Simon, come suo padre prima di lui e il nonno prima di suo padre, fa il parrucchiere. Riceve solo su appuntamento clienti selezionati, in un salone dove tutto è rimasto fermo agli anni Settanta. «Nonno Jan faceva sia uomini che donne, Simon no, o quasi mai. Non fa permanenti e arricciature. Fa barbe e capelli, che oggigiorno nel caso delle barbe significa per lo più solo spuntarle e tenerle in ordine» (p. 16): così la vita di Simon scorre lenta e ripetitiva in un locale casa-bottega ad Amsterdam, e i momenti che ritaglia per sé li consacra al nuoto in piscina, tre sere a settimana. Questo è il protagonista di Quelli che restano, romanzo dello scrittore olandese Gerbrand Bakker pubblicato in Italia da Iperborea. Autore celebratissimo in patria e all’estero, di Bakker Iperborea ha in catalogo anche Giugno e C’è silenzio lassù.
Di nuovo Simon pensa a qualcosa di completamente diverso. Essere sul punto di sfracellarsi. Sapendo che non puoi farci niente. Anche se nel caso di suo padre dev’essere stato un istante brevissimo, visto che l’aereo stava decollando e non aveva raggiunto neanche i venti metri d’altitudine. Forse trenta. Lui si è sempre tenuto a debita distanza da tutta la storia del padre.
Conoscere le proprie origini
La storia del padre. La storia che è tabù nella famiglia di Simon, dove la madre non permette di parlare dell’uomo che l’ha lasciata mentre era incinta, per fuggire su un volo per Tenerife dal quale non sarebbe sceso vivo. Il passato tragico e represso nel silenzio torna a bussare alla porta di Simon quando uno scrittore appare nel suo salone: sta scrivendo un romanzo il cui protagonista è un parrucchiere, dice, e chiede di poterlo osservare al lavoro per qualche giorno.
«Sai cos’è strano?» dice lo scrittore, dandosi subito anche la risposta: «Che nessuno scrittore olandese abbia mai scritto una parola su quel disastro aereo.» «Ah», dice Jan.
Così Simon viene spinto a ripensare a quel padre mai conosciuto, non solo da lui, ma forse anche dalla sua famiglia: cosa ci faceva su un volo per le Canarie? E perché uno degli assistenti di bottega era sullo stesso volo?
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Corpi soli in mezzo agli altri
Giunto a quarant’anni Simon sceglie un’altra via per conoscere sé stesso e capire un po’ di più della vita che conduce: affidarsi ai racconti degli altri, a volte turbati e a volte incredibilmente lucidi, su suo padre e su una tragedia che ha distrutto la vita di moltissimi individui, e che apparentemente, tuttavia, ha fatto poco rumore nell’opinione pubblica.
Se nella stiva di un aereo può esserci una valigia senza passeggero, pensa più tardi a letto, su una lista passeggeri può anche esserci un nome falso. Del resto la situazione era confusa. Simon non riesce a smettere di pensarci.
Nel romanzo di Bakker molte solitudini si incontrano, e cercano una via per dialogare. Come quella di Simon con quella di Igor, un ragazzo con disabilità intellettive cui fa da assistente in piscina, che non comunica se non con sguardi vuoti, versi inconsistenti e con l’uso del corpo.
«Cosa fai?» gli chiede Simon. Deve dire qualcosa, non può stare lì così, pur sapendo che fargli una domanda è perfettamente inutile. Sono quasi alti uguali, forse Igor lo supera di qualche centimetro. Igor gli lascia andare le spalle, gli infila le braccia sotto le ascelle e con le sue grandi mani gli afferra le scapole. Lo tira verso di sé e fa un ultimo passo avanti, più vicini di così non potrebbero essere. Due corpi premuti uno contro l’altro, in una piscina tiepida. Simon vede le goccioline minuscole che brillano sulle labbra di Igor. Cormorano, pensa. Gabbiano. Adesso che ha quelle immagini in testa, è difficile non pensarci.
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Quelli che restano (acquista) è un romanzo che procede lento, e lentamente scava nella vita in apparenza piatta del suo protagonista, rivelando le ombre della solitudine come scelta, o forse come condanna. Il corpo si propone come soluzione per sfondare il muro del silenzio, ma quasi sempre in modo goffo, non confortevole, scorretto.
Poco dopo, mentre è sotto la doccia, pensa allo scrittore. E all’uomo dai capelli rossi. E a Igor, naturalmente. E poi a suo padre, in un modo confuso. Non lo conosce, ha solo qualche sua foto. Foto di un bel giovanotto. Un bel giovanotto che gli sarebbe piaciuto conoscere meglio.
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