Libero e Plinio sono cresciuti insieme tra le vie di una Bari ormai ridotta all’osso, tormentata da scandali politici e tensioni sociali. A legarli da quasi vent’anni, un episodio di violenza che ha segnato profondamente le loro vite. Edito da Ventanas, Poveri a noi è il primo romanzo di Elvio Carrieri. Classe 2004, è il più giovane di sempre ad entrare nella dozzina finale. Il libro è candidato al Premio Strega 2025 su proposta di Valerio Berruti con la seguente motivazione:
Un libro profondo per le sensazioni che riesce a risvegliare, per l’ironia e il sarcasmo a volte snobistico dei dialoghi ma anche per la speranza che la cultura e le idee possano sempre salvarci. Un elogio alla nostra quotidianità.
Tra passato e presente: Libero e Plinio
Il giorno in cui Plinio fu mandato in prognosi riservata dal bambinetto fascista (scoprimmo poi bisnipote di un fondatore del movimento Giustizia e Libertà nel 1929) credo che realmente sia incominciata la mia storia. Avere undici anni e fissare un ragazzino con le vertebre spaccate, contratto al sole come una carogna, ti fa venire voglia di saper menare le mani.
È nel cortile di una scuola media della periferia barese che Libero assiste, immobile, al pestaggio brutale di un ragazzino, Felice Caporaletti. Quel momento segna entrambi profondamente e Felice sceglie di cambiare il suo nome in Plinio. Da quella scena drammatica nasce un’amicizia fragile ma intensa, accompagnata dal senso di colpa di Libero, che porta con sé il peso di non aver fatto nulla per fermare né cambiare quell’evento.
Libero diventa professore in un carcere e continua a vivere, quasi inconsapevolmente, in funzione di quell’amicizia e della responsabilità che lo lega al suo amico. Ma tutto cambia con l’incontro di Letizia, psicologa originaria della Valle d’Itria, una presenza che illumina e al contempo minaccia il delicato equilibrio tra i due amici. Intorno a loro, una Bari post-industriale attraversata da scandali politici e manovre oscure: una città in cui le ferite personali sembrano riflettere quelle collettive.
La città come protagonista
A tratti, la vera protagonista di questo romanzo sembra essere Bari, una città che Carrieri non si limita a descrivere. La Bari di Poveri a noi (acquista) non è la cittadina storica e poetica che ci si aspetta. Qui non si parla di mare, ma di ammassi di cemento che schiacciano e soffocano ogni traccia di bellezza.
Eppure, nonostante tutto, è proprio questa città a muovere i personaggi: le sue contraddizioni e la confusione urbana si intrecciano con le inquietudini interiori dei protagonisti, creando un legame stretto tra luogo e persone. Anche la scrittura riflette questa dualità: un italiano più aulico si alterna al dialetto “cozzalo” barese, mescolando ironia tagliente e malinconia.
Da quel giorno cominciai a vivere la mia città in maniera diversa. Prima di incontrare Letizia, camminare per le vie di Bari mi faceva soffrire. Mi si presentava dinanzi agli occhi l’invidia profonda che provavo nei confronti degli abitanti delle altre città, liberi di procedere nella loro storia. Io invece camminavo e sentivo i lamenti delle costruzioni antiche.
In questo contesto si inserisce Letizia, vista con sospetto da chi è cresciuto in città. La sua provenienza la rende spesso un corpo estraneo e provoca crepe nel rapporto ventennale tra Libero e Plinio. Non è solo un elemento di rottura, ma una figura fondamentale che mette in discussione posizioni, equilibri e visioni consolidate, spingendo verso un cambiamento – forse – necessario.
Dorasia Ippolito
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