Interviste sull’amore

«Dimmi di te» di Chiara Gamberale

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«Dimmi di te» di Chiara Gamberale

Quando Chiara diventa madre e si trasferisce in un quartiere “per bene”, il Quartiere Trieste di Roma, iniziano ad affiorare molte domande: perché lei è rimasta sola a crescere una bambina e invece altri riescono a tenere salde le loro relazioni di coppia? Aveva davvero senso quel trasferimento o era un tentativo di fuga? Com’è che si cresce veramente?

Troppe domande: ancora nessuna risposta.

«Dimmi di te», un libro particolare

Quello che caratterizza questo libro, Dimmi di te, uscito per Einaudi nel 2024 nella collana Stile Libero Big, è la sua peculiare struttura a interviste.

In ogni capitolo infatti Chiara si interroga su un quesito e cerca la risposta nelle storie delle persone del suo passato che intervista. La protagonista di questa storia (che sembra tutta autobiografica) si trova tutto d’un tratto in una stasi: abituata a vivere in un’emotività ancora tutta giovanile, non appena si trasferisce con la figlia in un quartiere per famiglie “normali” non riesce ad avere più fiducia in nulla, nel suo futuro, nelle relazioni che hanno popolato l’adolescenza e la vita adulta. Come si riesce a crescere senza rinunciare a chi si è davvero?

E tu? Tu come hai fatto? A tenere insieme quello che ti fa splendere e quello che ti consuma, a scegliere, a puntare tutto su un solo momento, su quell’incontro? Come fai, giorno dopo giorno dopo giorno, a rimanere fedele alla tua scelta, a lasciare un po’ di spazio per lo sperpero senza però permettergli di svuotare tutto di significato? Dove la metti la rabbia che avevi, dove le metti le voglie, come lo nascondi il terrore di invecchiare e la preghiera che, se deve succedere, che succeda subito, senza obbligarti prima a prendere delle decisioni? Dimmi di te.

Le interviste

E quindi Chiara cerca di dare una risposta a tutte queste domande, alle sue “quisquilie”, attraverso il dialogo e il confronto con l’altro. Lo fa partendo dai suoi amori passati, ma anche da vecchie amicizie, o persone conosciute di sguiscio ma che ritiene significative. E quindi inizia dall’intervista a Raffaello, che sembra avere una famiglia perfetta ma ammette la fatica e la necessità di avere una sorta di intelligenza emotiva per far funzionare le relazioni.

Dopo l’incontro con Raffaello, però, avevo realizzato di avere bisogno proprio di persone su cui, negli anni, non potevo essermi fatta un’opinione; dovevo parlare con chi avevo ormai perso di vista, ma che, attraversando quel pezzo fatale della mia vita, l’aveva illuminato, indicandomi una direzione.

Ogni persona intervistata è diversa e peculiare a modo suo, e per questo Chiara non trova mai una risposta certa alle sue domande – ma attraverso il confronto riesce in un certo qual modo a ridimensionare la portata delle sue domande e forse a esorcizzare la paura della solitudine e dell’incapacità di amare.

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La relazione con la figlia

Lo sfondo costante di queste interviste è la relazione con la figlia, con la quale Chiara deve in un certo qual modo tagliare il cordone ombelicale. E così inizia a concedere a Bambina dei weekend sola con il padre, che prima vedeva solo per qualche ora. Nonostante la relazione genitoriale sembri disgiunta in un primo momento dai quesiti che affronta il romanzo, Chiara ci porta a scandagliarne comunque il significato, facendoci comprendere quanto in realtà ogni forma d’amore contribuisca al completamento della nostra persona, e che la dipendenza affettiva può determinare in ogni momento il futuro delle nostre relazioni sociali.

Ero felice?

Sono felice?

Talmente felice che ho affondato la faccia nel cuscino della camera di quell’albergo a Palermo e ho cominciato a piangere. A piangere, a piangere.

«Ho pianto tutto, pure quello che non capivo».

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La perdita dell’amicizia

In un universo di protagonisti tra i più disparati (oltre a Raffaello troviamo Ivan, che sembra vivere una vita che non gli appartiene; Riccarda Seratoni, diventata madre di un figlio disabile e mai appagata sentimentalmente; Paloma, che preferisce non farsi intervistare perché ha vergogna di chi è diventata; e infine l’amore della giovinezza di Chiara: Stefano, che vive a Reykjavík), alla fine di Dimmi di te (acquista) Chiara riesce a far emergere ciò che del suo passato è più doloroso: la perdita di un’amicizia.

E lo confida proprio a Stefano, l’amore passato ma che passato non è, di come Grazia, la sua amica del cuore, abbia deciso di togliersi la vita nonostante una vita apparentemente perfetta.

È dunque attraverso la rielaborazione del passato che forse Chiara riesce a darsi delle risposte sul futuro. E attraverso forse la comprensione che c’è una fatica sotterranea sempre, a tenere saldi i legami. Che nulla è scontato o donato, ma che va tutto in un certo qual modo conquistato.

Storie d’amore, tutte.

Tutte patologie elette a sistema.

Processi d’adattamento, alla morte di chi abbiamo amato o alla vita che viviamo… Tentativi di fare quadrare il cerchio, di tenere insieme il batticuore con le paure e con i giorni tutti uguali, di non rinunciare a quello in cui crediamo, di restare aperti a quello in cui potremmo credere e ancora non conosciamo.

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Ester Franzin

Lettrice incallita, amante della letteratura e della lingua italiana in tutte le sue declinazioni. Classe 1989, è nata in un paesino della Pianura Padana. Si è laureata in Storia dell’Arte a Venezia e poi si è trasferita a Rimini, nel cuore della Romagna. Ha frequentato la scuola Holden di Torino e pubblicato il suo primo romanzo «Il bagno di mezzanotte».

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