Il viaggio di Mimo e Viola

«Vegliare su di lei» di Jean-Baptiste Andrea

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«Vegliare su di lei» di Jean-Baptiste Andrea

Jean-Baptiste Andrea, già autore di diverse sceneggiature e di libri pluripremiati come Mia regina e L’uomo che suonava Beethoven, è tornato alla ribalta in grande stile con Vegliare su di lei, edito in Italia da La nave di Teseo.

Già vincitore del Premio Goncourt, il libro ha avuto fin da subito un successo travolgente. In corso di traduzione in ventuno Paesi e con diritti cinema e tv opzionati, il capolavoro di Andrea è un grande romanzo popolare dotato di un’accentuata sensibilità storica e artistica.

Scorrendo le pagine si ripercorre tutta la vita di Michelangelo Vitaliani, detto Mimo, figlio di immigrati italiani in Francia che, dopo la morte del padre, nemmeno adolescente, ritorna in Italia per appendere il mestiere di scultore. Un viaggio attraverso il ventesimo secolo del nostro Paese, sempre emozionante e mai retorico.

Il mistero nella bellezza della statua

L’epopea di Andrea ha inizio con una scena che richiama, almeno nell’espediente narrativo, l’Amadeus di Miloš Forman. Mimo, negli anni Ottanta, ormai in fin di vita, si trova in un convento dove viene custodita la sua opera più significativa, la Pietà.

Posai la mano sul fianco, la pietra mi parlò. Era di una bellezza, di una densità unica. Il mio istinto mi diceva che era perfetta, che nessuna fessura nascosta avrebbe rovinato il lavoro dello scultore.

Una scultura che durante le varie esposizioni, dal secondo dopo guerra in poi, ha procurato sensazioni vicine alla sindrome di Stendhal, ma con una vena quasi sensuale, inedita.

Viene aperto anche un fascicolo di indagine, dove i dignitari raccolgono le testimonianze dei soggetti coinvolti. Addirittura, uno studioso dedica alla Pietà un’importante monografia cercando così di rispondere alle domande intorno alla sua genesi. Il Vaticano, dati i tumulti, impiega anche un esorcista al fine di esaminare il blocco di marmo.

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Viola, donna “futurista”

Siamo all’inizio del secolo scorso quando Mimo, affetto da nanismo, viene affidato allo “zio” Alberto, un uomo irascibile e beone, con uno scarso talento per la scultura. Figlio di una prostituita genovese, Alberto vessa Mimo che a sua volta viene impiegato come scalpellino.

Siamo a Pietra d’Alba quando il ragazzo decide di scolpire la prima delle sue opere, attirando su di sé l’attenzione del prelato del paese. Contestualmente conosce Viola Orsini, figlia di aristocratici che, nonostante l’indiscusso genio e invettiva, sembra destinata a una vita monotona, succube delle convenzioni sociali dettate dal patriarcato.

Andrea ricerca in Viola, reale protagonista ed eroina del romanzo, un gesto di emancipazione. La giovane viene definita da Mimo come “futurista”, attratta dalle nuove tecnologie e dall’avventura. Tanto che Mimo, assieme ad altri compagni del paese, la aiutano a costruire un prototipo di velivolo ad imitazione di Gabriele d’Annunzio.

La dolcezza e la violenza

In Vegliare su di lei Viola rappresenta la dolcezza, rinvenibile d’altronde nello stesso titolo, e l’intelligenza. Tuttavia, come contraltare, abbiamo la violenza, tipicamente maschile. Nel romanzo viene raffigurata da personaggi come i fratelli di lei, Stefano e Francesco: il primo divenuto un borioso gerarca fascista, il secondo, invece, un religioso metodico e cinico. Lo stesso Mimo, nonostante le redenzioni che affronta, vive un mondo che lo rende violento, nettamente imperfetto. Però, a differenza loro, Mimo ha l’arte dalla sua.

Per Andrea l’arte rappresenta una via per la libertà, un modo per sfuggire alla predestinazione. E infatti, quello che meraviglia di Vegliare su di lei, è soprattutto la capacità di creare, per il tramite delle parole e dell’immaginazione, delle opere alternative che vivono, palpitanti, sulla pagina.

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Una storia universale

Vegliare su di lei (acquista) vuole essere, contro i soprusi del tempo, un gesto di infinita tenerezza. Una storia universale che vuole, innanzitutto, parlare alle proprie lettrici e lettori. È quasi una fiaba, sospesa fra le aspirazioni dell’infanzia e dell’adolescenza e le realtà della vita adulta. I personaggi, dotati di una loro tridimensionalità, sembrano diventare pedine degli eventi, ma senza mai cedervi totalmente.

L’ultimo romanzo di Andrea è un’ode alla bellezza, alla volontaria accettazione del miracolo di esistere.

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Lorenzo Gafforini

Classe 1996, è nato e vive a Brescia. Laureato in Giurisprudenza, negli anni i suoi contributi sono apparsi su riviste come Il primo amore, Flanerì, Frammenti Rivista, Magma Magazine, Niederngasse. Ha curato le pièces teatrali “Se tutti i danesi fossero ebrei” di Evgenij Evtušenko (Lamantica Edizioni) e “Il boia di Brescia” di Hugo Ball (Fara Editore). Ha anche curato la raccolta di prose poetiche "Terra. Emblemi vegetali" di Luc Dietrich (Edizioni Grenelle). Le sue pubblicazioni più recenti sono: la raccolta poetica “Il dono non ricambiato” (Fara Editore), il racconto lungo “Millihelen” (Gattomerlino Edizioni) e il romanzo “Queste eterne domeniche” (Robin Edizioni). Partecipa a diversi progetti culturali, anche in ambito cinematografico.

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