Siamo alla ventottesima edizione del Festivaletteratura di Mantova, una delle più importanti rassegne letterarie dedicate ai libri. La Redazione di Magma Magazine è arrivata venerdì pomeriggio e fino a domenica ha potuto partecipare a diversi degli incontri organizzati.
Un Festival diffuso che proietta il visitatore, per dirla come Jean-Baptiste Andrea, in una sorta di teatro. In effetti a Mantova sembra di muoversi su un palco, circondati da una scenografia impeccabile e ben organizzata.
Festivaletteratura di Mantova: tutti i bestiari di questo mondo
Bestiario sentimentale, titolo che è anche un omaggio a Guadalupe Nettel, è la rassegna curata da Eloisa Morra e Francesca Scotti in occasione del Festivaletteratura di Mantova.
Una commistione indissolubile tra immagine e parola che ci mostra gli animali in una nuova prospettiva, per il tramite del genere bestiario e partendo dal patrimonio della Biblioteca Teresiana di Mantova. La rassegna, che si avvale anche del fotografo Massimiliano Tappari per la parte laboratoriale, cerca di rispondere alla domanda, già posta da John Berger, “perché guardiamo gli animali?”.
Gli animali, nella loro incomunicabilità, rivolgono delle specifiche domande all’uomo, alla continua ricerca di se stesso. Dunque se la prima metafora è animale, è altrettanto vero che essi raccontano tanto l’implacabilità della natura quanto lo specchio della società in cui viviamo. Tramite un viaggio magico, fra scienza e fantasia, Morra e Scotti ci accompagnano in un viaggio stupefacente e “mostruosamente” affascinante.
Nati sotto il segno di Faulkner
David Quammen presenta al Festivaletteratura di Mantova il suo nuovo libro edito da Adelphi, Il cuore selvaggio della natura (acquista). Dopo il successo mondiale di Spillover, in cui parlava di creature minuscole come i virus e la loro capacità di adattamento, in questa ultima prova raccoglie i suoi reportages scritti per il National Geographic. Sia come ribadito all’incontro dedicato alla stampa sia alla presentazione in Piazza Castello, il libro nasce dal suo primo viaggio in Congo del 1999.
Quammen, formatosi come romanziere, si avvicina gradualmente alla scienza, diventandone un infaticabile divulgatore con una vena letteraria inconfondibile. Adottando il metodo del suo nume tutelare, William Faulkner, Quammen analizza i temi principali di un argomento complesso, specialistico, per poi assemblarli in un libro unitario, omogeneo. Vengono restituiti così dei mosaici di una bellezza struggente, drammatica.
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Quammen si sofferma sullo stato selvaggio della natura, che egli definisce come il vero e proprio cuore pulsante. Affinché questo si avveri, cita quattro fattori imprescindibili: la grande dimensione, l’interconnessione, i processi ecologici e la biodiversità. Viene così criticata la supponente superiorità dell’essere umano nei confronti degli altri esseri viventi e l’autore sollecita un ruolo dell’apparato educativo per sensibilizzare alla preservazione e valorizzazione del patrimonio naturale.
Le cose per Michele Mari
Un ritorno tanto atteso quello di Michele Mari al Festivaletteratura di Mantova, con il suo nuovo romanzo Locus desperatus (acquista), edito da Einaudi. Un libro esplosivo, ricco, che indaga “le cose” già note nelle precedenti opere dell’autore come gli oggetti, le collezioni, i feticci, i libri, nonché i temi dell’infanzia, la figura materna, la smemoratezza.
Una croce sulla porta del narratore, una misteriosa ingiunzione di sfratto innesca un meccanismo che lo porterà a scontrarsi con “le cose” che lo circondano e a scoprire che egli stesso vive di vita riflessa di quest’ultime: le sue memorie e le sue speranze sono tutte riposte qui. Un libro introspettivo che nelle sicurezze mostra in realtà quello si rivelano insicurezze fino a renderli dubbi di esperienze mai vissute, persone mai conosciute. Un doppio gioco, avanti e indietro nel tempo, che prende forma soprattutto nei libri contenuti in quella casa: altezzosi, pieni di sapere, da sempre rifugio del protagonista si rivelano minacciosi, entità che cancellano la memoria della lettura. I libri hanno un ruolo speciale per Mari: una vitalità proporzionale alle emozioni che l’autore ha immesso, la passione stessa dell’autore durante la fase di scrittura e infine a quella che i lettori vi rimettono nella lettura. Oggetti che non si controllano totalmente, che “si lasciano leggere via”.
Andrés Montero, il narratore in viaggio
Il giovane autore cileno Andrés Montero ci incuriosisce grazie ai suoi tre racconti, che ci riportano alle origini e alle tradizioni cilene e non solo.
Tre i titoli pubblicati in Italia in continuità (Tony Nessuno, L’anno in cui parlammo con il mare, La morte goccia a goccia, editi da Edicola Ediciones) che ci riportano a luoghi lontani, mistici, leggende e tradizioni antiche. Il leitmotiv dello scrittore si lega a una preziosa professione, da lui stesso ripresa e fonte proprio dei suoi scritti: la figura del cantastorie. Lui stesso ci parla di quanto ami i racconti e le storie popolari, dei suoi viaggi per il Cile per ricercare i più arcaici e di come questi diventino la materia prima per le sue opere: «uniti alla mia immaginazione creano vere e proprie forme d’arte.»
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Nell’era dei media e dei social network, il futuro di questa tradizione orale nonché i compiti di preservazione e trasmissione diventano sempre più ardui e pregevoli. Alle origini era un qualcosa che nasceva all’interno del nucleo familiare: basti pensare ai racconti dei nonni e degli zii. Successivamente lo spazio da intimo e privato è diventato pubblico, ed è proprio grazie a ciò che le occasioni riemergono e si moltiplicano secondo lo scrittore. Montero nel Paese natale ha fondato la compagnia teatrale La Matrioska, che con i suoi spettacoli si impegna a diffondere la memoria e le usanze cilene tra il grande pubblico, e dirige con i medesimi intenti anche la Scuola di Letteratura e Tradizione Orale Casa Contada.
L’empatia del passato: Georgi Gospodinov al Festivaletteratura di Mantova
«Il romanzo non è morto.» Così debutta Federica Manzon intervistando al Festivaletteratura di Mantova Georgi Gospodinov, lo scrittore bulgaro più conosciuto e apprezzato a livello mondiale che, come già affermato in una delle epigrafi a Fisica della malinconia, ribadisce come non ami i generi puri, rilanciando come il romanzo non sia “ariano”.
Per l’autore di Cronorifugio siamo macchine del passato, viviamo e nasciamo in esso. In perenne dialogo con il suo alter ego letterario, Gaustín, Gospodinov cerca di valorizzare e responsabilizzare il lettore. Ogni gesto che viene compiuto nel presente diventerà passato. Il senso di una vera tradizione che, contro i populismi, non è monumentale. La memoria, fil rouge nella sua produzione, sconfigge la propaganda e dona immaginazione, il vero traino della letteratura.
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I libri di Gospodinov sono costellati di storie, tempo e geografie. Come in Michele Mari, l’infanzia ricopre un ruolo decisivo, fondamentale. Tuttavia, riprendendo autori del calibro di Cărtărescu e Tokarczuk, accumunati dall’Europa dell’est, emerge il ritratto di una tradizione fatta di narrazioni corali, popolari, e la costante presenza della morte. E in Gospodinov, più che in altri, si connota però una vena ironica, capace di ridere anche di fronte al dolore e all’angoscia.
Un’introspezione che diventa sia analisi che arte. Definizione che troverà riscontro anche ne Il giardiniere e la morte, il suo prossimo volume, dedicato al padre, che uscirà in Italia la primavera prossima per Voland.
Immagine in evidenza: foto di © Festivaletteratura Mantova
Lorenzo Gafforini e Roberta Marini
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