Luigi Pirandello è uno degli autori più importanti della storia della letteratura. Durante la Prima Prova dell’Esame di Stato di quest’anno ha trovato spazio con uno dei suoi romanzi più significativi: Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925). Oggi ricorre anche l’anniversario della sua nascita, avvenuta il 28 giugno 1867 a Girgenti, oggi Agrigento, in una Sicilia intrisa di tradizioni antiche che ha analizzato con fermezza e consapevolezza.
Le contraddizioni della realtà tra letteratura e scienza
Crescendo, come disse lui stesso, dal “caos” (nome della sua casa natale), Pirandello sviluppa presto una sensibilità acuta verso le contraddizioni e le complessità dell’animo umano. La sua opera, poliedrica e innovativa, si estende dal romanzo al teatro, affrontando con acume la questione dell’identità e della percezione della realtà e del sé alla luce delle nuove teorie psicanalitiche e psicologiche dell’epoca. Non solo, come si crede, Sigmund Freud, che l’autore non lesse mai, ma anche Alfred Binet. Le nuove scoperte sull’io e la sua frammentarietà e indefinibilità influenzano l’autore nell’analizzare maschere e contraddizioni del mondo e della società.
Pirandello sfida la nozione di una verità oggettiva, proponendo invece la realtà come una costruzione soggettiva, modellata dalle percezioni individuali, cosa che va a pari passo con gli scenari scientifici dei primi anni del 1900 (anzi, spesso addirittura li anticipa). Nel 1905 fu Albert Einstein a postulare La teoria della relatività ristretta, successivamente sarà poi nel 1927 Werner Karl Heisenberg a enunciare il Principio di indeterminazione, che mette in dubbio l’idea di una conoscenza certa e sicura della realtà. Questa crisi del conoscibile e della propria identità trova eco nel pensiero esistenzialista, secondo il quale la verità non è un’entità fissa, ma una costruzione personale e contingente.
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La cinepresa come metafora della modernità
Quaderni di Serafino Gubbio operatore è un romanzo che incarna perfettamente anche un altro elemento fondamentale per il pensiero di Pirandello: la critica dell’autore alla disumanizzazione nella società moderna. La storia segue Serafino Gubbio, un cameraman che lavora per una compagnia cinematografica. Attraverso la lente della sua cinepresa, il protagonista diventa un testimone distaccato della vita che si svolge davanti a lui, registrando meccanicamente gli eventi senza mai partecipare attivamente.
Tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita, non può produrre ormai altro che stupidità. Stupidità affannose e grottesche! Che uomini, che intrecci, che passioni, che vita, in un tempo come questo? La follia, il delitto, o la stupidità. Vita da cinematografo!
Gubbio è emblematico dell’alienazione dell’individuo nel mondo moderno. Il suo ruolo di osservatore passivo lo priva di qualsiasi potere o capacità d’azione, riducendolo a un mero strumento tecnologico. In un’epoca in cui il dibattito sulla tecnologia per noi è all’ordine del giorno, risulta quantomeno appropriato che agli Esami di Stato questo romanzo abbia trovato una tale risonanza. Ovviamente, anche il concetto pirandelliano di maschere e di doppio, che raggiunge il massimo splendore nell’opera Il Fu Mattia Pascal trova spazio in questo romanzo: l’incapacità del cameraman di intervenire nei drammi umani che filma sottolinea la distanza tra l’esperienza autentica e la sua rappresentazione, anche la stessa cinepresa è un simbolo efficacissimo di ciò che vediamo davvero e ciò che viene rappresentato. Si tratta, chiaramente, di una potente metafora della modernità: uno strumento che cattura la realtà in modo approssimativo e frettoloso, senza cogliere la profondità e la complessità dell’esperienza umana.
Alienazione tecnologica e spersonalizzazione dell’individuo
Quaderni di Serafino Gubbio operatore si distingue per la sua sorprendente attualità. Esplorando temi come l’alienazione tecnologica, la spersonalizzazione dell’individuo e la complessa relazione tra realtà e rappresentazione, l’opera anticipa molte delle sfide che affrontiamo nel mondo di oggi. Nel romanzo, la cinepresa di Gubbio cattura la vita in modo meccanico e superficiale, cosa che ricorda la crescente preoccupazione per la “virtualizzazione” della vita, dove la realtà è spesso mediata e distorta dai social e dagli smartphone, dal desiderio di registrazione e riproduzione. Del resto, siamo continuamente ripresi: dai video sui social media ai filmati di sorveglianza, fino ai satelliti di Google Maps, come mostra in maniera egregia il film The Truman Show, che rimanda ovviamente anche al Grande Fratello di 1984 di George Orwell. Queste tecnologie ci permettono di documentare e rivedere la nostra esistenza, sono risorse irrinunciabili, ma allo stesso tempo rischiano di ridurre la nostra esperienza a semplici immagini o dati e diminuire la nostra umanità.
La trama del romanzo culmina, del resto, in una scena sconvolgente in cui un attore viene ucciso da un leone durante una ripresa. Invece di intervenire, Gubbio continua a filmare l’evento tragico, riflettendo l’atteggiamento distaccato e disumanizzante che la tecnologia può imprimere sull’esperienza umana. Questo evento drammatico evidenzia il tema centrale del romanzo: la tensione tra la vita reale e la sua rappresentazione attraverso la lente della macchina. Quantomeno appropriato se pensiamo alla nostra epoca, intrisa di eventi immortalati e mai vissuti, di incidenti che avvengono sotto i nostri occhi in cui decidiamo di filmare con uno smartphone invece di intervenire ad aiutare. Chiaramente, Pirandello non voleva operare una critica alla cinepresa, essendo il progresso tecnologico non ancora così invasivo, quanto usarla come metafora.
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L’indifferenza generata dalla tecnologia
Nella società odierna, tuttavia, il romanzo risuona in modo diverso e tira in ballo ben altri elementi: attualmente, la tecnologia pervade ogni aspetto della nostra vita, dai social media che mediano le nostre interazioni sociali, alle macchine che svolgono sempre più ruoli nel nostro lavoro quotidiano. In questo momento si sta leggendo questo articolo da un telefono probabilmente, velocemente, distrattamente, per le altre mille cose che la tecnologia fa per noi. Positive, certo, ma che alimentano spesso una sensazione di distacco e distanza dagli altri, data da un modo di vivere senza dubbio più veloce, più alienante, che Gubbio stesso sperimenta. Lo sappiamo che l’automazione e l’intelligenza artificiale minacciano di ridurre le persone a funzioni puramente meccaniche che non mediano l’intervento umano, ormai. Crescente è il timore che queste ci sostituiscano totalmente, se non ci ricordiamo che si tratta di strumenti nelle nostre mani, se non ci trasformiamo in macchine noi stessi.
L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s’è messo a fabbricar di ferro, d’acciaio le sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse. Viva la Macchina che meccanizza la vita!
Gubbio, con la sua cinepresa, rappresenta quindi oggi l’uomo contemporaneo, nonostante il prossimo anno questo romanzo compirà un secolo. Con l’avvento dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, la paura di essere ridotti a semplici ingranaggi in una macchina più grande è più attuale che mai. La visione di Pirandello di un mondo dove la tecnologia può alienare e disumanizzare continua a offrire una riflessione potente sulle sfide del nostro tempo.
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