Un estremo atto d’amore

«Dove non mi hai portata» di Maria Grazia Calandrone

9 minuti di lettura
«Dove non mi hai portata» di Maria Grazia Calandrone

Tra le opere che concorrono al Premio Strega 2023 figura Dove non mi hai portata di Maria Grazia Calandrone, uscito lo scorso ottobre per la collana Supercoralli di Einaudi. Il romanzo è stato proposto da Franco Buffoni con la seguente motivazione:

Propongo la candidatura del romanzo Dove non mi hai portata di Maria Grazia Calandrone, Einaudi 2022, per il Premio Strega 2023 per due fondamentali motivi: la tenuta stilistica che non viene mai meno nelle 247 pagine del volume; la capacità dell’autrice di coinvolgere il lettore in una vicenda storica e umana al calor bianco […] riuscendo a ricostruire ambienti e situazioni in modo altamente poetico pur se finemente realistico, e dando dei propri genitori biologici tesi verso una tragica fine un ritratto nitido, al contempo profondamente partecipe, ferocemente oggettivo e emblematico nella sua attualità.

Non è la prima opera autobiografica di Maria Grazia Calandrone, e nemmeno la prima che concorre al Premio Strega. Nel 2021 l’autrice era stata tra i semifinalisti del prestigioso premio con Splendi come vita (Ponte alle Grazie, 2021), in cui raccontava il rapporto con la madre adottiva Consolazione. Protagonista di Dove non mi hai portata è invece Lucia Galante, la sua madre biologica, morta tragicamente a soli ventinove anni.

«Dove non mi hai portata», la storia di Lucia

Lucia nasce nel 1936 in un paesino del Molise e la sua vita sembra destinata a seguire una traiettoria voluta dagli altri, a cui lei può solo adeguarsi. A causa della guerra, inizia a frequentare la scuola solo intorno ai dieci anni, ma dopo la seconda elementare è costretta ad abbandonarla malgrado i buoni risultati – impensabile, per una famiglia contadina dell’epoca, investire risorse per far studiare una figlia femmina.

Il destino di Lucia è il matrimonio, ma quando Tonino, un giovane da anni innamorato di lei – e ricambiato – chiede la sua mano, riceve un secco rifiuto dal padre perché troppo povero. Umiliato, Tonino rinuncia, si trasferisce lontano e sposa un’altra donna, anche se non dimenticherà mai il primo amore. E Lucia? Viene costretta dalla famiglia a sposare un uomo gretto, Luigi Greco detto Centolire, che la maltratta e non mostra il minimo interesse nei suoi confronti. Addirittura, il matrimonio non sarà mai consumato.

La ribellione di una donna in un’Italia senza divorzio

Siamo nei primi anni Sessanta e Lucia non ha nessun modo lecito per sottrarsi alla sua vita infelice: il referendum sul divorzio si terrà infatti solo nel 1974. All’epoca, i matrimoni erano davvero per la vita – perlomeno, per chi non disponeva delle possibilità economiche per farli annullare. Eppure, nella vita di Lucia succede qualcosa di impensato, che cambierà in modo irreversibile il suo destino. Incontra per caso un uomo, Giuseppe Di Pietro, di quasi trent’anni più vecchio di lei, con cui intreccia una relazione clandestina. È il primo amore che Lucia può davvero vivere e non limitarsi a sognare, e non intende rinunciarvi, costi quel che costi.

Molto presto la relazione con Giuseppe le presenta il conto. Capito come stanno le cose, per difendere il proprio onore Luigi denuncia i due amanti. E, soprattutto, Lucia rimane incinta di Giuseppe. Non può fingere che il bambino sia del marito, che non l’ha mai sfiorata; la gravidanza diventa per lei l’occasione di fuggire nella lontana Milano e provare a rifarsi una vita con Giuseppe.

Leggi anche:
Sono Ada, sarò D’aria

È proprio a Milano che, nell’ottobre del 1964, nasce la piccola Maria Grazia. Nella speranza di darle lo status di figlia legittima, Lucia le dà il cognome di Luigi, pur sapendo che lui non la riconoscerà mai. Ma i mesi passano e Lucia e Giuseppe si rendono presto conto della realtà: su di loro grava una denuncia, non potranno mai vivere una vita che non sia di espedienti. Non potranno mai dare alla loro bambina il futuro che merita.

L’indagine di Maria Grazia Calandrone

A fine giugno del 1965, dopo aver abbandonato la piccola Maria Grazia nel parco romano di Villa Borghese, Lucia e Giuseppe si suicidano gettandosi nelle acque del Tevere. Ed è proprio a partire da questo fatto di cronaca, che all’epoca scosse l’opinione pubblica, che Maria Grazia Calandrone – divenuta scrittrice e decisa a scoprire la verità sui suoi genitori biologici – si lancia in una vera e propria indagine. Si documenta, parla con le persone che hanno conosciuto Lucia e Giuseppe, tenta di ricostruire la loro storia e le loro ultime ore di vita.

Dove non mi hai portata diventa, così, un libro che rappresenta un unicum: la ricostruzione minuziosa di un fatto di cronaca e al contempo un’opera profondamente intima per l’autrice, che quasi sessant’anni fa è stata protagonista inconsapevole di una vicenda straziante. È un libro che denuncia un’epoca in cui i diritti delle donne erano ancora prossimi allo zero; un’epoca che sembra distante, e invece era solo pochi decenni fa. Se Lucia si è sentita in trappola, se ha visto la morte come unica via di uscita, la colpa è solo di una società profondamente maschilista, che l’ha ingabbiata fin dalla nascita, e a cui lei ha provato a ribellarsi invano. Ma il destino aveva in serbo per lei qualcosa di inaspettato: che un giorno fosse sua figlia a proseguire la sua storia, come afferma la stessa Calandrone in quelle che forse sono le righe più toccanti del libro:

«Greco», patronimico del suo carceriere, è l’ultima parola che è costretta a scrivere da viva. Oh, se aveva sperato di sfuggirgli! Ma non era finita la tua pagina, Lucia, e adesso scrivi, con le mani mie, la vita che hai già scritto col tuo sangue in me.

«Dove non mi hai portata», una storia intima dallo stile poetico

Dove non mi hai portata è un libro dal ritmo inizialmente lento, che si fa più incalzante con lo scorrere delle pagine. Maria Grazia Calandrone ha uno stile poetico, a tratti aulico, lontano da quello della maggior parte degli scrittori contemporanei, e che forse in un primo momento può spiazzare un po’ i lettori. Ma siamo di fronte a un romanzo a cui bisogna dare fiducia. Anche noi lettori, insieme all’autrice, ci addentriamo nella storia di Lucia e nel mistero della sua tragica fine, l‘unico luogo dove non ha voluto portare sua figlia.

Nel giugno del 1965 Lucia ha dedicato alla sua bambina un estremo gesto d’amore, nella speranza che la vita con lei potesse essere più generosa. E Dove non mi hai portata (acquista) è il modo in cui, a distanza di anni, Maria Grazia Calandrone sceglie di ringraziarla, fin dalla potentissima dedica: «Ogni cosa che ho visto di te, te la restituisco amata».

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l’impresa e specializzata in Traduzione. Caporedattrice di Magma Magazine, sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Dopo aver esordito nel 2020 con il romanzo «Noi quattro nel mondo» (bookabook), ha pubblicato nel 2023 la raccolta di racconti «Pretendi un amore che non pretende niente» (AUGH! Edizioni).

Lascia un commento

Your email address will not be published.