Di padri e di figli

«Anatomia della battaglia» di Giacomo Sartori

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«Anatomia della battaglia» di Giacomo Sartori

Un padre e un figlio, nel mezzo tutto ciò che ne consegue. Silenzi, scontri, rapporti complessi, geografie di un affetto che non riesce a trovare una meta comune e si perde nel viaggio. Giacomo Sartori in Anatomia della battaglia, uscito per la prima volta nel 2005 e ora ripubblicato da TerraRossa Edizioni, esplora uno dei temi più complessi: la perdita di un padre. Una perdita lenta, quotidiana, scandita dai tempi di una malattia che non fa sconti a nessuno, ma che priva della vita giorno dopo giorno.

«Anatomia della battaglia»: la trama

Trentino, anni ‘70. C’è un padre, un uomo rigido, il cui fascismo – apertamente rivendicato – agisce più in termini esistenziali che politici. C’è una madre, apparentemente frivola e distante. C’è una figlia, in fuga fin da bambina. C’è un figlio che rifiuta l’insegnamento paterno, si allontana, entra nella lotta armata di matrice comunista, poi se ne distacca e va a lavorare nell’Africa del Nord. Lì si interroga sulle proprie scelte, sulle proprie azioni, sulle loro radici. Sulle battaglie che ha deciso prima di combattere, e poi di abbandonare. Mentre il figlio è in Africa, il padre si ammala di cancro. Anatomia della battaglia è un racconto di solitudini che si sfiorano, coesistono senza mai toccarsi davvero.

Mentre il corpo del padre resiste strenuamente alla morte, il protagonista cerca spiegazioni, fa i conti con il proprio passato, con la vocazione alla scrittura e la militanza nei gruppi di estrema sinistra, così agli antipodi rispetto alle posizioni politiche del padre. A fare da sfondo, le montagne. Luoghi di escursioni lunghissime, infinite, in cui la famiglia si spaccava e si ritrovava. Nel libro di Sartori, però, le vette trentine sono qualcosa in più, una metafora politica, per qualcuno anche di vita.

«La montagna, come il fascismo era dura e non perdonava, pretendeva  che si fosse coraggiosi e non guardava in faccia nessuno. Per la montagna si poteva morire, come per il fascismo. Faceva parte del gioco, e comunque era una morte bella e dignitosa».

Tra fascismo ed estremismo rosso

Come spesso accade, gli estremi si toccano e hanno anche lo stesso sangue. Da un padre dichiaratamente fascista, cresce un figlio che aderisce ai movimenti dell’estrema sinistra, quella più violenta, che si scaglia contro la polizia e tiene armi nel giubbotto. Ma la sensazione è quella che lui, il figlio, si tenga comunque sul bordo: partecipa alle varie azioni, addirittura a una rapina, ma aspetta in macchina, fa da autista, gronda sudore freddo e si sente paralizzato. Mentre i suoi compagni vengono arrestati, si chiude in casa, si nasconde, ha paura. Tra le righe non si scorgono slanci idealisti, moti rivoluzionari, e allora il lettore si chiede se quell’adesione passiva all’estremismo non sia una forma di ribellione familiare, un distanziamento da quel padre che, in ogni caso, non è mai stato vicino al protagonista.

«Per vari giorni vivemmo come topi assediati, aspettando che arrivassero. (…) E invece non si presentarono né il giorno dopo, né quello dopo ancora.  Per settimane, per mesi, tiravamo il fiato ogni volta che sentivamo dei passi sul ballatoio davanti alla nostra porta. Ma non successe niente. A un certo punto fu chiaro che Lenin non aveva fatto il mio nome. (..) Mio padre restò quindi dell’idea che in fondo, nonostante le mie tare, ero uno che finisce per cavarsela sempre».

Lo stile

Anatomia della battaglia (acquista) vide la luce la prima volta vent’anni fa, per l’editore Sironi. Per l’epoca fu considerato un libro innovativo, inquadrato agli albori dell’autofiction. Tuttavia, può essere considerato anche come un ipertesto: infatti, si può leggere partendo da un punto qualsiasi e in qualsiasi direzione. Con un ritmo narrativo omogeneo, anche se non sempre coinvolgente, Giacomo Sartori passa con grande scioltezza da fasi di formazione al ritratto di personaggi, fino a incursioni in un noir paradossale e spesso quasi allucinato, senza mai scivolare nell’autocompiacimento.

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Maria Ducoli

22 anni, studio linguistica a Venezia, leggo, scrivo e cerco di sopravvivere alla giornata.

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