a varcare la soglia del Mandalari, in un giorno di marzo?

Da queste domande prende piede l’indagine dell’autrice, guidata da una Mitologia familiare che, però, non sempre fornisce delle risposte chiare. L’elemento scatenante è determinato da un tragico lutto che colpisce Venera, motivo della sua pazzia, al quale se ne susseguono altri che forniranno all’autrice una visione più chiara, seguita da un monito importante: non fare la fine di Venera, e affinché accada è necessario andarsi a prendere il passato.

Per sviscerare ogni aspetto che si nasconde dietro la figura della bisnonna e le ombre che getta sul presente, l’autrice torna a Messina per consultare gli archivi e tracciare una linea temporale che colleghi ogni evento e ogni gesto compiuto da Venera.

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Fallire è legittimo?

Ricoprire il ruolo di genitore non è facile né per una donna, né per un uomo. In Quello che so di te, Venera non è relegata a essere solo la protagonista della storia, ma è il fil rouge che collega tutte le trame della famiglia dell’autrice. Da qui proviene una serie di aneddoti dal carattere mitico che compongono le leggi di questa Mitologia familiare che a tutte le donne della famiglia ha trasmesso l’idea – quasi una sorta di legge obbligatoria da seguire – di una maternità responsabile che non contempli il fallimento.

Proprio sul fallimento si concentra una parte del romanzo, incarnato dalla visione di Venera che si incorpora nella mente dell’autrice affinché questa, scavando nel passato, possa legittimare la possibilità di fallire, in nome di una libertà che sappia rispettare l’identità e, dunque, il carattere di una famiglia.

Ci sono donne che non hanno paura di ammettere le proprie fragilità, e questo vale anche per gli uomini seppur sia più difficile: in particolare, il marito di Venera si trova costretto a compiere una scelta, convinto di ristabilire l’ordine e l’armonia all’interno della famiglia, inconsapevole invece che avrebbe condotto Venera a nutrire dubbi circa il suo ruolo.

Lasciateci sperimentare il fallimento, lasciate che ci concentriamo sull’unica cosa che importa: non cadere, o cadere senza uccidere chi amiamo. Lasciateci ovunque fallire in pace.

L’incantesimo della scrittura

«Scrivere è un incantesimo», scrive l’autrice nelle pagine del romanzo, e non poteva trovare una massima più lungimirante. La forza della narrazione, esercitata sia attraverso la scrittura sia oralmente, consiste nella capacità di lasciarsi trasportare in una dimensione che, nel caso di Quello che so di te, assume un carattere onirico costellato da segni e metafore. L’alchimia del linguaggio di Nadia Terranova trova un’applicazione molto ampia, poiché da essa emerge un’attenzione molto importante sia su alcuni aspetti prettamente mitici – Messina da questo punto di vista non è mai stata un’ambientazione casuale nei suoi romanzi – sia perché ogni parola diventa un sigillo magico, capace di imprimersi nella mente e nell’anima del lettore che svela significati nascosti ed evoca emozioni profonde.

Così, attraverso la tessitura di segni e simboli, il testo si trasforma in uno specchio in cui il lettore interpreta un lessico che lo conduce in mondi interiori inaspettati, analogamente all’indagine che l’autrice compie per svelare a poco a poco l’identità di Venera e il motivo per il quale appare, inaspettatamente, nel suo presente.

L’attraversamento del tunnel della follia di Venera non è il pretesto per appagare una semplice sete di conoscenza, bensì è il leitmotiv affinché si interrompa l’incantesimo che potrebbe ombreggiare sul futuro della figlia dell’autrice.

Attraversare nuovamente una città di fantasmi

Nell’immaginario letterario, Messina ha sofferto di una progressiva cancellazione della memoria che ha contribuito a sua volta a insabbiare la propria identità, promulgata da una serie di pregiudizi e speculazioni che l’hanno relegata a essere uno spazio intriso di non-luoghi e fantasmi. Proprio questi sono dominanti nei romanzi della scrittrice, che presentano una serie di sfaccettature diverse. Ciò che li lega è proprio il luogo, e non è un caso che quasi tutta la letteratura dello Stretto si basi su questa identità fantasmatica in grado di alimentare mistero.

Nei tre romanzi precedenti, le ombre del passato hanno assunto delle carature ben specifiche e attinenti non soltanto alla trama, ma anche al contesto storico e culturale che ha segnato la città, in particolare il terremoto del 1908 che ha cancellato una civiltà. Quando si cammina a Messina, si avverte quella strana sensazione di esserci già stati in un’altra vita, seppur la realtà ci ponga altrove rispetto alla fantasia.

Quello che so di te (acquista) è il racconto di un’autrice che non ritorna soltanto nei luoghi della sua infanzia, ma entra in un non-luogo dove il rapporto tra defunti e vivi scorre su un filo sottile. In questa indagine familiare, avvolta da misteri e silenzi, follia e sanità – ammesso che si possano definire davvero come l’uno il contrario dell’altro – c’è spazio per un presente che può accettare l’assenza di una ragione per non finire intrappolati in un vortice di incertezza e paura. Nonostante le complessità della maternità, Nadia Terranova libera sé stessa grazie alla scrittura, esercitando ancora una volta un rituale magico capace di spezzare qualsiasi inganno, liberando il proprio presente dalle maglie del passato.

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Federico Ferrara

Classe 2000, vivo a Milazzo e sono dottore magistrale in Scienze dello spettacolo. Appassionato di cinema, fotografia e letteratura, ma ho anche una vita sociale.

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