Il viaggio editoriale di Ultimo parallelo inizia nel 2007, anno in cui Filippo Tuena viene pubblicato da Rizzoli. La prima tappa è un volumetto bordato di tela nera, destinato, a detta dell’autore, a scomparire in maniera rapida e indolore «nella distratta attenzione generale».
Poi il distacco dalla casa editrice, l’uscita di catalogo, la riacquisizione dei diritti e la scelta di una collocazione specifica per i libri venturi: Il Saggiatore. Di qui la riedizione del 2013 a consacrarlo come uno dei romanzi più rilevanti del ventennio dopo sette anni dalla precedente, e precedendo di otto anni l’ultima nata: la 2021.
Dai ancora voce agli esploratori
La storia raccontata è presto detta: tra 1911 e 1912 Robert Falcon Scott e i suoi uomini muovono alla conquista dell’Antartide. Muoiono tutti, dal primo all’ultimo, allucinati e dispersi tra il bianco accecante. Non solo, perché la sconfitta viene protratta oltre i singoli corpi: a un passo dalla meta, i gentleman scoprono di essere stati vinti sul tempo dal norvegese Roald Amundsen e dalla sua squadra, meglio equipaggiata, più preparata.
Corredata di stralci inediti e una prefazione d’ampio respiro in cui l’autore sviscera i retroscena compositivi dell’opera, però, la nuova foggia di Ultimo parallelo nasconde un ulteriore labirinto entro cui il lettore, affezionato o neofita, viene spronato ad addentrarsi.
La risposta del testo
Dalla pagina bianca alla distesa di neve. Dalla distesa di neve alla pagina bianca. Se l’intento principe di Ultimo parallelo (acquista) assumeva in origine le caratteristiche di una chiamata, un impulso quasi redentore che sussurra all’orecchio dell’autore («Dai ancora voce agli esploratori», suggerisce Tuena), quest’ultima edizione costituisce invece la risposta del testo. Con l’oculatezza del filologo, Tuena suggerisce un confronto tra edizioni per giungere al vero nucleo della sua scrittura:
“[…] e mi convinco ancora una volta di più che ogni libro non è che un’immagine parziale dei mille libri che la versione andata in stampa nasconde ai lettori così come ogni esecuzione di un brano musicale non è che una delle infinite che avrebbero potuto essere e che non sono.”
Intercetta una vecchia bozza datata 2005, «un brogliaccio di 150 pagine», poi una versione intermedia dell’anno successivo, seguita a ruota da un primo file pdf. La collazione viene completata dall’ultima versione prima della stampa del 2007 e ovviamente dalla definitiva Rizzoli. L’attenta auto-analisi critica passa al vaglio le modifiche corpose, si interroga sulla legittimità dei tagli e sviscera il passaggio dall’uso conturbante del futuro alla memoria evocata dal volgere la storia al passato.
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Le ragioni dello scrittore vengono così trasferite all’esploratore e l’esploratore solo può restituire l’intenzionalità autoriale. La storia scritta è una delle tante, composte e scartate o semplicemente possibili, perlustrare i testimoni è allora come insinuarsi tra i cunicoli di questo labirinto di pagine: un’esplorazione sull’interscambio tra pagina e autore, tra autore e lettore. Un viaggio destinato a non raggiungere mai una meta definitiva.
“E a questo punto trova risposta l’inefficace perlustrazione del passato che ho tentato all’inizio di questa prefazione, per dar ragione del perché ho scritto questo libro. Per quanto siano importanti i lampi che appaiono nell’oscuro panorama della memoria e per quanto un autore debba domandarsi da dove nasce l’impulso a scrivere una certa storia mi accorgo che le ragioni dei libri – del perché si scrivono libri – risiedono all’interno di quei libri e solo la scrittura le fa emergere.”
L’ultimo parallelo inseguito da Tuena si sposta sempre di un miglio più oltre, e viene da chiedersi se ancora non sia Scott a ricalcare al meglio il sentimento di chi ne ha trasposta la vita, annotando al termine del proprio diario: «peccato, non posso scrivere più oltre».
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