Scrivere per riconoscere i propri mostri

«Titanio» di Stefano Bonazzi

6 minuti di lettura

Il paragone penna/bisturi mi è sempre parso il più adeguato per descrivere l’effetto che una storia fa a chi sta scrivendo o leggendo. È un intervento che richiede sangue freddo, è doloroso e il più delle volte lascia il segno. Scrivere vuol dire spegnere il mondo circostante e aprirsi in due, lasciare che le proprie voci e i propri fantasmi trapassino dalle pelle al foglio bianco. Leggere vuol dire riconoscere che quel mostro che ha preso casa dentro di noi esiste e ha un cuore pulsante, ma «non vuole altro che essere dimenticato». 

In Titanio di Stefano Bonazzi (Polidoro Editore, 2022) gli elementi del male compongono la cornice della storia di Fran. Ma procediamo con ordine.

«Titanio», la trama

Alan, educatore, deve seguire il caso di Fran, un ragazzino cresciuto all’interno di un complesso di edifici abusivamente occupati, in periferia, da tutti conosciuto come la Ciambella: il ritrovo della povertà, della delinquenza e dell’illegalità. Seduta dopo seduta, scopriamo che il ragazzo è stato costretto a spacciare, ha subito violenze, attorno a sé ha solo mostri colpevoli di mali orribili. Il mare, i libri e Stella sono le uniche vie di fuga. Alan riporta la sua storia sulla carta, la penna fotografa una realtà spiazzante, scabrosa. E allora ecco che la silenziosa immortalità donata dalla scrittura diventa un’arma contro i mostri che si annidano all’origine del proprio male.

Il male è semplice. La cosa più semplice del mondo.

Il male che il protagonista si porta dentro è talmente grande che resistergli risulta impossibile, lo divora, s’impossessa di ogni centimetro della sua pelle. È inevitabile, a quel punto, diventare un mostro. Il tredicenne Fran – diminutivo di Francesco ma anche di Francesca – ha commesso un crimine. La sua colpa non è altro che una conseguenza del male subito, dell’ambiente e dei mostri che lo circondano.

Oltre ai capitolo dedicati a Fran e Alan, c’è un altro personaggio senza nome, un uomo paralizzato. Si trova in un letto all’interno di un luogo non identificato ma di certo non un ospedale, accudito quotidianamente da una misteriosa infermiera.

Vari fili collegano e annodano i personaggi: il non riconoscersi, il loro sentirsi in ogni luogo diversi, rinchiusi in una gabbia da cui non desiderano altro che fuggire.

I mostri li avete inventati voi. Siete voi che avete bisogno di una spiegazione. Vi servono dei cattivi che siano solo cattivi. Bianco o nero. Così è più facile. 

«Fran era intelligente, più di qualsiasi altro ragazzo lì dentro» dirà Alan. Fran sa benissimo che non può essere tutto o bianco o nero, ha imparato che il bene si nasconde anche nel male. E quel bene, per lui, è Stella: una ragazzina anch’essa vittima della Ciambella e delle sue regole, con la quale Fran si ritrova a vivere il primo amore. Ma non solo, l’affetto che proverà per lo zio Pietro, fratello del padre, sarà una sensazione inedita per lui che ha sempre schifato la sua famiglia. Il bene è la sua salvezza. Ma basta?

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Mostri brillanti e imperturbabili come il titanio, come Fran

Attraverso immagini chiare e un linguaggio abile e paralizzante, la spoglia stanza in cui Alan e Fran s’incontrano diventa cupa, angosciante, asfissiante; ha l’odore del mare, del male.

L’affermazione diventa una lotta corpo a corpo con la mancata gioventù. Fran si racconta attraverso le sue mancanze, i desideri e il bisogno di realizzarsi. Di identificarsi in un corpo che è una prigione. 

Il passato è una storia che non giustifica. Ricordare, raccontare, è una cura che non esorcizza il male ma aiuta a ripercorrere quanto accaduto, il presente non basta per comprendere ciò che siamo. E allora che differenza c’è tra male e bene? Come scrive in esergo Eskil Vogt: «Puoi dire che un bambino è cattivo?». 

Una storia che si fa spazio tra il terrore, il disgusto, il male che è troppo semplice da additare ma difficile da riconoscere come parte inviolabile di se stessi. L’aria fredda che si respira tra le pagine di Titanio riempie e trapassa il corpo, fino al sangue ferroso al gusto. Come il titanio, un metallo brillante e resistente alla corrosione. Come Fran, un ragazzino geniale e intelligente quanto fragile e perverso. 

Titanio (acquista qui) è un romanzo che lascia con il sorriso amaro. Stefano Bonazzi ridisegna un mondo distorto, fatto di cantine, mostri, navi dei pirati, un mare invisibile dentro la Ciambella che è la quotidianità di Fran, un po’ matta e un po’ allucinata.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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