Glitch feminism: l’essere nello spazio digitale

Un manifesto a favore degli errori, possibili rivoluzioni in divenire

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Glitch Feminism

Glitch feminism è un manifesto necessario e provocatorio che vuole dimostrare come l’errore possa diventare una rivoluzione. Il glitch è, infatti, uno sbaglio, una falla. Il glitch rifiuta, è cosmico, offende, fa ghosting, cripta, è anti-corpo, è pelle e virus, il glitch mobilita e sopravvive. 

Glitch feminism è un saggio scritto da Legacy Russell, curatrice delle esibizioni di The Studio Museum di Harlem, ed edito da Giulio Perrone Editore. Il libro, un manifesto, propone un cambiamento di prospettiva e invita a riflettere sul mondo online non per come lo conosciamo, quel mezzo demoniaco che ci allontana dalla realtà, ma come una sorta di salvezza. Se non l’abbiamo mai considerato in questo modo significa che facciamo parte di una cerchia di privilegiati. 

Glitch e cyberfemminismo 

Legacy Russell ha dodici anni quando crea il suo primo avatar digitale, LuvPunk12, e si tuffa nella piscina della rete, dove il suo essere donna, nera e queer non è più rilevante. Sul web, l’essere può manifestarsi nelle sue molteplici forme, assecondando i propri desideri e ambizioni. Il contrasto con il mondo reale è lampante: «sotto il sole del capitalismo non possediamo altro che il nostro corpo».

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Tuttavia, come sostiene Legacy Russell, separare il mondo digitale dall’altro non è propriamente corretto: quello che facciamo lontano dalla tastiera non è più vero di ciò che facciamo mentre siamo connessi. Glitch feminism è un nuovo capitolo del cyberfemminismo che esplora il rapporto tra genere, tecnologia e identità. Alla fine, il glitch non è altro che un invito a mandare in cortocircuito il sistema.

Il corpo

Al centro del saggio di Legacy Russell c’è il corpo che può essere definito come espressione del genere, e quindi limitante. Il corpo è un ornamento da mettere costantemente in vetrina, da far ammirare, commentare, passare in rassegna dal male gaze e distruggere dalla diet culture.

Il mio corpo di preadolescente era consumato dalle convenzioni sociali, stanco di sentirsi dire che doveva occupare meno spazio, stanco di essere visto ma non ascoltato, sistematicamente cancellato, corretto, ignorato, mentre io volevo soltanto muovermi. Nella vita di tutti i giorni mi sentivo intrappolata, sempre a disagio, schiacciata dal peso dell’incessante sguardo eteronormativo bianco.

Il corpo è circoscritto dal genere che gli impedisce di sviluppare il suo vero potenziale. Non si può essere tutto in un mondo dominato dal binarismo. L’universo digitale offre la possibilità di distruggerlo, abbracciando l’idea di fluidità, di un’identità che scorre assumendo tutte le forme e le sfumature che incontra nel suo cammino. «Quando il binarismo si frantuma in mille pezzi, da campo di battaglia, il genere diventa campo da gioco».

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Quello a cui aspirano Legacy Russell e le cyberfemministe è uno smantellamento del corpo, che poi, se ci pensiamo, è quello che avviene nel mondo digitale. Siamo nomi, identità, bacheche con le tematiche che ci interessano, conversazioni divertenti e altre tragiche: non abbiamo un corpo, solo un’interiorità pronta ad esplodere. 

L’identità

«Non si esiste soltanto se si è riconosciuti, ma se si è riconoscibili. Definiamo noi stessi attraverso la nostra capacità di essere riconoscibili». 

In Glitch feminism (acquista) si riflette sulla costruzione dell’identità e sull’uso dei social come spazio per la sperimentazione della stessa. I media sono, infatti, un’importante risorsa soprattutto per le persone queer che hanno la possibilità di andare oltre gli spazi e le relazioni del quotidiano per mettersi in contatto con altri ragazzi e ragazze queer per poter dare sfogo alla propria individualità, qualsiasi essa sia. Il potere del web è sottovalutato, spesso lo si considera come una sorta di distrazione dalla vita reale, ma se fosse proprio questa, la vita reale? Quella in cui ciascuno può essere ciò che vuole?

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Maria Ducoli

22 anni, studio linguistica a Venezia, leggo, scrivo e cerco di sopravvivere alla giornata.

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