Una vita per l’arte: la storia di Filippo Lippi

«Il velo di Lucrezia» di Carla Maria Russo

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Il velo dipinto di Lucrezia di Carla Maria Russo

Che cosa si cela nella mente di un artista? Quali sono i desideri e le speranze che animano il suo cuore? A queste domande prova a rispondere questo romanzo. Infatti Il velo di Lucrezia (2025, Neri Pozza) non è solo un romanzo storico, ma un viaggio vertiginoso nel cuore dell’arte, dell’amore e della ribellione. Con la sua scrittura intensa e raffinata, Carla Maria Russo ci conduce nella Firenze del Quattrocento, dove il talento e la passione di un pittore possono sfidare le leggi della Chiesa, e lo sguardo di una giovane donna può cambiare per sempre il destino di un uomo. È un racconto che intreccia bellezza e scandalo, devozione e desiderio, lasciando il lettore sospeso tra la tela e la vita.

Filippo Lippi, genio artistico e sregolatezza

Ci troviamo nella Firenze del XV secolo, dove un giovane artista, Filippo Lippi si sta facendo strada duramente per diventare un pittore affermato. La sua vita non è mai stata semplice: rimasto orfano in tenera età, Filippo è un ragazzino sveglio, inarrestabile e non è disposto a rimanere chiuso tra le mura del convento a cui è stato affidato. Ha fame di vita, sogna di manifestare le sue precoci doti pittoriche e farsi strada nel mondo dell’arte di Firenze. Sul suo cammino incontrerà personalità importanti che cambieranno la sua carriera, come Masaccio o Cosimo de Medici, detto il Vecchio.

Forzato a prendere i voti a causa delle mancanze economiche, le vesti da monaco a Filippo stanno strette. La sua personalità eclettica deve fare i conti con il desiderio: quello per le donne e quello per l’eternità attraverso l’arte. È questa volontà che lo spinge a fare dell’arte la propria ragione di vita e del desiderio delle donne, senza legarsi mai a nessuna. Nessuna di loro è la Musa che lui spera di trovare per realizzare il dipinto perfetto. Ma tutto questo cambia quando incontra lo sguardo della giovane e coraggiosa Lucrezia, con la quale intreccerà una relazione scandalosa per l’epoca, ma all’insegna della ricerca di libertà, passione e devozione per l’arte.

F. Lippi, Il banchetto di Erode, Prato (1452-65)

La ricerca della bellezza: forza e salvezza

Tutta l’esistenza di Filippo Lippi è improntata alla ricerca della bellezza. Il giovane la ricerca prima nei volti che incontra per le vie di Firenze, poi nei grandi modelli artistici con cui entra a contatto. Filippo infatti non si accontenta di riportare sulla carta quello che vede, ma allena i suoi occhi a cercarla nei dipinti di pittori suoi predecessori e contemporanei, non solo da un punto di vista estetico ma anche spirituale e artistico. La bellezza diventa dunque il valore capace di elevare l’umano, un veicolo di salvezza che dà senso alla vita attraverso l’arte.

La perfetta bellezza. Eccola. Davanti ai suoi occhi. L’ha rincorsa invano per anni e l’ha trovata all’improvviso, quando ormai aveva persona la speranza. […] La perfetta bellezza a cui ispirarsi per il capolavoro che da sempre intende realizzare. Contenuta in quel volto che esprime una purezza, un incanto, una dolcezza che supera ogni altra immaginazione. […] Talmente rara che non può perdersi, deteriorarsi, subire, gli affronti del tempo. Va fermata. Fissata. Resa immortale. Perchè è questo in fondo l’utilità pratica del capolavoro: un dono all’essere umano di ogni epoca, perchè contemplare la bellezza fa bene al cuore. Nutre i buoni sentimenti che in esso albergano.

Passione proibita e libertà interiore

Sia Filippo che Lucrezia vivono alla ricerca di affermare la propria libertà interiori. Entrambi i personaggi condividono l’esperienza della vocazione religiosa forzata a causa della povertà delle rispettive famiglie, ma da questo obbligo cercando di sciogliere i lacci per trovare la propria libertà. Nella passione proibita e in seguito nella relazione, entrambi trovano il proprio modo di liberarsi per vivere una vita più autentica e coerente con i propri valori interiori, a costo di dover infrangere le regole religiose e sociali del tempo.

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L’arte come biografia e destino

Un ragazzino inquieto, un donnaiolo incallito, un monaco senza vocazione se non quella per l’arte, un artista raffinato: il romanzo ricostruisce i tasselli di un mosaico che compongono Filippino Lippi in tutta la sua complessità. Una narrazione che mescola biografia, storia dell’arte e introspezione interiore e psicologica è lo strumento per restituire al lettore questa immagine. La narrazione segue i processi della creazione artistica come specchio dei processi interiori del personaggio, inserendosi come esperienza privilegiata per comprendere il senso profondo del viaggio umano e creativo di Lippi. Il suo destino di artista e uomo sembra trovare vero compimento solo nell’incontro con Lucrezia, la quale diventerà la sua amante e la sua Musa.

Un viaggio nella Firenze del XV secolo

Ne Il velo di Lucrezia (acquista), l’autrice utilizza una prosa molto vivida, la scrittura è estremamente evocativa e permette al lettore di immergersi nella realtà dell’epoca. Le scelte stilistiche riflettono anche le tappe biografiche della vita di Filippo Lippi. La prima parte del romanzo è caratterizzato da una narrazione incalzante, riflettendo la natura impetuosa del suo protagonista. Il realismo è rispecchiato attraverso l’uso delle forme dialettali fiorentine nei dialoghi degli episodi dell’infanzia e della giovinezza. Un giovane che evolve e che mano a mano entra a far parte del cenacolo degli artisti della Firenze del Rinascimento, che diventa un giovane colto e raffinato.

Dopo una vivace rappresentazione della giovinezza del pittore, trascorsa tra le vie affollate e le botteghe di una Firenze rinascimentale, pulsante e sorprendentemente moderna, il racconto si fa più introspettivo e rallenta il ritmo. L’attenzione si sposta dall’esterno all’interno: non più le azioni impulsive e lo spirito esuberante del protagonista, ma i suoi pensieri più intimi, i tormenti interiori che lo allontanano progressivamente da tutto e tutti — persino dall’amico e protettore Cosimo de’ Medici e, in modo quasi contraddittorio, dalla stessa Lucrezia. Un isolamento che lo porta a concentrarsi esclusivamente, prima sulla creazione, poi sulla contemplazione ossessiva della propria opera. Perché Filippo Lippi ha imparato con l’esperienza che l’arte è frutto di duro lavoro e pratica, non di ozio e contemplazione. Il frutto sarà un’opera d’arte che veicoli bellezza e bontà, diventando un dono per tutta l’umanità.

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Eleonora Fioletti

Insegnante di Lettere con la testa tra i libri e il cuore tra le righe. Amo le librerie caotiche, i libri usati e le virgole messe bene. Colleziono libri che forse non avrò mai il tempo di leggere. Le parole sono il mio modo di abitare il mondo.

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