Dopo le sue riscritture dei poemi epici (L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre, 2020; L’Eneide di Didone, 2022; L’Iliade cantata dalle dee, 2024), la scrittrice e docente Marilù Oliva si cimenta in una nuova impresa, sempre in un’ottica femminile (e femminista): La Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre, uscito per Solferino lo scorso gennaio.
«La Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre»… con rigore filologico
Come sempre nelle sue riscritture, Marilù Oliva non scende a compromessi sul rispetto nei confronti dell’opera originale, a cui si attiene scrupolosamente, pur scegliendo un punto di vista diverso. Molto interessante è, in questo caso, la scelta delle narratrici: personaggi che nella Bibbia restano spesso ai margini, figure di contorno in storie scritte da uomini per gli uomini, come Agar, la schiava di Abramo da cui nascerà Ismaele, o Lia, una delle due mogli di Giacobbe.
In certi casi, come puntualizzato nelle note finali, l’autrice si è presa delle piccole libertà, più di forma che di sostanza. Nel libro della Genesi originale, per esempio, viene detto che Giacobbe ebbe dodici figli (dalle due mogli, Lia e Rachele, e dalle loro schiave, Zilpa e Bilha). A onor del vero, però, dodici erano i figli maschi: si fa cenno, a un certo punto, anche a una figlia avuta da Lia, Dina, mai conteggiata davvero. Sembra un dettaglio, ma fa capire molto del maschilismo che permeava la società dell’epoca. Per questo motivo, nel suo libro Marilù Oliva ha deciso di rendere in qualche modo giustizia a Dina, definendo l’ultimogenito Beniamino “tredicesimo figlio”, e non dodicesimo.
«Avrei voluto abbracciare e rincuorare molte di loro»
Sempre nelle note finali, l’autrice afferma di aver sentito la tentazione di abbracciare e rincuorare molte delle protagoniste femminili scelte per il romanzo. Salta all’occhio nella lettura soprattutto il caso di Susanna, che compare nel libro di Daniele. Nell’opera originale, questo personaggio è semplicemente strumentale all’inizio del percorso pubblico di profeta di Daniele. La donna, infatti, oppone resistenza a due anziani che avevano cercato di abusare di lei, che per vendicarsi la accusano ingiustamente di adulterio. Poiché la parola di un uomo – in particolare di un anziano – vale più di quella di una donna, in un primo momento Susanna viene condannata alla lapidazione dopo un processo rapidissimo e superficiale. A quel punto, il testo biblico originale recita:
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che vuoi dire con le tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei».
Alla fine Susanna salva la vita e, soprattutto, il suo onore. La vicenda biblica, però, serve solo a narrare la saggezza del futuro profeta Daniele: non viene specificato che ne sarà della vita di questa donna quasi condannata a morte, a cui nessuno – nemmeno il marito – aveva creduto. È qui che si inserisce la riscrittura di Marilù Oliva, che prova a dare a un personaggio di contorno lo spessore psicologico che avrebbe meritato. La sua reputazione è sì salva ma, dopo quanto accaduto, come potrebbe esserlo la sua anima?
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Le poche protagoniste della Bibbia originale
Talvolta ci sono personaggi femminili che anche nel testo originale hanno un ruolo preminente. È il caso, per esempio, di Giuditta ed Ester, a cui sono dedicati due libri della Bibbia: entrambe donne che riescono a salvare le sorti del popolo ebraico grazie al loro coraggio, arrivando a sfidare uomini potenti, come il generale Oloferne nel caso di Giuditta o il re Assuero in quello di Ester.
Si tratta, però, di figure isolate in una tradizione di racconti di donne vittime dei capricci e della violenza degli uomini, come Vasti, moglie di Assuero, da lui ripudiata per essersi rifiutata di sfilare nuda davanti alla corte, con solo la corona in testa. Non mancano i casi di donne costrette ad architettare piani ingegnosi per non soccombere, come la scaltra vedova Tamar, che fingendosi una prostituta si fa mettere incinta dal suocero che l’aveva ostracizzata, mettendolo nella posizione di non poterla screditare davanti alla comunità senza subire egli stesso lo stesso destino.
Tra le donne del Nuovo Testamento, sarebbe impossibile non citare Maria Maddalena, che alcuni scritti apocrifi qualificano perfino come la moglie di Gesù. Nel suo libro Marilù Oliva si attiene soprattutto a quelli canonici, che non fanno esplicitamente cenno a una relazione sentimentale tra Gesù e Maria Maddalena, ma sottolineano comunque l’enorme importanza di quest’ultima nella vita del Messia, in particolare negli ultimi istanti. Non a caso, la teologa Marinella Perroni ricorda che «Pietro non c’è sotto la croce. Maria sì. Né Pietro o qualcuno dei Dodici assiste alla sepoltura del Maestro o è al sepolcro al mattino di Pasqua. Maria e le altre discepole, sì».
«La Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre»: alle radici della nostra cultura
La Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre rappresenta senz’altro una bella occasione di (ri)scoprire il ricchissimo patrimonio di storie che compongono la Bibbia. Un’opera che, al di là della valenza religiosa, ci permette di imparare molto della cultura e della società dell’epoca, e ci ricorda che – nel bene e nel male – la nostra cultura viene proprio da lì. Nonostante gli innegabili progressi compiuti nel corso dei secoli e dei millenni, rimane ancora saldo, a livello più o meno conscio, l’atavico substrato patriarcale delle culture imperniate sulle religioni monoteiste.
Un esempio? La storia di Eva, che fin dalle primissime pagine della Bibbia ci ricorda che la donna, per la sua capacità di indurre in tentazione l’uomo, era vista come un ponte tra quest’ultimo e il peccato. È un’idea che, perlomeno su un piano razionale, oggi rigetteremmo con forza. Eppure è ancora all’ordine del giorno il subdolo pensiero che, davanti a casi di violenza di genere, ha portato perfino garanti della giustizia a insinuare che qualcosa le vittime avessero pur fatto per provocare i loro carnefici. A riprova del fatto che la strada per liberarsi del patriarcato è ancora lunga e in salita (checché ne dica il ministro Valditara).
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La prima donna, meravigliosamente umana
Al contempo, dando voce a Eva, Marilù Oliva sembra dirci: ma il frutto voi non lo avreste assaggiato? Il suo personaggio è un simbolo dello slancio verso la conoscenza che contraddistingue l’essere umano, disposto per questo a infrangere barriere e divieti, pure quelli fissati dall’Altissimo. D’altronde, il tema della disobbedienza degli uomini a un ordine divino in nome della sete di conoscenza ricorre in numerosi miti antichi: tanti sono, per esempio, i personaggi della mitologia greca che si macchiano di hybris, il disprezzo per un divieto posto da una divinità.
Più che come la prima peccatrice, dunque, Eva andrebbe vista come il primo personaggio a portare dentro di sé il tratto più meravigliosamente umano che ci sia. Una precursora delle parole che Dante farà pronunciare al suo Ulisse, condannato sì all’Inferno, ma che ci lascia in eredità una delle frasi più vere e potenti dell’intera Commedia: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».
Consigliato a…
Consigliamo la lettura della Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre (acquista) a chi vorrebbe scoprire – o riscoprire – lo straordinario universo di storie che compongono le Sacre Scritture. Perché, che si creda in Dio o meno, si tratta di un’opera monumentale in grado, a distanza di millenni, di dirci ancora molto. La scrittura di Marilù Oliva, semplice ma rigorosa, votata alla divulgazione, fa il resto.
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