«La luce che pioveva»: i ricordi che ho di te

Un'opera che profuma di affetto incondizionato

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La luce che pioveva

La luce che pioveva è il romanzo d’esordio di Giuliana Zeppegno (L’Orma Editore, 2022), una storia di ricordi difficili da lasciare andare, un continuo raccontare e raccontarsi il passato, il Novecento personale e collettivo.

Il dialogo di una figlia, in seconda persona, che racconta alla madre il patrimonio di ricordi che ha saputo conservare di lei, e che con intima fedeltà ritorna ai racconti della madre bambina, nata negli Cinquanta. La percezione di un vissuto frammentario ma mai confuso, il desiderio di sciogliere i nodi, addolcire il peso della vecchiaia. Un’opera che profuma di affetto incondizionato.

Ho voluto scrivere le cose che mi hai detto. Le storie, le fantasie, le immagini che la tua memoria ha scelto perché continuassero a esistere, nel suo lungo, oscuro lavorio. 

Questo libro non parla quindi di ciò che è accaduto ma di ciò che tu hai vissuto.

La trama di «La luce che pioveva»

Maria, la madre, è una donna ironica, riflessiva, stenta a parlare di sé e difficilmente si lascia andare ai sentimenti, ma è ostinata ad andare verso la direzione opposta rispetto a quella impartitale dai suoi genitori.  La donna «faceva di tutto, senza saperlo, per non essere con sua figlia ciò che sua madre era stata con lei».

Cresciuta in un contesto rurale nelle campagne piemontesi, non c’era tempo per studiare e svagarsi, bisognava lavorare nei campi e per la famiglia. Un paesino chiuso, sorvegliato dallo sguardo moralista del prete pronto a negare la comunione alla ragazzina sorpresa, il giorno prima in piazza, a lasciarsi andare a effusioni amorose.

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Giuliana Zeppegno procede nella sua prosa, utilizza il «tu» materno senza mai giudicare, raccontando le fugaci esperienze della vita da adulta, lontana dal nido familiare, le sfide del matrimonio, la maternità, i drammi oscuri a cui era ancora difficile dare un nome.

A portare le redini della vita, la Storia: i movimenti studenteschi, le lotte dei sindacati, la morte di John Lennon, la fine della Prima Repubblica, la caduta delle Torri Gemelle e le immagini che la televisione proiettava nella loro casa. Un’esistenza normale, in cui «non vi succede quasi nulla, ma si potrebbe anche dire che vi succede tutto».

Il ritratto di una donna

Nella comune narrazione di una vita, però, risalta all’occhio la rinascita di una donna che si scopre nella modernità. È l’immagine di una donna che, alla soglia dei cinquant’anni, si scopre libera di diventare se stessa, di aderire alla propria natura, lasciandosi alle spalle le tensioni insolute di una realtà che non deve spiegarsi, di lavori in cui non deve riflettere, ma accettare le cose così come stanno. Può finalmente chiudere la porta all’umanità e riposarsi. Sempre fedele al passato, finalmente pronta a occupare il suo comodo spazio nel presente.

Il romanzo sembra assumere la forma di una lunga lettera in cui la figlia senza alcun filtro sentimentale sembra dire alla madre: ecco, questi sono i ricordi che io ho di te.

La vertigine

Quale sia l’ingrediente segreto per essere una buona figlia, lavoratrice, moglie e poi madre, non si sa. Ma La luce che pioveva (acquista) non è altro che un tentativo per scoprirlo, per analizzare, oltrepassando il confine intimo della riservatezza, il significato di un percorso amato e sofferto. Ogni accadimento, dall’educazione ricevuta a quella donata, si trasforma in equilibrio, nella comprensione che si fa protezione.

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Consigliato a chi è pronta a ripercorrere il viaggio emotivo attraverso i ricordi di un paesaggio contadino, di una vita onesta, attraverso la Storia e una crescita libera, lontana dagli schemi. Le vicende personali che ci portiamo dentro diventano, una volta ancora, fonte di meraviglia. Quanta strada ci si è lasciati alle spalle, quanta ancora ce n’è da percorrere. È inevitabile sentire la vertigine.

Forse, l’ingrediente segreto della vita è proprio questo: sentire la vertigine ma farlo comunque. Stupirsi sempre, soprattutto di sé, prima di dimenticare.

Perché scrivere tutto questo? Perché è necessario dimenticare, lasciare andare, reinventare; ma lo è altrettanto mantenere.

Per far la pace con il passato e con tutti i passati che mi si agitano dentro. 

Perché ogni vita è stupefacente. 

E per altre ragioni che mi tengo per me.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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