La città incerta e narrativa di Haruki Murakami

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La città e le sue mura incerte segna il ritorno in libreria di Haruki Murakami, uno degli autori più importanti attualmente in vita nel panorama internazionale. Celebre per la capacità di commistionare il realismo magico con una profonda introspezione, con questo nuovo romanzo ha riconfermato l’originalità della sua scrittura.

Infatti, La città e le sue mura incerte è un’opera che spinge il lettore in una dimensione particolare, a metà fra il sogno e la realtà, unendo con profonda consapevolezza e maestria più stili e punti di vista.

Un universo onirico profondamente realista

Murakami costruisce attraverso la sua scrittura una vicenda che è molto complessa. Troviamo immediatamente un narratore in prima persona, la cui focalizzazione appare limitata, che racconta al presente come in adolescenza si sia innamorato di una ragazza. Con lei si scambia lettere le cui tematiche sono molto particolari: partono dai sogni che fa, fino ad arrivare all’idea di una città. Il sogno è un elemento costante che viene trattato da varie angolazioni, dalla banalissima idea di non ricordarsi i sogni fino alla profonda importanza conferita a essi.

Non riuscire a tenere un diario, ma a fare il resoconto dei sogni sì, è come dichiarare pubblicamente che quanto mi accade nei sogni ha per me più importanza della vita reale.

La narrazione al presente si alterna, tuttavia, ad un racconto al passato remoto, come se ci fossero più vicende o più narratori. Il protagonista non ha un nome, in quanto la stessa vaghezza ha, in questo libro, il ruolo principale. La sospensione dell’incredulità, in cui Murakami è maestro, fa sì che anche se le conversazioni e le lettere tra i due innamorati, unite a questa narrazione alternata, risultano quasi incredibili, il lettore è là dentro. Vive la vicenda come sua, la interiorizza per tutto il tempo.

Soprattutto chi conosce già Murakami, può appassionarsi molto a questa storia. Si toccano punti spesso presenti nella sua scrittura. Innanzitutto, l’universo onirico che si crea grazie a una sola persona, l’idea di doppio, la ricerca di identità, il pellegrinare: la ragazza che il protagonista conosce gli dice che in realtà quella che lui vede di lei è un’ombra, ma la vera lei vive in una città. Da qui parte un viaggio del protagonista che, come accade ad esempio nel romanzo L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio non è mai un viaggio fisico, bensì interiore.

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La città come simbolo e meta

La città, posta al centro della storia, è un’allegoria difficile da comprendere, eppure così profondamente chiara grazie a una scrittura scorrevole ed efficace. Murakami è in grado di rendere universale il particolare, perfino in piccole domande e dialoghi all’apparenza banali. Il modo che ha di rendere e visualizzare la città, alla luce del nostro universo contemporaneo, è quantomeno interessante.

L’idea di città si lega nella modernità a quello di progresso e spesso di alienazione. Fin dalla cruda Gotham di jokeriana memoria, l’oscurità e la pericolosità di una città è diventata secondo la communis opinio quasi una cosa ovvia. Se pensiamo per esempio a Milano, con l’inquinamento e la sua confusione, possiamo abbracciare un’idea di città in cui più che ritrovare la nostra identità, potremmo perderla nel caos delle moltitudini che la caratterizzano. La condizione alienante della città è un topos letterario fin dalla fine dell’800, per poi confluire anche nel cantautorato italiano con la via Gluck di Adriano Celentano o la riflessione di Giorgio Gaber in merito.

È quel “Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine” che dice Novecento nell’omonima opera di Alessandro Baricco, quando, lui nato e cresciuto su una nave, è spaventato dall’immensità del mondo e decide di rimanere lì, anche a costo di morire. Anche in questo caso, Murakami quando parla di città racconta di mura incerte, quindi di una immensità che potrebbe, effettivamente, inquietarci. Così come inquieto, nostalgico e doloroso risulta a tratti il tono usato nella narrazione.

Non esiste nessuno che non abbia dei segreti. I segreti sono qualcosa di cui abbiamo bisogno, per vivere in questo mondo. Non è così?

Siamo solo un’ombra?

Ma la città di Murakami non è come quella che vive Joker, anzi, è più simile alla Trieste di Umberto Saba. Essa nella poetica sabiana è simbolo di autenticità e identità: nella città vecchia è possibile rintracciare una comunità umana fatta di diversi tipi di persone, una moltitudine che quindi non aliena. Allo stesso modo, la città dalle mura incerte contiene la vera identità della ragazza: quella che si trova nel mondo che il protagonista conosce, è soltanto un’ombra.

È chiaro che in questa dicotomia non sia difficile rintracciare la classica tra corpo e anima, tra maschera e volto, poiché il doppio è sicuramente altrettanto un topos letterario. Tuttavia, dietro l’idea di ombra è possibile rintracciare molto altro. La ricerca, quindi, di una identità che parte dal dialogo con l’altro. Infatti, per trovare la vera lei e il vero sé, il protagonista incontra personaggi particolari, dietro ognuno dei quali è possibile rintracciare il simbolo di qualcosa di più profondo. Anche e soprattutto con questi incontri e con le conversazioni si costruisce questa città.

Le parole e gli autori citati durante questi incontri costruiscono un dialogo diretto tra la scrittura di Murakami e quella occidentale e mondiale. Non si tratta tuttavia solamente di conversazioni simboliche, ma anche di vere e proprie descrizioni delle bizzarrie di una città con atmosfere uniche.

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La lettura come meditazione

L’ombra della donna di cui il protagonista è innamorato non svolge nella città dalle mura incerte un mestiere qualsiasi. È una bibliotecaria, gli dice, e se vorrà lui potrà essere il “Lettore dei sogni”. Interpellare direttamente in un romanzo il rapporto tra autore e lettore è assai originale, per quanto non una completa novità. Pensiamo a Italo Calvino con la sua letteratura combinatoria: anche lui in Le città invisibili immerge il lettore in un contesto meditativo in cui la città non esiste realmente, ma attraverso il viaggio della lettura la si esplora.

Anche qui, La città e le sue mura incerte è una lettura impegnativa perché il protagonista vero è il lettore, che deve cercare di ricostruire qualcosa che non è chiaro fino in fondo, una lettura che richiede attenzione e introspezione. Tuttavia, specie all’inizio, i dialoghi sono estremamente scorrevoli. Murakami riesce a equilibrare la matrice sicuramente impegnativa e meditativa che sta alla base del suo ultimo lavoro, con un impianto dell’opera può scorrevole, fatto di dialoghi divertenti e d’impatto.

Forse perché è la vita stessa a essere così: una consapevolezza di incertezza e di ombra dove però ricerchiamo nelle parole e nel modo di raccontarci un senso. Per questo motivo, leggere La città e le sue mura incerte (acquista) è quasi come una meditazione costante che ci ricorda come un buon libro non necessiti per forza di complicati espedienti, ma possa reggersi benissimo sulla capacità narrativa dell’autore.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. Ha un master in giornalismo, è docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale. Autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

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