Prosegue l’attività editoriale di WoM Edizioni con la pubblicazione de La rivolta degli appesi, quinto romanzo del “ciclo della coaba” di B. Traven. Nonostante il volume sia parte di un’ideale saga sulla situazione disumana dei lavoratori nelle monterías messicane agli inizi del Novecento, l’opera di B. Traven si può leggere autonomamente.
Un romanzo corale che ha inizio con la tragedia familiare del povero Cándido, indiano tzotzil, che si indebita nel vano tentativo di salvare la moglie da un’appendicite acuta. È così che un agricoltore umile, impiegato per l’intera vita a coltivare un terreno arido e senza prospettive, si trova a lavorare per pochi pesos in una montería. Circondato da centinaia di suoi simili, Cándido porta con sé i due figli e i suoi pochi e poveri averi. Si unirà a lui anche la sorella minore Modesta, figura principe di resistenza e dedizione.
«La rivolta degli appesi», un’analisi socio-politica
La situazione di Cándido è però solo l’inizio. Ne La rivolta degli appesi B. Traven empatizza con il suo personaggio, ma rimane consapevole che il suo dramma coinvolge numerosi sventurati. Le persone sono così accumunate da un destino senza possibilità di riscatto, in balia degli umori e del profitto dei loro padroni. Costretti a produrre quattro tonnellate di mogano al giorno e con dei magri pasti, i lavoratori sono ridotti all’estremo.
Situazioni assimilabili alla schiavitù, dove i soprusi abbondano. Una violenza fisica, quindi, che si connota in spietate torture: fra tutte – e qui il richiamo al titolo – emerge quella in cui il disgraziato viene appeso per ore ad un albero. L’agonia è, inoltre, aumentata dalle condizioni climatiche estreme, contraddistinte da caldo, umidità e soprattutto dalla presenza di insetti parassiti. B. Traven scrive:
Appenderli […] non lasciava sugli uomini ferite capaci di ostacolarne il lavoro, tuttavia restava, con eccellenti risultati, la paura di dover rivivere ore spaventose, ore che divenivano un’eternità, piene di un costante terrore: nel bel mezzo dell’oscurità non ci si poteva accorgere dei pericoli, e se qualcosa li avessi minacciati, si sarebbero trovati indifesi.
La rivoluzione aleggia però in diverse parti del Messico e la dittatura di Porfirio Díaz sta giungendo al suo epilogo. La rivolta degli appesi è quindi un romanzo storico intriso da una profonda critica sociale e politica avvallata da ricche e utili descrizioni sulla struttura sociale dell’epoca.
Lottare per la rivoluzione
Altri personaggi popolano il romanzo di B. Traven. Fra tutti risalta Celso, anche lui ridotto a lavorare per anni nella montería per riscattare un debito del padre. Tolto dalle braccia della sua fidanzata, lavora strenuamente senza però perdere del tutto la sua indipendenza. Solo con l’arrivo in montería di alcuni rivoluzionari vi sarà la svolta. Fra tutti emerge Martín Trinidad, docente che fino a quel momento ha dedicato la sua vita a iniziare giovani e anziani alla cultura, mostrando loro che esiste un’alternativa.
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D’altronde le idee rivoluzionarie stanno dilagando in Europa e vengono importate in tutto il resto del mondo. Il Messico, in particolare, risulta un terreno fertile per il proliferare di certi ideali. Le persone sono sinceramente mosse da principi di uguaglianza e libertà e la loro tradizione vuole che questi si sostanzino in un ambiente pacifico, dove ognuno è libero di coltivare la propria terra senza sottostare al volere di nessuno:
Vogliamo terra e libertà, e se la vogliamo dobbiamo andare a cercarcele dove le troveremo e lottare per esse, ogni giorno, per conservarle per sempre. Non abbiamo bisogno di altro. Se avremo terra e libertà, avremo tutto quello di cui un uomo ha bisogno in questo mondo, incluso l’amore.
Un esercito di diseredati che sogna un mondo migliore per se stessi e la propria famiglia. A proposito il poeta brasiliano Murilo Mendes in Poema dialettico scrive:
Tutto nell’universo cammina, e cammina per aspettare:
la nostra esistenza è una vasta attesa
dove il principio e la fine si toccano.
La terra dovrà essere ripartita fra tutti.
E restituita in tempo all’antica armonia.
Tutto cammina verso l’architettura perfetta:
l’aurora è collettiva.
Per i nostri figli e per quello che sarà
Al centro de La rivolta degli appesi troviamo l’incessante desiderio di ricongiungersi ai propri cari e consegnare alle generazioni future qualcosa di onesto. Un popolo di oppressi che, stanco delle discriminazioni dei padroni bianchi e dei ladinos, opta per la rivolta. Una missione che, però, trova inevitabilmente delle resistenze fra i conservatori e l’ordine costituito. D’altronde – per riprendere le parole di Ricardo Flores Magón – «non vi è alcun rivoluzionario, nel senso sociale della parola, alcune riformatore che non sia stato attaccato dalle classi dominanti del suo tempo di essere utopista, sognatore e illusionista».
In B. Traven vi è innanzitutto consapevolezza. Pubblicato per la prima volta a Zurigo nel 1936, La rivolta degli appesi, oltre a rendere partecipi gli Europei della situazione oltreoceano, smuove gli animi delle persone. I tempi di Díaz sembrano lontani non solo geograficamente ma anche temporalmente; eppure le dittature che porteranno al secondo conflitto mondiale si stanno minacciosamente imponendo.
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L’autore scrive sotto pseudonimo; e nonostante le varie congetture ancora oggi non si conosce la sua identità. Una particolarità editoriale che, tuttavia, mostra un uomo in tutta la sua coerenza e umiltà. Un cantore della rivoluzione, la cui missione è quella di riconciliare l’uomo con se stesso disvelandone le atrocità.
Ne La rivolta degli appesi (acquista) B. Traven riesce a plasmare il Messico in tutta la sua forza e sofferenza. Un affresco nitido e crudele – per usare le parole di Juan Rulfo – di «questo paese […] pieno di echi. [Dove] ti sembrano rinchiusi nel vuoto delle pareti o sotto le pietre. Quando cammini, senti che ti calpestano i passi».
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