Pubblicato negli Stati Uniti nel 2023 e arrivato in Italia nel marzo scorso per Bompiani, Nel vasto mondo selvaggio è il quinto libro di Lauren Groff, ormai affermata e amata per i suoi romanzi storici dirompenti e lirici. Ambientato nella Virginia coloniale, Nel vasto mondo selvaggio racconta la storia di una fuga in solitaria, che porta la protagonista a trovare rifugio e ad affrontare quei vaster wilds che danno il nome alla storia. La protagonista è, per tutta la durata del suo viaggio, sola. La accompagnano i fantasmi e i ricordi che la inseguono, spietati.
«Nel vasto mondo selvaggio»: una trama di ricordi
Come il pesante corpo del pesce che emerge dal fiume gelato per sfamare la ragazza, i ricordi, traumatici e affilati, riaffiorano. Sono ricordi di sangue, di liquidi corporei, di umori e di odori che hanno popolato e permesso la formazione della protagonista. La sua storia riemerge un po’ alla volta, mentre la protagonista si allontana progressivamente dalla civiltà che ha scelto di lasciarsi alle spalle.
Si scopre presto che la protagonista, abbandonata alla nascita, non ha davvero un nome tutto suo, ma solo un ventaglio di appellativi che le vengono appioppati dai suoi padroni. Zeta – così la chiamano alcuni, perché il suo destino è quella di essere l’ultima, la meno rilevante – conosce la peste in orfanotrofio. Forzatamente istruita alla cura degli altri, verrà acquisita da una famiglia nobile, e diventerà la balia di Bess, la vulnerabile figlia della sua padrona.
Si sarebbe data un nome nuovo, scaturito dalla sua lotta in quella nuova terra. Trovava sbagliato viaggiare in quella natura selvaggia senza un nome; era come camminare nel mondo priva di pelle. Ma nessuno dei nomi che le vennero in mente le sembrò quello giusto, e ben presto la febbre e il cammino cancellarono quell’idea dalla sua mente, e continuò così a spostarsi nelle lande selvagge senza un nome, senza un padrone.
È per poter continuare a prendersi cura di Bess che sopporta le angherie e le ingiustizie che le vengono inflitte quotidianamente dal marito della padrona. È per accompagnare Bess che accetta di salire sulla nave che li porterà verso il Nuovo Mondo. E sarà per proteggere Bess che si macchierà del peccato peggiore, accettando su di sé la rabbia del suo Dio. Con le mani sporche di sangue, la ragazza senza nome fugge nella natura selvaggia.
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La sua forza vitale, che le permette di superare di volta in volta la fame e i dolori che la natura le impone, la porta prima a fuggire e poi a sopravvivere nella natura più indomita. Quello che è più straordinario, però, è l’accostamento costante nel romanzo di dolore e bellezza, che invece di contraddirsi rendono sopportabile e danno un senso alla fuga della ragazza.
Crudele e accogliente, riottosa e dolce, la natura selvaggia è l’altra grande protagonista di questo romanzo. È una natura ancora viva e, quasi sempre, libera dal dominio dell’uomo, che ancora la lascia essere, che ancora la lascia respirare. Colma di contraddizioni, apparentemente indifferente al destino dell’uomo che si sposta dentro di lei, la natura è molto più di un semplice sfondo. Popolata di bestie – umane e non – la natura di Nel vasto mondo selvaggio è insieme potenziale assassina e potenziale asilo.
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Eppure, nonostante le difficoltà implicate dal selvaggio, la protagonista non ha dubbi: preferisce di gran lunga la sua fuga, che potrebbe finire tra le fauci di un orso affamato, rispetto al suo passato di serva. Sconvolta dalla cattiveria di cui è stata testimone nella sua vita prima, la ragazza arriva ad augurarsi di essere l’ultima superstite della sua specie. In preda alle allucinazioni della fame e della sete, le sembra possibile – e bellissimo – che la peste abbia sterminato il suo villaggio, facendo pulizia, disinfettando il nuovo continente ed eliminando quella forma di vita parassita che ha conosciuto nell’essere umano.
Il dio della mia gente è mosso da una fame che si sazia soltanto con la dominazione. La mia gente dominerà finché non resterà più niente, poi mangerà se stessa. Io non sono una di loro. Non voglio esserlo.
Luci e ombre
Poetica ma mai idilliaca, Nel vasto mondo selvaggio (acquista) è un’opera dura e realistica, che non perde mai di vista il contesto storico in cui si situa, quello del colonialismo che si giustifica nella religione. Nonostante la crudeltà degli avvenimenti e la durezza delle immagini proposte da Groff, al centro del romanzo è la bellezza del mondo. Non c’è momento di sopraffazione che non sia seguito da una rinnovata e travolgente presa di consapevolezza della poesia che è insita, più che nel vasto mondo selvaggio, negli occhi della protagonista che lo guarda.
Colma di rabbia e di speranza, Zeta sa che è peccato non amare la vita, non rendere grazia della creazione. Unica, forse, tra i suoi, a possedere un autentico spirito religioso, non lascia mai che la paura la accechi alla grandiosità della natura selvaggia. Anche tormentata dalle ulcere e dai predatori che annusano in lei una potenziale preda, non abbandonerà la sua missione, quella di amare e vivere pienamente fino all’ultimo istante.
Oh, pensò, aveva permesso che la fame e la febbre si divorassero la bellezza del mondo. E era contenta, adesso, perché aveva superato la fine dell’inverno, perché la buona e fruttuosa primavera era ormai arrivata.
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