Il dramma silenzioso di una madre e di un figlio

«L'anniversario» di Andrea Bajani

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«L'anniversario» di Andrea Bajani

Nel suo ultimo romanzo, L’anniversario (Feltrinelli, 2025), Andrea Bajani ci racconta di un figlio che da dieci anni ha deciso di recidere i legami con la sua famiglia – una madre e un padre – e che, attraverso ricordi abbaglianti, ripercorre i perché e i percome di questa scelta.

Autore già finalista al Premio Strega e al premio Campiello con Il libro delle case (2021), anche quest’anno il suo testo è stato proposto al Premio Strega da Emanuele Trevi che lo descrive come «[…] un romanzo avvincente e originalissimo, che colpisce chi legge come un pugno nella testa o nella pancia. Bajani non sente il bisogno né di condannare, né di perdonare, e ci racconta quanto sia impervia e necessaria la via del riscatto».

«L’anniversario» di Andrea Bajani: la trama

L’anniversario parla di un ordinario dramma individuale – così sotterraneo da diventare universale –, attraverso il racconto introspettivo di un figlio che da anni vive fuori casa e che ha deciso di mettere un punto a contatti e legami con la propria famiglia.

Il lettore è partecipe a questo flusso intimo, che lo porta attraverso le luci e le ombre di una famiglia all’apparenza “normale” ma già piena di crepe.

L’anniversario prende inizio dalla figura della madre che, con il trasferimento da Roma a un piccolo paese del Piemonte, è sprofondata con il passare degli anni in un isolamento sociale sempre più amplificato. Allontanata da ogni legame e inserita in un contesto che intensifica il silenzio di un personaggio già caratterizzato da un’indole a sottrarsi, la madre si ritrova succube del controllo totalitario del marito, che arriva a controllare anche il suo utilizzo del telefono.

Compito del padre quindi era quello di assegnare i ruoli, e quello della madre di accettare quei ruoli dandoli per scontato, senza conservarne memoria.

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Il rifiuto dell’eredità patriarcale

Il protagonista ci racconta della figura della madre, il suo essere – per volontà del padre – ancillare e quasi totalmente assente nel fulcro decisionale della macchina famigliare. Una figura avviluppata nel silenzio, in un tempo che sembra dilatarsi in attese e in frasi mai dette. E sviscerando questi attimi quasi impalpabili, il protagonista delinea i contorni di una famiglia sventurata, l’auto-congedo della figura materna a un superfluo mai dichiarato ma evidente nei fatti: il suo ruolo era occuparsi fondamentalmente della cucina e dell’accudimento dei figli.

Attraverso quindi il riscatto della figura materna, il volerne dare una dignità propria semplicemente parlandone, l’autore mette in discussione, tassello dopo tassello, l’impostazione della famiglia patriarcale nel senso più insidioso del termine. E può farlo solo con la lucidità consentita dagli anni che sono passati.

Mio padre, in sintesi, aveva bisogno di spaventare per sentirsi amato, anche se sapeva per istinto che nessuno spavento sarebbe stato sufficiente a farsi amare quanto lui voleva, e che anzi avrebbe provocato solo paura, insincerità e in definitiva disamore.

Vivere per sottrazione

Tuttavia sarebbe riduttivo e fuorviante scrivere dell’Anniversario come di un testo sulla violenza contro le donne. Che ci sia una sorta di violenza strisciante negli atteggiamenti sociali pre-costituiti, nei silenzi, nella volontà di intimidire e nelle frasi aggressive pronunciate dal padre (e, in ultima istanza, anche di un caso di violenza domestica quasi conclamato), questo è fuori dubbio.

La madre, però, è una figura a cui per l’appunto lo scrittore cerca di ridare una dignità tracciandola come una persona che di fatto era consapevole del suo destino e, forse, non ne desiderava uno differente – per indole, o semplicemente per quieto vivere. Questo faceva sì che tutti fossero in qualche modo complici di questo sistema, il figlio e anche sua sorella, che nel silenzio danno muta accettazione di una macchina che in qualche modo continua a funzionare. Ma funzionava davvero in fondo? E per chi?

Il fatto che mia madre non avesse paura di mio padre fu in fondo il più grande tra i fraintendimenti della loro relazione, o – ancora una volta – l’indicibile segreto. E forse anche la disgrazia maggiore che travolse tutta la famiglia. Mio padre aveva infatti fondato la sua gestione del potere sull’intimidazione, sull’allusione cioè a scenari violenti che si sarebbero verificati se il nostro agire non fosse stato conforme alle sue volontà.

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La scrittura come rievocazione del passato

L’utilizzo della memoria, il ripercorrere gli anni passati, sono strumenti che Bajani utilizza per restituirci una prosa fluida, elegante e profonda. E lo fa senza mai prendere posizione: i suoi commenti sono scevri da giudizi, dotati di una densità che si avvicina alla verità man mano che ci si avvicina alla fine del testo. Quando ci sono dei buchi neri, qualcosa che il protagonista non ricorda o che non è stato rilevante, semplicemente lo ammette, ma poi ha la capacità di soffermarsi su particolari che forse aveva dato per scontato, anche se scontati non erano.

Ecco dunque che la scrittura assume quasi un ruolo apotropaico, ma che non snatura né rende irrilevante la scelta presa dal figlio, dopo anni e una maturità emotiva conquistata anche grazie alla psicoterapia, di porre una distanza abissale tra lui e la sua famiglia.

Non ho mai scritto di mia madre. Non ho mai pensato che di lei valesse la pena di parlare, né in fondo l’ho mai fatto con nessuno. Persino nelle più intime conversazioni, quando è comparsa è stato soltanto per il baluginio di una parola incastonata nella frase. La porzione di mondo che occupava era così trascurabile da non chiedere udienza

I non detti, i silenzi e le frasi quasi sussurrate

Il cuore dell’Anniversario è già dichiarato fin dall’inizio. La madre accompagna il figlio, già adulto e che vive fuori casa, sulle scale e pronuncia una frase mai detta prima: «Tornerai a trovarci?».

Una frase semplice all’apparenza, ma fino a quel momento mai pronunciata, e quindi già premonitrice di ciò che stava succedendo, dello strappo inevitabile. E risiede anche in questo la bravura di Bajani: saper cercare sempre tra le parole ma soprattutto nei silenzi, ciò che in fondo si conosce già.

Dopo tanti anni passati a sottrarsi, a non esistere né per sé né per i figli, a pulire, servire, obbedire al marito in casa e nel letto a eseguire il poco o niente che mio padre si aspettava o pretendeva da lei, finì con un gesto da madre. Sentì ciò che dentro suo figlio era già successo senza che lui lo sapesse. 

Consigliato a…

Consigliamo L’anniversario (acquista) di Andrea Bajani chiunque abbia vissuto un dramma familiare che si sia svolto nel silenzio. A tutte le madri, e anche ai figli di madri che forse non sapevano che potevano essere altro.

L’autore

Andrea Bajani è nato a Roma nel 1975. È autore, fra gli altri, dei romanzi Cordiali saluti (Einaudi 2005), Se consideri le colpe (Einaudi 2007, Feltrinelli UE 2021; premi Super Mondello, Brancati, Recanati e Lo Straniero), Ogni promessa (Einaudi 2010, Feltrinelli UE 2021; premio Bagutta), Mi riconosci (2013), La gentile clientela (2013) e Il libro delle case (2021, finalista al premio Strega e al premio Campiello). È inoltre autore dei volumi di poesie Promemoria (Einaudi 2017), Dimora naturale (Einaudi 2020) e L’amore viene prima (Feltrinelli, 2022).

I suoi libri sono tradotti in 17 Paesi. È writer in residence presso la Rice University di Houston, in Texas.

Ester Franzin

Lettrice incallita, amante della letteratura e della lingua italiana in tutte le sue declinazioni. Classe 1989, è nata in un paesino della Pianura Padana. Si è laureata in Storia dell’Arte a Venezia e poi si è trasferita a Rimini, nel cuore della Romagna. Ha frequentato la scuola Holden di Torino e pubblicato il suo primo romanzo «Il bagno di mezzanotte».

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