La trama
Siss è vivace e chiacchierona, Unn timida e silenziosa. Siss è la capobanda del suo gruppetto di compagni di classe, Unn sta in disparte, appoggiata contro il muro a guardarli giocare. Una agli antipodi dell’altra, le due protagoniste de Il castello di ghiaccio non potrebbero essere più diverse. Eppure, a poco a poco prende il via un gioco di sguardi, di sfide silenziose. Avvolta dal fascino misterioso che riveste le nuove amicizie quando si ha undici anni, Siss una sera si avventura lungo la strada fredda e buia che porta alla casa della zia di Unn, dove la bambina si era trasferita in seguito alla morte della madre.
Una volta al sicuro dietro la porta chiusa della camera di Unn, le due protagoniste sono impacciate, silenziose, si studiano e si avvicinano l’una all’altra a fasi alterne, come un’onda che si infrange e si ritrae. Ciò che le unisce definitivamente è uno specchio, all’interno del quale si tuffano e si riconoscono. Unn ha sulla punta della lingua un segreto, ma poi non lo dice. Siss è inquieta, forse l’attrazione è troppa, non capisce. Preferisce tornare a casa.
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La mattina dopo il banco di Unn resta vuoto. Non volendo incontrare la nuova amica, si avventura nel castello di ghiaccio, un luogo considerato come una sorta di rito di passaggio da Siss e i suoi compagni. Tuttavia, per Unn diventa una prigione. Il suo banco resterà vuoto anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Tutti la cercano, nessuno la trova. Siss fa una promessa: «Non lascerò che ti dimenticheranno, Unn. Penserò sempre a te». Si isola, la depressione l’avvolge finché l’inverno non inizia ad affievolirsi, sciogliendosi. Siss tornerà dagli altri compagni e tornerà anche da Unn.
Legami indissolubili
Tarjei Vesaas delinea le protagoniste del suo libro con dei tratti a matita. I contorni sono leggeri, a tratti sbiaditi, carichi di mistero. Leggendo viene da chiederci perché. Perché Siss quella sera ha così fretta di allontanarsi dalla nuova amica, perché Unn non le rivela quel segreto che si rigira in bocca come una caramella al lampone, perché la mattina dopo è così imbarazzata all’idea di rivedere Siss. Fin dalle prime pagine non ci si può non affezionare alle due ragazzine e non sorridere di fronte al ricordo di quell’attrazione che tutti abbiamo sperimentato alla loro età per una nuova amicizia.
Sono due figure che ritornano, che ci richiamano alla mente altre amicizie letterarie: quella tra la protagonista de I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy e Frédérique, ma anche Lila e Lenù de L’amica geniale.
Nonostante l’amicizia tra Siss e Unn sia nata da poco, Siss è ferrea nel rispettare la sua promessa. Sarà la zia di Unn a liberarla. «Non puoi legarti così solo al suo ricordo e chiuderti a tutto ciò che per te sarebbe naturale» le dice la sera prima di partire. Senza la nipote, l’anziana non riesce più a stare nel villaggio. Prima, però, vuole parlare alla ragazzina triste che dopo la scomparsa di Unn si era raggomitolata su se stessa e sul ricordo dell’amica. Siss non è sicura di potersi fidare della donna, «davvero puoi sciogliere la mia promessa?» si accerta mentre percorrono la strada buia che ha smesso di farle paura.
Una favola nera
Tarjei Vesaas dipinge ne Il castello di ghiaccio (acquista) l’inverno norvegese con maestria. Pagina dopo pagina, i lettori vengono calati nell’atmosfera nordica da fiaba, imbiancata dai fiocchi di neve e resa luccicante dai riflessi del sole su spessi strati di ghiaccio.
La sua è una favola nera, in cui la tragedia non tarda ad arrivare e la tristezza impregna la carta. Una tristezza a cui, però, non si può resistere. Ancora una volta, come già accaduto per Gli uccelli, i protagonisti di Vesaas sono bambini e adolescenti che stanno ai margini, troppo sensibili per stare al mondo e, al tempo stesso, con il dono di vedere l’essenziale.
Il confine tra la vita e la morte non è delineato e il castello di ghiaccio ne è l’emblema: se da una parte è la meta agognata dei ragazzini, vista come una sorta di prova da superare per varcare la soglia del mondo adulto, dall’altra è il braccio che afferra Unn per non lasciarla più andare.
I lati noir della fiaba di Vesaas ricordano Shirley Jackson, le atmosfere che lasciano il fiato sospeso per la concentrazione di toni cupi unita alla spensieratezza delle giovani protagoniste. In Vesaas, però, il creepy lascia spazio alla malinconia, quella di chi perde un affetto senza capirne la ragione.
Ė come quando le stelle brillano dal fondo di un pozzo. Non c’è una spiegazione.
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