Storie delle nostre verità

«Ieri» di Juan Emar

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«Ieri» di Juan Emar

Álvaro Yáñez Bianchi è stanco. Sfinito da un mondo artistico borghese e provinciale che sembra non lasciare via di fuga all’immaginazione. Circoscritto nei confini letterari cileni cerca ristoro presso le avanguardie europee, associandosi al gruppo dei surrealisti di André Breton. Quell’insofferenza alle convenzioni lo porta ad adottare il nome d’arte di Juan Emar, che suona pressappoco come J’en ai marre (“Sono stufo”).

Negli anni Trenta autopubblica tre libri suscitando scandalo in vari circoli letterari, non riuscendo però a ottenere il successo né della critica né del pubblico. Perfino Ieri, forse il più riuscito dei tre, non raccoglie il consenso sperato. Da quel momento Emar non pubblicherà più e fino alla sua morte, avvenuta nel 1964, si dedicherà a Umbral, opera-mondo di cinquemila pagine.

Come prospettato dallo stesso autore, il successo è arrivato solo postumo. Riconosciuto oggi come uno dei massimi scrittori latinoamericani, viene appellato come il precursore, fra gli altri, di Julio Cortázar e Juan Rulfo. Tuttavia, al di fuori dei paesi ispanici, non è ancora valorizzato come meriterebbe. In Italia, con grande merito di Safarà Editore, arriva per la prima volta Ieri, la sua opera più iconica, per la traduzione di Bruno Arpaia.

Il meraviglioso surrealista

Sarebbe inappropriato definire Ieri un romanzo. Come nella migliore tradizione surrealista, la forma romanzesca viene sublimata in ottemperanza al meraviglioso. La narrazione prosegue in maniera episodica, con capitoli che circoscrivono un’esperienza fuori dal comune con intenti assurdi e parodistici. Nulla sembra perdonare, compresa anche quell’immaginazione così ben descritta nel Manifesto del Surrealismo del 1924. Juan Emar sintetizza uno dei suoi tanti pensieri in merito:

E comparendo così – è stato questo il mio stupore, la mia sorte, la mia estasi, il mio delirio sommo –, ho visto, ho sentito, ho capito finalmente, la vita, la verità spoglia di tutto ciò che è ingannevole, sensazionale, diciamo meglio, di tutto ciò che la limita dentro un succedere inesistente.

Ambientato in un generico “ieri” nella città fittizia di San Agustín de Tango, il volume riporta le vicende e riflessioni di un uomo durante una giornata eccezionale che, tuttavia, non sembra costituire agli occhi di molti una reale novità.

Fra uomini ghigliottinati senza aver compiuto alcunché, scimmie cinocefale impegnate in inni, uno struzzo che con agilità da torero schiva l’assalto di una leonessa, divorandola. E poi, ancora, la fissazione di un amico pittore a ridurre tutta l’opera sua al colore verde, le paradossali scommesse della famiglia in un delirio macabro e sarcastico. Ogni episodio costringe il protagonista e la fedele moglie ad andarsene, quasi annoiati e attratti per inezia verso nuove avventure o obblighi che celano sempre e comunque un risvolto inaspettato dove la risata diventa uno scherno nei confronti della realtà. D’altronde, a dire di Juan Emar: «Nella realtà le cose accadono in una maniera molto diversa da quella che generalmente si racconta».

Le nostre verità, le nostre finzioni

I postulati della logica vengono stravolti e la pubblica morale viene tanto criticata quanto derisa all’insegna dei migliori racconti satirici. Le contraddizioni, gli atteggiamenti e pensieri stralunati spingono a rivoluzionare anche l’ordine temporale che, in compenso, diventa incredibilmente duttile e adattabile ai fini dell’autore.

Leggendo le folgorazioni di Juan Emar vengono alla mente i geniali sketch di Storie di cronopios e di fama di Cortázar. Per parafrasare Calvino con riferimento allo scrittore argentino, ma si può dire lo stesso anche di quello cileno, è inutile imbrigliare la scrittura di certi artisti in alcune definizioni teoriche, con il rischio poi solo di impoverirne la ricchezza psicologica. Un terreno fertile quello dei libri di Juan Emar, in cui, citando Cioran: «le nostre verità si distinguono a malapena dalle finzioni».

«Ieri» di Juan Emar: oltre il creazionismo poetico

Juan Emar in Ieri porta avanti l’idea del creazionismo poetico di Vincente Huidobro. Il letterato così crea nuova letteratura, con la sua voce è capace di creare alberi, strade, piazze, animali e uomini della sua San Agustín de Tango, ma senza avere l’apparente controllo di quello che la sua mente è capace di realizzare:

Se conoscessi il mio inconscio, quest’ultimo smetterebbe di essere tale. Se conoscessi i miei istinti, lo stesso. E si può concepire un uomo senza inconscio e al di là di ogni istinto? Se lo si può concepire, be’, confesso che non è ciò che succede a me, e quanto a essere io quell’uomo, non c’è neanche da dirlo o da insinuarlo. Conosco a stento ciò che mi svolazza per la coscienza. A stento, a stento. E, l’ho già detto, posso conoscerlo a condizione di passare accanto a quelle conoscenze, distratto, sfiorandole, contento di portarmi dentro, per tutta la vita, una nozione nebulosa, indefinita, di ogni cosa che mi sia passato per la testa di chiamare realtà.

Ieri (acquista) mantiene un’impressionante capacità di catalizzare l’attenzione del lettore, nonostante i pensieri forsennati del suo protagonista siano talmente logici da diventare irragionevoli. Ma è in questo gioco di specchi, continue contraddizioni e incontenibile creatività che si posiziona con incontrastata maestria Juan Emar. Dannatamente divertente, caustico, la sua è una critica dei modelli del XX secolo. Ma al contempo, come precisa Alejandro Zambra nella prefazione, è un autore destinato al futuro, per chi non è ancora arrivato. E noi non possiamo fare altro che cercare di leggerlo e goderlo in tutto il suo estro.

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Lorenzo Gafforini

Classe 1996, è nato e vive a Brescia. Laureato in Giurisprudenza, negli anni i suoi contributi sono apparsi su riviste come Il primo amore, Flanerì, Frammenti Rivista, Magma Magazine, Niederngasse. Ha curato le pièces teatrali “Se tutti i danesi fossero ebrei” di Evgenij Evtušenko (Lamantica Edizioni) e “Il boia di Brescia” di Hugo Ball (Fara Editore). Ha anche curato la raccolta di prose poetiche "Terra. Emblemi vegetali" di Luc Dietrich (Edizioni Grenelle). Le sue pubblicazioni più recenti sono: la raccolta poetica “Il dono non ricambiato” (Fara Editore), il racconto lungo “Millihelen” (Gattomerlino Edizioni) e il romanzo “Queste eterne domeniche” (Robin Edizioni). Partecipa a diversi progetti culturali, anche in ambito cinematografico.

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