Donna che si innamora con coraggio, donna che perde il desiderio per tutto, donna perfetta ma rotta dentro, donna che non riesce a curare le sue ferite. Ilaria Grando condensa ritratti frammentati nel suo romanzo d’esordio Lettere minuscole (TerraRossa Edizioni, 2025), vivisezionando le crepe e le cicatrici dei suoi disamori che, come un tatuaggio, hanno lasciato il segno sulla sua pelle, sulla sua vita.
Da bambina papà mi diceva di essere Donna.
Quando piangevo perché ero caduta dalla bicicletta, quando avevo paura del compito di matematica, papà mi si accucciava davanti, incastrava i suoi occhi scuri nei miei, e tutto serio diceva Sii Donna.
Donna, sii Donna. Che poi cos’è Donna?
[…] Le Donne andavano avanti, dritte sempre. A testa alta, diceva papà.
La protagonista cerca il suo posto nella realtà quotidiana, nonostante le piccole e grandi delusioni; in questo romanzo (diario?) passa in rassegna le sue lettere minuscole, gli uomini che si sono succeduti, ridotti a delle iniziali – elle, emme, esse –, accomunati dal segno che hanno lasciato, dalla ferita che ha rivelato la sua «incapacità di fare, sapersi amare».
«Di cosa parla il tuo libro?»
Questo romanzo fatto di «rime stonate, rime malate» non è soltanto un lavoro di sottrazione dal dolore, ma un esercizio di scrittura che rompe gli schemi narrativi ed evita la scelta di una narrazione lineare, fatta di interpunzioni corrette e suddivisioni in capitoli. Ilaria Grando privilegia un flusso di scrittura ossessivo, una prosa dal suono poetico che non ricerca la rima, virgole invisibili e frasi spezzate che diventano capitoli-vortici verso il dolore. Tutto questo, è alternato da momenti di “LUCE” e “BUIO”, parole utilizzate per segnare la fine e l’inizio del flusso narrativo.
[…] ma di cosa parla il tuo libro? Dillo in una frase. Mi accorgo che mi basta una parola. Dolore. Julie sorride. Certo, dice, sei una Donna
Ilaria Grando affida tutto questo all’urgenza della scrittura («Scrivere a riva è pericoloso, scrivere è pericoloso») e spera di mettere un punto alle trappole mentali che sono i ricordi. Ma quanto di noi siamo disposti a rivelare, nel tentativo di guardarci dentro?
Mi hanno detto che per scrivere delle cose bisogna starci dentro. Non ricordo chi è stato, ricordo solo di averlo appuntato su un quaderno e di aver pensato che, se era davvero così, allora non avrei mai scritto.
Nel romanzo la psicologa dirà alla protagonista: «Lei non è il suo dolore». E la protagonista penserà: «E allora cosa sono? cosa sono cosa sono cosa sono io che non mi riconosco più». In questo tentativo di fuga dal dolore, emergerà la paura di perdersi, il bisogno di ri-conoscersi e di capire cos’è l’amore.
Su un taxi a New York, un autista le confesserà di non aver mai usato la parola amore. Ma che lo dimostra ogni giorno, alla moglie e alle figlie, con i piccoli gesti.
Amare è per essere grandi, divini; io (sorride) sono solo un uomo. I cannot say I love you.
Non ne sono convinta, lo vede. L’uomo non sa cos’è l’amore, riprende. Ha il cuore troppo piccolo (too small). Capisci? (con gli occhi mi cerca nello specchietto retrovisore) E se non si conosce qualcosa (semaforo rosso, la macchina si ferma) come si può dire di provarlo per qualcuno? […] Forse l’amore non è altro che questo. Quello che hai, quello che puoi.
Si tratta, appunto, di una scrittura instabile e itinerante: New York, Milano, Parigi e altre peregrinazioni in cui la città è solo un appiglio, ma che aggiunge un elemento al suo baratro emotivo. Come Venezia, bella e triste, dove il cielo piange e il mare è nervoso. Venezia, sospesa, dove i vicoli sono come vene e i ponti sono trappole in cui si scivola, si scivola via fino al mare.
«Lettere minuscole» è un romanzo per chi vive in bilico tra momenti di luce e buio
Lettere minuscole (acquista) è un romanzo sperimentale (come la collana a cui appartiene) che ha il potere di una passeggiata solitaria in quei giorni in cui mettere in fila i pensieri è un’impresa impossibile. Quando le ombre del passato ti perseguitano all’arrivo della notte e ti liberano dal loro dolore solo con le prime luci del mattino, l’unico momento in cui quelle lettere minuscole non faranno più male. Un romanzo consigliato a chi ha paura di perdersi nell’angoscia, perché a volte provare confusione può essere liberatorio, così come dissociarsi dalla realtà può essere un tentativo per guardarsi dentro. Un romanzo dedicato a chi non sa cosa vuol dire essere donna e forse da sempre tenta di ricomporre un proprio ‘io’. A cerca risposte definitive ma affermazioni sospese che spingono a guardare il mondo con occhi nuovi.
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