Con il suo nuovo romanzo Bambino, pubblicato l’8 ottobre da Einaudi, Marco Balzano, l’autore di Resto qui, recupera il grande tema civile della memoria e dell’identità di una civiltà segnata dagli orrori della guerra, mediante un personaggio complesso che presenta mille sfaccettature: un ragazzo deciso, che sfrutta la violenza per cercare la madre e il cui male gli si torcerà contro vertiginosamente.
Esiste una ragione per la quale le storie di guerra offrono una serie di riflessioni. Ci vuole uno scrupoloso spirito di osservazione e analisi di determinati fatti storici, affinché si possa costruire uno storytelling che non sia solo scorrevole, ma anche capace di permettere al lettore di compiere un’esperienza totalmente immersiva, all’interno dell’ambiente narrativo.
«Bambino»: una storia non convenzionale
Il romanzo si divide in quattro sezioni, che corrispondono a fasi di vita del protagonista Mattia Gregori, soprannominato “Bambino” dai soldati fascisti per via del suo viso glabro. Per rivelazione di Tella, la compagna del padre, scopre che non è lei la sua vera madre: è da qui che inizia la sua travagliata ricerca della verità, che lo vede costretto ad arruolarsi nelle schiere degli uomini che mettono a ferro e fuoco la città di Trieste per perseguire il barbaro obiettivo del regime di eliminare qualsiasi individuo non italiano.
Se in un primo momento Mattia sembra sentirsi a suo agio con la camicia nera, una volta conosciuta la guerra entra in una spirale segnata dal rimorso e dall’incapacità di ribellarsi, poiché costretto ad agire in modo opportunista per ritrovare la madre. Il personaggio si evolve seguendo il corso degli eventi, maturando una prospettiva che si basa su una cinica visione del mondo che gli consente di esercitare la violenza.
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L’odio genera altro odio
Balzano ci ha abituati bene alla descrizione di ambienti segnati dalla guerra, in cui le persone perdono tutto e cercano di vivere legate dalla solidarietà. Con Bambino, l’autore va oltre e lo fa con il suo personaggio più duro, più difficile da giustificare. Mattia, infatti, è un uomo che all’inizio possiede tutte le caratteristiche che un giovane doveva avere se decideva di servire la propria patria seguendo gli ideali del regime fascista: forte, virile e spietato nei confronti degli stranieri e di coloro che non intendevano sottostare alle leggi dei regimi – nazista, fascista e comunista – susseguitisi nel corso della storia.
Il protagonista stesso ha origini slovene, ma nel romanzo è costretto a mentire per proteggere il padre, un orologiaio antifascista che non rinnega il figlio nonostante sia un seminatore di odio. La parabola dell’odio si snoda lungo tutto il romanzo, quasi come se Balzano volesse indurre il lettore a prendere consapevolezza di determinati fatti narrati nella storia per far sì che comprenda, con rigor di logica, la drammatica condizione di un popolo che non aveva nessuna colpa, forse solo quella di vivere in un territorio segnato dal totalitarismo.
La memoria storica
Ciò che viene rappresentata non è soltanto la guerra, bensì la storia dietro di essa. Più che raccontare, l’autore mette in mostra, con una serie di immagini, i volti e le voci di una varietà di individui che, a seconda di come interagiscono con l’ambiente e con il protagonista, simboleggiano un determinato valore. La volontà di mostrare la loro identità non è una scelta casuale poiché rispecchia fedelmente la poetica dell’autore, il cui intento è di conservare la memoria culturale innestandola nelle maglie della narrazione, in modo tale che sopravviva e che venga tramandata.
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La particolarità di Bambino (acquista) non è data semplicemente dalla veridicità dei fatti bensì dalla dovizia di particolari con i quali Balzano costruisce la storia. Attraverso lo sguardo del protagonista, fortemente condizionato dall’ideologia, il lettore percepisce comunque quale sia la sua vera missione, e addirittura riesce a trovare una giustificazione, perlopiù quando Mattia si lascia andare a visioni oniriche dove vede la madre e immagina delicati momenti conviviali nei quali ritrovare la forza per andare avanti, anche quando la morte sembra avvicinarsi sempre di più.
Nonostante l’apparente e ritrovata redenzione, Mattia pagherà presto le conseguenze delle sue azioni nel peggior modo possibile: subendo la stessa violenza che ha lasciato. Questo dimostra come per una comunità sia difficile, se non impossibile, dimenticare il male.
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