Il razzismo (e la pelle bianca) hanno i giorni contati?

«L'ultimo uomo bianco» di Mohsin Hamid

5 minuti di lettura

Mohsin Hamid è tornato. Dopo Il fondamentalista riluttante (2007) ed Exit West (2017), in cui scriveva di integralismo islamico ed emigrazione clandestina, nel suo ultimo libro parla di razzismo. O meglio, di cosa succederebbe al razzismo praticato dai bianchi sui neri se tutti i bianchi, per una strana malattia endemica, si scurissero nottetempo. Sì, anche quelli che nel colore scuro di pelle vedono una minaccia, un nemico, un elemento parassitario. L’ultimo uomo bianco è quasi una riscrittura della Metamorfosi kafkiana, ma Hamid allarga lo sguardo: qui non si tratta del dramma individuale di un uomo costretto ad accettare l’assurdo, ma di un cambiamento che investe universalmente la società, costringendola a rivedere secoli di pregiudizi e discriminazioni.

Anders e Oona, protagonisti de «L’ultimo uomo bianco»

Il protagonista, Anders, personal trainer in una palestra di città, non è un uomo di larghe vedute; quando una mattina si sveglia e scopre di essere diventato marrone scuro, la sua reazione è esplosiva.

[…] la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia, anzi, più che rabbia, di un’inattesa furia omicida. Voleva ammazzare l’uomo di colore che gli si parava davanti lì in casa sua, spegnere la vita che animava quell’altro corpo, non lasciare in piedi altri che se stesso, se stesso com’era prima […]

Oona, la ragazza che frequenta da poco, è un’insegnante di yoga che sta affrontando la morte del fratello gemello mentre cerca di prendersi cura della madre. Oona è la prima che Anders chiama, dopo il cambiamento, perché sa che non l’avrebbe giudicato o forse proprio per essere guardato da occhi che non siano i propri. E infatti Oona all’inizio rimane di stucco, fatica a riconoscerlo; ma poi si abitua alla nuova realtà, riuscendo solo a constatare che «lui sembrava un’altra persona, cioè, non solo un’altra persona, ma una persona di tipo diverso, completamente diverso». Questa, si capirà, è la vera minaccia che i bianchi, in primis la madre di Oona, sentono incombere su di sé: perdere la propria specificità, l’elemento che permette loro di alzare barriere rispetto all’Altro.

«La gente sta cambiando» disse la madre.
«Quale gente?» chiese lei.
«Tutta» rispose la madre, e aggiunse in tono pregno di significato, «la nostra gente».

Leggi anche:
«Radici bionde», una Storia al contrario

La fine del razzismo?

La gente inizia a cambiare, ma all’inizio sono casi sporadici: quando iniziano le prime violenze, sono i bianchi a perpetuarle sui neri, senza preoccuparsi di distinguere tra “naturali” e mutati. Presto però le proporzioni cambiano. Di fronte a una moltitudine di persone dalla pelle scura i bianchi cominciano a essere in numero minore, e la loro convinzione a calare: sono loro, adesso, i diversi, quelli che vengono guardati con sospetto. Alla sua morte, l’ultimo uomo bianco «fu consegnato alla terra, e dopo, dopo di lui, non ce ne furono più». La società che si stabilizza dopo il cambio è forse la migliore possibile? È forse stato raggiunto l’obiettivo di sterminare il razzismo?

Una letteratura che scuota le coscienze

Hamid in un articolo comparso su The Guardian nel 2017, Hamid aveva invocato una fiction «radicale, politicamente impegnata», che fosse in grado di destabilizzare gli immaginari collettivi: il largo successo che ottiene con ogni libro sembra confermare la presa che il suo messaggio ha sul pubblico di lettori. Il segreto? La sua grandissima inventiva, grazie alla quale ogni libro affronta una questione politica e sociale con leggerezza, con un elemento anche magico a volte. E poi la sua scrittura, pulita, diretta, a volte leggermente arcaica, che mette in disparte il controllo autoriale, mentre l’autore stesso sembra stupirsi insieme al lettore.

Ne L’ultimo uomo bianco (acquista) Mohsin Hamid continua a parlarci di noi, dei nostri odi, violenze, paure, valori, senso di comunità: forse un solo libro non è in grado di scuotere le coscienze e cambiare l’ordine costituito, ma l’intera produzione di Hamid ce la può fare.

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Michela La Grotteria

Classe 1999, genovese, dopo la triennale a Milano si sta specializzando in Italianistica a Bologna. Ama i racconti brevi – ogni tanto ne scrive e pubblica qualcuno – e i romanzi lunghi, le tazze da tè e il francese. Sogna di trasferirsi a Parigi e lavorare in una libreria indipendente.

Lascia un commento

Your email address will not be published.