Jack Kerouac, eterno giovane irrequieto per eccellenza, è uno dei padri fondatori della Beat Generation, insieme a William Burroughs e Allen Ginsberg.
Kerouac, interrotti gli studi universitari, vagabonda per anni tra le città americane esercitando i mestieri più disparati (marinaio, ferroviere, forestale), ma sempre intento a scrivere un nuovo romanzo, una poesia o un racconto.
La Beat Generation diventa un modello di vita negli anni Cinquanta: il nomadismo è una forma di rifiuto delle regole sociali americane di giovani ragazzi che avevano fame di vita. Jack Kerouac, nei suoi romanzi, parla proprio di questo. Della sua voglia di scappare, di buttarsi sulla strada per scoprire ogni centimetro di America, di lasciarsi andare alle droghe e all’alcol, del collettivo desiderio di libertà.
Chi era Jack Kerouac?
Nato il 12 marzo 1922, Jean-Luois Lebris de Kérouac, da tutti conosciuto più semplicemente con il nome Jack Kerouac, è figlio di immigrati franco-canadesi. Sin da ragazzo si dedica alla scrittura, racconti o pagine di diario, immaginari articoli su vari argomenti, lasciandosi andare al suo naturale bisogno di liberare sulla carta i suoi pensieri.
Dopo un’infanzia serena, grazie alle sue grandi doti di sportivo, durante il liceo vince una borsa di studio per l’università, ma non riesce a terminare gli studi. Troppo anarchico, Kerouac ha una sregolata voglia di vivere che lo porta a rompere ogni tipo di catena e andare incontro alla vita e al mondo.
Nei suoi vagabondaggi incontrerà William Burroughs, Allen Ginsberg, Neal Cassady. Quest’ultimo diventerà il suo più grande amico e il personaggio di molti suoi romanzi.
Le sue opere sono un necessario scossone per l’America di quegli anni e anticipano i movimenti studenteschi del Sessantotto. Attraverso uno stile ritmato e immediato, Kerouac parla della vita sulla strada, di alcol e sessualità, della ricerca di una propria coscienza attraverso le droghe, ma anche di religione, cattolica e buddhista. Ogni pagina scritta, ogni sigaretta, ogni bicchiere buttato giù, è il tentativo di riempire la sensazione di vuoto che chiamiamo quotidianità. Muore il 21 ottobre 1969.
Per iniziare: «Maggie Cassidy» (1953)
Il ritmo martellante dell’adolescenza, la scoperta di sé e dei propri desideri, la catastrofe dei primi amori. In Maggie Cassidy Jack Duluoz, alter ego dell’autore, di origini francocanadesi, è un diciassettenne dagli «occhi ardenti». La sua vita è scandita tra scuola, amici, feste e sport. Soprattutto, l’amore. Jack è diviso tra due ragazze: Pauline, l’infatuazione, e Maggie, la passione.
La vidi, in piedi nella folla, perduta, scontenta, tenebrosa, spiacevolmente strana […] – indistinta come un grande sogno triste.
Un romanzo di formazione in cui si segue il personaggio nel passaggio dall’età adolescenziale alla maturità, in un viaggio privo della forza liberatoria di Sulla strada, dove il bagaglio è l’innocenza. Memorabile perché autobiografico, Jack Kerouac tratteggia i ricordi di un’età perduta, forse l’unica età in cui senza rendersene conto si è davvero felici. Una batteria di veritiere descrizioni della quotidianità piena ma dissacrante, prima di lasciarsi alle spalle la provincia americana, prossima fermata: la Grande Mela, i sogni.
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Leggenda narra che sia stato scritto un po’ in Messico, un po’ in California, soprattutto mentre l’autore di trovava a New York, il più delle volte sotto effetto di benzedrina. Non si può fare a meno di notare che il cognome Cassidy rimanda a Neal Cassady, cui è ispirato il vecchio Dean Moriarty di Sulla strada.
Per proseguire: «Bella bionda» (1955)
Tratto dalla raccolta Bella bionda e altre storie, è la storia di un viaggio verso San Francisco. Un giovane segue il suo improvviso desiderio di andar via, non può aspettare che sia sera, deve farlo subito. Fila dritto verso l’autostrada, pronto per l’autostop, ma nessuno si ferma.
Continua a tenere d’occhio i binari, nella speranza di un treno merci in cui saltar sopra, «quando ecco che una Lincoln nuova di zecca color cannella con alla guida una bellissima e giovane bionda vestita del solo costume da bagno».
La ragazza si ferma, gli offre un passaggio. Vanno entrambi verso la stessa direzione ed è come ritrovarsi in un bellissimo sogno. Lei, una modella dagli occhi verdi, in un costume senza spalline, in viaggio dal Texas.
Era stata una modella, ora voleva diventare attrice, e così via, un classico per tutte le bionde californiane, ma a un certo punto la bloccai e dissi «Per quanto mi riguarda non voglio niente… penso che la vita sia sofferenza, un sogno fatto di sofferenza e tutto ciò che desidero è riposo e starmene da qualche parte, meglio ancora se tra i boschi, sotto un albero, magari vivere in una baracca.»
È Kerouac, in tutte le sue sfaccettature. La gloriosa sincerità che lo contraddistingue, la voce ribelle e spontanea, dissacrante e libertino. Nessun pensiero può essere censurato, e a pretenderlo è quel ritmo jazz che gli scorre nelle vene.
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Innamorati di Jack Kerouac: «Sulla strada» (1957)
Per finire, non poteva mancare il romanzo di Kerouac per eccellenza, tante volte citato, Sulla strada (acquista). È una musica lontana che non ha bisogno di introduzioni, di grande autenticità. A parlare è Sal Paradise, suo alter ego, in viaggio con Dean Moriarty, seguiti dalla maliziosa Marylou. Nato on the road, come il titolo originale, narra di viaggi in lungo e in largo, sulle infinite strade americane.
Se Sal Paradise è l’occhio, la cinepresa pronta a immortalare ogni folle istante della loro fuga sulla strada, il vecchio Dean Moriarty è un fuoco d’artificio pronto a esplodere, che brucia e brucia «e tutti fanno “Oooooh!”». Al loro cospetto, siamo dei sognatori falliti. È il desiderio di un’immensità proibita a guidarli il più lontano possibile dall’ombra della noia che è la morte.
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati.»
«Dove andiamo?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare.»
Homeless volontari, si spostano senza mai stancarsi per quasi quattro anni. C’è chi ha cercato di ricostruire la mappa dei loro viaggi da est a ovest, da nord a sud, senza dimenticare il Messico. Sfidano le regole della vita borghese, lasciandosi andare al caos dell’incertezza.
Adesso considera un po’ questi qua davanti. Hanno preoccupazioni, contano i chilometri, pensano a dove devono dormire stanotte, quanti soldi per la benzina, il tempo, come ci arriveranno… e in tutti i casi ci arriveranno lo stesso, capisci. Però hanno bisogno di preoccuparsi e d’ingannare il tempo con necessità fasulle o d’altro genere, le loro anime puramente ansiose e piagnucolose non saranno in pace finché non riusciranno ad agganciarsi a qualche preoccupazione affermata e provata e una volta che l’avranno trovata assumeranno un’espressione facciale che le si adatti e l’accompagni, il che, come vedi, è solo infelicità, e per tutto il tempo questa aleggia intorno a loro ed essi lo sanno e anche questo li preoccupa senza fine.
Un lunghissimo sogno letterario consigliato a chi è stanco della propria pelle, non desidera altro che la strada e il viaggio, pronto a scoprire sé stesso e il mondo con uno sguardo nuovo. La libertà, finalmente.
In copertina:
Artwork by Madalina Antal
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