Chi segue Magma Magazine, sa che fra gli editori indipendenti che hanno avuto spazio figura Industria&Letteratura. Dopo il successo, fra le tante cose, della collana di poesia «Poetica», che con Flavio Santi si è aggiudicata il Premio Viareggio-Rèpaci 2021, quest’anno la casa editrice massese ha deciso di inaugurare una collana di narrativa breve (ma non troppo): «L’invisibile», di cui è stato già annunciato il primo titolo, Cittadino Cane di Giordano Meacci.
Quella di dedicare una collana alla narrativa breve è una scelta coraggiosa che solo una casa editrice indipendente di qualità come Industria&Letteratura, con la sua attenzione verso la ricerca e la sperimentazione letteraria, poteva mettere in atto. Questa collana sarà affidata a Martino Baldi, noto ai più come direttore assieme ad Alessandro Raveggi della rivista «The Florence Review», a cui abbiamo pensato di porre qualche domanda attorno alla collana «L’invisibile».
Alberto Paolo Palumbo: Specializzata in poesia e saggistica, la casa editrice Industria&Letteratura inaugurerà a breve «L’invisibile», collana di narrativa breve specchio di un’idea di letteratura che «ha il suo significato più profondo nell’invisibile. Un invisibile che l’opera lascia intravedere. Nella percezione del tempo, nella rappresentazione dello spazio, nell’inclinazione unica di uno sguardo, nello stile». Come nasce l’idea di questa collana? Che significato ha per lei “l’invisibile”?
Martino Baldi: Industria&Letteratura è una casa editrice molto particolare, nata dall’iniziativa del poeta Gabriel Del Sarto, che coagula improvvisamente in un progetto amicizie che da anni si alimentano prima di tutto di un’intesa umana e poi di una certa consonanza letteraria. In passato ho rifiutato offerte analoghe ma in questo caso mi è sembrato davvero naturale accettare di far parte di quella che in un certo senso è una famiglia elettiva. Ho proposto allora una collana che rispondesse a quello che penso di poter fare con una minima speranza di riuscita, per quelle che sono, o almeno spero che siano, le mie capacità e le mie competenze: una collana di narrazioni brevi-ma-non-troppo, che non si impicchi a una idea di poetica ma che possa anzi essere un laboratorio di possibilità legate alla misura del racconto lungo. È una misura che da lettore io amo, poco frequentata dall’editoria italiana e quindi penso che ci siano gli spazi per produrre qualcosa di originale. L’idea è quella di sollecitare autori e autrici a sperimentare tutte le strade che quella misura può contenere. Sia chi è solito frequentare la forma della narrativa breve sia chi non lo è. Il fatto di non essere in concorrenza con le collane di romanzi o con le raccolte di racconti, ci permette di ampliare il raggio delle voci che possiamo coinvolgere.
L’invisibile è quello che in un’opera sfugge all’identificabilità e che però si percepisce, è lì, funziona e non sai come; qualcosa che resta e non sai precisamente cos’è; ciò che per quanto tu voglia portare a fondo l’analisi non riesci mai a sintetizzare fino in fondo. C’è un bellissimo distico del poeta Alessandro Ceni che recita: «non potete riassumermi/ ma solo disintegrarmi». Ecco, l’invisibile è ciò che proprio non si può riassumere, il non-so-che che rappresenta lo charme ultimo e più profondo di un testo (sì, sto usando termini che fanno riferimento al pensiero di Vladimir Jankélévitch), di un’opera, di un’artista. Quello che li rende unici. Da qui il nome della collana, che ha come simbolo, e come proprio animale totemico, il cervo: animale selvatico e “invisibile”, che quando si manifesta lo fa con una magnificenza senza pari.
A.P.P.: Un mantra che si ripete spesso è che in Italia i racconti – brevi o lunghi – non vendono. Da sempre vengono considerati, dunque, un genere minore. Pubblicare racconti richiede comunque tanto lavoro quanto con i romanzi, se non un lavoro addirittura più complesso. Daniele Di Gennaro di minimum fax, infatti, ha dichiarato in una sua intervista per «Cattedrale» nel 2018 che «i racconti in realtà sono la prova più difficile della letteratura tutta. Vivono di equilibri delicatissimi. Un racconto perfetto è frutto di un lavoro estenuante sulla parola, sulla punteggiatura, sul lavoro fondamentale dell’immaginazione e i sentimenti del lettore». Secondo lei la nostra percezione verso il genere del racconto è cambiata? Quali sono le sfide che si presentano nel proporre una collana di narrativa breve?
M.B.: Io non so sinceramente quale sia la percezione generale nei confronti del racconto, ma in fondo è una cosa che non mi interessa molto. Io amo il racconto e mi dedico al racconto perché ci credo, senza curarmi troppo del resto. Per fortuna anche la casa editrice non nasce con l’idea di fare business ma di fare la letteratura che ci piace e quindi posso permettermelo. E questo è l’altro motivo per cui ho accettato di curare la collana. Se poi vogliamo approfondire, la tradizione della narrativa italiana contemporanea è fatta soprattutto di grandi, anzi grandissimi autori di racconti. Solo per citare i primi che vengono in mente: Palazzeschi, Delfini, Gadda, Landolfi, Moravia, Primo Levi, Calvino, Parise, Buzzati… Una lista davvero di livello impressionante per qualità e varietà! Il romanzo italiano se li sogna i livelli raggiunti con tanta abbondanza dal racconto.
La sfida che una collana di narrativa breve si accolla è quella di tenere presente cosa ha rappresentato questo genere e cercare di esserne all’altezza, puntando sulla qualità, in equilibrio tra il rispetto di tanta grande tradizione e la speranza di aggiungere qualcosa. Il coraggio me lo hanno dato proprio certe letture degli ultimi tempi. Di fronte a Trascurate Milano di Luca Ricci, o Tre orfani di Giorgio Vasta, o ancora Esecuzione dell’ultimo giorno di Lorenzo Chiuchiù, tutti racconti di media lunghezza usciti come titoli autonomi, per fare i primi tre esempi che mi vengono in mente, io mi sono detto che di cose del genere ne vorrei leggere di più. E allora, eccoci, proviamo a farvele leggere noi!
A.P.P.: I racconti trovano spesso spazio nelle riviste letterarie cartacee e online. Lei dirige assieme ad Alessandro Raveggi «The Florence Review», rivista letteraria bilingue in italiano e inglese e prosecuzione di «The FLR – The Florentine Literary Review» che ospita testi poetici e racconti. Che legame ci sarà fra la collana «L’invisibile», la sua attività di direttore per «The Florence Review» e più in generale con il panorama delle riviste letterarie? Quanto sono importanti le riviste letterarie per il mercato editoriale?
M.B.: Le riviste sono fondamentali. Nelle riviste un autore si misura e si confronta, cresce e approfondisce la propria poetica in una verifica che può essere continua, quasi quotidiana; capisce cosa significa agire in un contesto ma anche come cercare la propria voce; si affinano le poetiche, si impara dagli altri, si trovano compagni di viaggio con cui confrontarsi, di cui fidarsi o da cui prendere esempio. E soprattutto si trova uno spazio in cui i condizionamenti editoriali sono molto inferiori e in cui in definitiva si può dimostrare quel che si è, ci si può far notare. Credo sia tuttora la via più onesta e valida per trovare la propria strada per uno scrittore.
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Con «The Florence Review», che però è una rivista molto particolare, in cui la redazione non scrive direttamente i contenuti, apriamo regolarmente dei bandi per individuare nuove voci, non necessariamente esordienti. Sono contest a cui partecipano in molti per contendersi uno spazio. Uno spazio, va detto, ristretto ma la storia dei contest non finisce con la pubblicazione. Al di là di chi li vince, in alcuni casi abbiamo continuato a seguire gli autori che hanno attratto la nostra attenzione fino ad accompagnarli verso altre soluzioni. E anche a distanza di tempo questo lavoro dà molti risultati. Sono tanti gli autori usciti in questi anni con buoni editori che ci citano nei ringraziamenti del loro primo libro. A questo punto, anche «L’invisibile» diventa una possibilità in più. Non è un caso che dei primi tre autori che pubblicheremo due provengano proprio da scouting della vecchia «The FLR».
A.P.P.: Fra le tante cose, lei è anche scrittore. Il suo libro di poesie Capitoli della commedia (Atelier, 2005) è stato tradotto in Francia nel 2013 e ha vinto il Premio internazionale Léon-Gabriel Gros. In che modo la sua esperienza di scrittore influirà sulla sua attività di editor e direttore di collana? E che differenze ci sono fra l’editing di poesia e quello di narrativa?
M.B.: Io ho scritto poco e in un periodo ristretto di tempo, quindi non credo che sarà la mia superficiale esperienza di scrittore a pesare in questo nuovo ruolo. Piuttosto quello di lettore. Sia come autore sia come lettore però non mi sono mai innamorato di un’idea di letteratura piuttosto che di un’altra ma solo di grandi libri, e questo è un atteggiamento che sicuramente mi porterò dietro da direttore di collana.
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Relativamente all’editing, se dal passato c’è qualcosa che mi posso portare dietro di utile, è l’esperienza da poeta, in particolare in quella palestra di sanissimo confronto che è stata agli inizi degli anni Duemila la rivista «Atelier». Se mi permetti un’iperbole, mi pare che l’editor della narrativa nella macchina editoriale sia diventato sempre più spesso colui che rappresenta le istanze del lettore (o, ahimé, più precisamente dell’acquirente). Nella poesia questo non può accadere. Il movimento richiesto a un editor di poesia, ammesso che abbia senso questa definizione in poesia, è quello di entrare in comunicazione con l’universo interiore del poeta in modo non mediato da altre istanze. Portare questa sensibilità nella narrativa credo sia una modalità molto proficua di accostamento al testo e al lavoro di coppia autore-editor.
A.P.P.: «Gli autori e le autrici che abbiamo scelto sono i magnetografi ideali di questa indagine sui sensi della realtà e della scrittura». Così Industria&Letteratura descrive gli autori che faranno parte di questa nuova collana. Come si configurerà la pubblicazione dei titoli di «L’invisibile»? In che modo gli autori scelti dovranno condurre l’indagine sui sensi della realtà e della scrittura? Può darci qualche anteprima sui primi autori?
M.B.: Il senso a cui mi riferisco è quello di cui parlavamo prima a proposito della definizione di invisibile. Torno al cervo, simbolo della collana. Immaginate la sensazione di una passeggiata nella natura. Una delle esperienze più belle che possiamo fare con facilità. Attraversiamo il bosco. Di tanto in tanto uno squarcio panoramico sulla città o sulle colline circostanti. Tutto intorno è meravigliosamente armonico. Sembra di essere al centro del mondo, sembra che tutto sia predisposto appositamente per noi, per il nostro godimento. Ci sentiamo il centro dell’universo. All’improvviso appare un cervo. Nella sua magnificenza e nella sua bellezza. E improvvisamente tutto cambia. Il cervo ci fa percepire immediatamente la presenza di un’altra dimensione di ben altra potenza e magnificenza, tutt’altro che antropocentrica e antropomorfica. La sua apparizione cambia il modo in cui percepiamo il senso del tutto intorno a noi. Ecco, la grande letteratura, secondo me, è quella che fa la stessa cosa. Ed è quella la sensazione che cercheremo di inseguire. Libri molto diversi l’uno dall’altro che di volta in volta aggiungano qualcosa alla nostra percezione del tutto.
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Pensiamo di fare sei uscite all’anno. La mia linea guida è molto semplice: cercherò di fare i libri che vorrei leggere se fossi un semplice lettore e, prima ancora, ho intenzione di lavorare con persone con cui sia piacevole farlo. Credo nella stima, nella fiducia e nella consonanza umana come elemento fondamentale di un’impresa artistica. Questa, come ho detto sopra, è la base della collana e questa sarà la base della maggior parte dei titoli che ci saranno.
Alterneremo scrittrici e scrittori che hanno una storia consolidata, magari chiedendo loro di uscire dalla propria comfort zone per proporre comunque qualcosa di originale, e voci più giovani. E sono sicuramente aperto anche a esordienti e autoproposte: leggo senza pregiudizi e la lista dei tanti autori usciti dagli scouting della rivista testimonia in tal senso. Ma la selezione sarà durissima. Basti dire che cominciamo con un libro che non esito a definire una vera bomba: Cittadino Cane, che è la prima uscita solitaria di Giordano Meacci dopo il meraviglioso Cinghiale (acquista), che dopo aver ucciso Liberty Valance andò a grufolare nella cinquina dello Strega. Un libro che gioca combinando storia e profezia, umorismo e pathos, letterario e cinematografico, in un terreno in cui non si può dire precisamente dove siano i confini tra universo finzionale e realtà.
Poi ci sarà un esordio, con un libro molto diverso: Nicola Feninno, che qualcuno conoscerà come direttore della rivista «CTRL» e che amplia sin da subito l’orizzonte della collana a territori anche della cosiddetta non fiction, con un reportage sorprendente. Tra l’altro, sono entrambi libri che, per gli eventi bellici di queste settimane, si stenta a credere che siano stati decisi nello scorso autunno. Vi posso anticipare inoltre, e questa è una primizia, che dopo l’estate avremo un titolo di Filippo Polenchi, un meccanismo perturbante perfetto dalla prima all’ultima lettera, come tutte le cose che scrive Filippo; che ha alle spalle un libro magnifico come Figlio fortunato, pubblicato da 66thand2nd, pescato da Alessandro Gazoia proprio agli scouting curati da «The FLR» al festival «L’anno che verrà». Dopo l’estate dovrebbero esserci due scrittrici e uno scrittore che amo molto, insomma altri sogni che si realizzano, ma con loro ancora non abbiamo ancora firmato il contratto, quindi non mi sbilancio e non anticipo i nomi.
A.P.P.: Ultimamente stiamo assistendo alla nascita di case editrici e di collane molto valide, e orientarsi nel mercato editoriale, dunque, non è facile. Cosa si sente di dire ai futuri lettori di «L’invisibile»? Cosa dovranno aspettarsi da questa collana?
M.B.: Quello che mi sento di dire è che sarà una collana che si tiene lontana dalle furbate e in cui i titoli saranno scelti e curati con amore da chi è prima di tutto un lettore che ha poco tempo da perdere. Io vengo dal mondo delle biblioteche, la mia professione è quella, e tra le cinque leggi fondamentali della biblioteconomia formulate dal grande bibliotecario indiano Shiyali Ramamrita Ranganathan ce n’è una a cui mi sento vincolato anche in questa nuova impresa: la quarta, ovvero «Risparmia il tempo del lettore». Ecco, questo mi sento di prometterlo a tutti i lettori: farò di tutto perché il tempo speso a leggere i nostri libri non sia tempo sprecato.
Ringraziamo Martino Baldi, direttore della collana «L’invisibile» per Industria&Letteratura e la casa editrice per la disponibilità a concederci questa intervista. Auguriamo a lui e agli editori buona fortuna per il futuro successo di questa collana. Il primo titolo, Cittadino Cane di Giordano Meacci, sarà disponibile in libreria da fine aprile.
Immagine in evidenza: Logo della collana «L’invisibile». Si ringrazia ©Industria&Letteratura per la concessione all’uso dell’immagine.
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