Alda Merini (Milano, 21 marzo 1931 – Milano, 1º novembre 2009) è stata una scrittrice italiana, principalmente nota come poetessa. La sua poesia è legata principalmente ai temi dell’amore e della follia, quasi sempre analizzati in virtù di elementi autobiografici. Tormentata da un disturbo bipolare praticamente per tutta la sua vita, Alda Merini non smise mai nella sua poesia di trasmettere la naturalezza della sua personalità.
I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d’amore,
ma fuori l’aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.
Personalità fuori dagli schemi, forniva con enorme generosità ad amici e conoscenti i suoi scritti, che non hanno mai avuto una pubblicazione ordinata per questo, ma risultano quasi come spari nel buio, voci nel silenzio che esprimono tutto il suo dolore, la sua passione e anche la sua eccezionale forza poetica. Rizzoli con una nuova raccolta ha riunito poesie e prose dell’autrice. Il libro s’intitola Respiro nella notte ed è corredato da una prefazione di Michela Marzano.
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«Non è il senso ad averci inchiodati alla memoria: è la memoria che ci inchioda al senso. Non si capisce bene come mai la mente non riesca a volare più in alto e a dimenticare il ricordo. Forse succede perché in quel ricordo c’è stato sì un grande dolore, ma ci sono stati momenti di tale rapimento ed estasi che non li vogliamo proprio dimenticare.» Così scrive Alda Merini in Lettere a un racconto, e così voglio iniziare questo mio testo a lei dedicato. Forse perché Merini è nota soprattutto per i suoi versi e i suoi aforismi, ma queste poche righe mostrano come sia stata anche maestra nella prosa. Forse perché, in queste sue parole, c’è il solco profondo del suo mondo fratturato. Forse perché è proprio la memoria, come suggerisce Alda, che ci inchioda a un’esistenza in bilico tra l’estasi e il dolore. Forse, molto più semplicemente, perché dietro i ricordi di cui parla la poetessa dei Navigli, c’è sempre la follia e c’è l’amore, ci sono il corpo e la verità, temi a me molto cari, e che lei affronta e descrive come nessun altro. nessun altro.
Prefazione di Michela Marzano
Fin dalla suddetta prefazione è possibile cogliere alcuni temi cardine sia della raccolta sia quindi del pensiero della così detta “poetessa dei Navigli”. Di Milano c’è tantissimo nella poesia di Alda Merini, ma non nel modo a cui saremmo abituati. Non c’è una mappa di luoghi come nel capolavoro Uomini e no di Elio Vittorini, non ci sono i versi divertenti e profondi del Teatro Canzone di Giorgio Gaber, non c’è la cupezza ma la magnificenza della città.
Ci sono, invece, respiri nella notte. Momenti intensi e improvvisi rimasugli di un secondo, dove non si coglie il luogo, ma l’atmosfera. Milano è parte di un filo rosso che Michela Marzano spiega come fatto di follia, amore, corpo e verità. Follia per l’esperienza personale dell’autrice, ma anche in senso metaforico con tutto ciò che nella poesia la follia ha rappresentato. Amore, connesso da sempre alla follia se pensiamo ad Amleto, nel suo dubbio costante che conduce alla morte, ma della sua Ofelia. Corpo perché le poesie di Alda Merini sono prima di tutto sensoriali, sensibili, consentono a chi vuole di muoversi attraverso la sinuosità del senso e del sentire, e trasportano il lettore sotto le lenzuola nell’ebrezza dell’estasi.
Corpo, ludibrio grigio
con le tue scarlatte voglie,
fino a quando mi imprigionerai?
anima circonflessa,
circonfusa e incapace,
anima circoncisa,
che fai distesa nel corpo?
Infine, verità, perché Umberto Saba ci ha insegnato quanto la poesia debba essere vera, senza fronzoli, ed è per questo che la poesia di Alda Merini è spesso prosa, tanto che il libro risulta, pur essendo una raccolta (lo si dice chiaramente nel sottotitolo) di poesie e prose, come un unico poema unitario che al pari del Canzoniere di triestina memoria ci consente di penetrare nella vita dell’autrice.
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Le poesie di Alda Merini sono per ognuno e per nessuno
Grazie a questa fisionomia così variegata, il ventaglio di sfumature dell’opera di Merini consente al lettore ampia scelta. Le poesie dell’autrice milanese sono per ognuno, e non sono per nessuno. Ognuno può, se vuole, ritrovare il proprio vissuto o un approfondimento su esperienze nuove mai avute: la solitudine del dolore, l’estasi della passione, i momenti di sconforto totale, la gioia piena e appagante. I sentimenti si susseguono con una naturalezza disarmante.
Eppure, nel profondo, le poesie di Alda Merini non sono per nessuno. Perché in questa cornice di meravigliosa empatia esplode con enorme realismo un elemento ineffabile, inarrivabile per noi: qualcosa di personale, profondo, che appartiene a lei. Come se ci fosse tutto il mondo ma anche un singolo individuo in ogni verso. Anche nelle poesie che hanno un dedicatario esplicitato o che palesemente si riferiscono ai suoi amanti, degli altri c’è poco. C’è tantissimo invece di una mente particolare, profonda, le cui ombre sono diventate capaci di fare, paradossalmente, luce e Sole.
L’amore e la follia come forieri di verità
Nella difficile «conclusione di vita», come la chiama Alda Merini in una poesia tratta da Un’anima indocile, sembra conduci verso l’impossibilità di essere capiti, finché anche la nostra follia trova spazio nell’essere riversi sull’altro. Piangere fino alla conclusione, qui come sinonimo di morte, ma anche di orgasmo, rappresenta il momento di fragilità umana probabilmente più vero.
Per quanto, osserva Marzano, l’amore che canta sia quello che sconvolge e uccide, lo stesso che secoli prima Guido Cavalcanti ha raccontato come angosciante e rovinoso, per la poetessa questo non sembra allontanare dagli scopi veri dell’intelletto (come avviene in una visione cavalcantiana, del resto) ma fa coesistere vero scopo con la sua verità.
Questa difficile conclusione di vita,
Questo premere selvaggio della bocca
contro i tuoi inguini, contro le tue palme
aperte, questa durata di fuoco
finché sale l’estasi del piacere
che stravolge le nostre menti
e il tuo durare sui miei seni gentili,
sui capezzoli furibondi
Finché la carne si esalta
e vive il fuoco del pianto
e insieme allora piangiamo
l’uno sull’altro riversi
Perché ci siamo sentiti svuotati
del paradiso terrestre.
Forse è invece il solo modo, insieme alla parola, per uscire da un’alienazione a cui la sua condizione l’ha portata. Così, in Respiro nella notte (acquista), la parola è insieme corpo, verità, maniera di vivere.
Sono le primissime opere della raccolta, le Ultime poesie d’amore, ad avere l’impatto più intenso sul lettore, che si lascia inebriare dalla grandezza di questi componimenti. Il senso della poesia di Merini paradossalmente si afferra nella prosa, che pure come detto e come sottolinea Michela Marzano non è diversa dalle opere in versi, dove la poetessa si è messa a nudo anche di più e ha raccontato la grandiosità della follia. La grande straordinaria e implicita dedicataria di tutta questa raccolta.
La follia è una delle cose più sacre che esistono sulla terra. E’ un percorso di dolore purificatore, una sofferenza come quintessenza della logica. La follia deve esistere per se stessa, perché i folli vogliono che esista. Noi la chiamiamo follia, altri la definiscono malattia.
La pazza della porta accanto
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Grazie di cuore
Il grazie è perché nel poco tempo che riesco a rubare alle mie giornate di corsa mi è stata offerta la gioia di scoprire questo libro. La Marzano è una benedizione, in questi tempi grami per tutti, maschi o femmine che siano, eil suo sguardo sulla Merini merita senz’altro l’acquisto e la lettura.