Varianti nate storte e cariche di sbagli

«Il corpo inverso» di Barbara Guazzini

9 minuti di lettura
Il corpo inverso

Si definisce in medicina situs inversus o eterotassia quella condizione congenita rara dove gli organi interni sono invertiti in modo speculare di fronte alla loro usuale posizione. In fondo, se fuori siamo tutti uguali, dentro c’è una minima possibilità che siamo diversi dagli altri, in quanto la vita ci ha preservato un corso degli eventi che va al contrario rispetto alle nostre aspettative, e come salmoni siamo costretti a nuotare controcorrente per cercare di cambiare le cose.

Lo stesso destino è toccato a Dante Fanti, protagonista del romanzo Il corpo inverso della scrittrice maremmana Barbara Guazzini, conosciuta nel panorama editoriale indipendente per aver pubblicato racconti su riviste come Nazione Indiana e ‘tina. Titolo finalista al Premio Walter Mauro 2023, l’esordio di Guazzini inaugura la collana di narrativa italiana «Bottoni» di 8tto Edizioni.

La trama di «Il corpo inverso»

Il corpo inverso si svolge a Livorno. Il protagonista, Dante, affetto da situs inversus, si ritrova ormai adulto a riaccogliere suo padre Leonardo, finito alla casa circondariale delle Sughere a seguito di una colluttazione in cui è rimasto ucciso un uomo. Proprio, però, nel momento del tanto atteso ritorno a casa, l’uomo muore a seguito di un attacco cardiaco.

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Da qui in poi il protagonista, aiutato da personaggi come il secondino Riccardo, la psicologa Marta, Elisabetta e la madre – con cui ha un rapporto conflittuale che nemmeno la morte del padre risolverà – dovrà intraprendere un percorso al contrario che dalla morte di Leonardo lo porterà a ciò che veramente è accaduto il giorno dell’incidente, e che metterà in discussione le sue certezze e forse le sue responsabilità nei confronti del padre.

La formazione inversa di un corpo inverso

Giocando con il titolo del romanzo, si azzarderebbe a dire che la storia narrata da Guazzini in Il corpo inverso sia quella di una formazione inversa. Se solitamente nel romanzo di formazione un protagonista cresce grazie alle esperienze di vita che compie, in questo caso ci ritroviamo di fronte a un Dante che, sebbene cresca biologicamente, in realtà non cambia il suo modo di confrontarsi con la realtà, che si conferma nel momento in cui raggiunge la verità finale nei confronti del suo rapporto paterno.

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Nel corso della storia, infatti, Dante trova sempre più la conferma del fatto di essere diverso dagli altri per il semplice fatto che la vita ha riservato per lui qualcosa di diverso rispetto a quello che si era immaginato: essere senza un padre, ma soprattutto essere incapace di amare una persona come Elisabetta per timore di rimettere in moto a parti inverse il processo che ha portato a disgregare la sua famiglia.

Essere al rovescio solo dentro

Dante, così, intraprende un percorso al rovescio nel suo passato e in quello di suo padre a partire dai suoi sentimenti. Ogni cosa della sua vita lo fa stare male, in quanto «i pensieri neri sono come il catrame quando ancora non si è seccato, che si attacca alle suole e non si leva più. Te lo porti ovunque e imbratta ogni cosa». I pensieri neri contaminano ogni cosa, soprattutto la casa della sua infanzia, dove attorno «si è sparso solo uno spazio vuoto», lo spazio di chi sa che, se da un lato tutto va avanti come sempre, dall’altro ci troviamo immobili e incapaci di superare il nostro dolore.

Arrivati a questo punto, Dante ricorda le parole del padre: «per avere una visuale perfetta su qualcosa bisogna trovarsi alla distanza giusta». Gli anni passano, ma il protagonista fa tesoro di quanto gli ha detto il padre per ricordarlo, per provare a tornare indietro con la memoria e cercare di recuperare quanto ha perso a causa della sua incarcerazione prima e della sua morte poi, cercando di volgere lo sguardo altrove nel momento in cui si imbatte di qualcosa di doloroso.

Tutti hanno un passato

Il punto di svolta della vicenda di Dante si ha nel momento in cui arriva nella sua vita Elisabetta, ragazza in realtà conosciuta a scuola quando era bambina. La ragazza è – ed è l’unica anticipazione che si darà per interpretare al meglio il romanzo – la figlia dell’uomo rimasto coinvolto nella colluttazione che ha portato all’incarcerazione di Leonardo. Elisabetta, dunque, è una ragazza che come tutti ha un passato, sostiene Marta, la terapeuta di Dante, e in questo il protagonista comincia a capire di non essere l’unico ad avere una vita inversa.

Mi ero convinto di poter andare avanti con una vita ordinaria, ma ho ricevuto un segnale: i cornetti sono finiti schiacciati sotto le ruote dell’autobus. Ero così frastornato che non mi sono sentito di riaffrontare Elisabetta col carico di morte sulle spalle. Me lo hai mandato tu, vero, quel segnale? Credi che io ed Elisabetta siamo sbagliati, messi uno accanto all’altra?

Se Dante da un lato pensa di trovarsi nel posto sbagliato assieme a Elisabetta, dall’altro la sua terapeuta gli fa capire che deve «accettare l’idea che non si può mantenere il controllo su tutto», in quanto le cose «portano da qualche parte, che non è per forza dove tu non vorresti». Il protagonista, quindi, comprende che «il passato non si modifica in una vita intera», specie quando arriva a togliere i meccanismi di difesa della memoria, che lo vedono sul luogo della colluttazione quando era bambino.

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Che cosa abbia fatto veramente Dante quel giorno lo scoprirà il lettore da solo, ma il protagonista arriva ad affrontare il suo passato con coraggio, a comprendere che ogni nostro passo può cambiare le cose per le nostre vite e per quelle degli altri, e che dobbiamo accettare rassegnati l’idea che noi tutti siamo «variabili nate storte», incapaci di rimediare ai torti che subiamo e che gli altri subiscono, e dunque costretti a imparare come farsi carico dei propri sbagli e cercare la consolazione in chi come noi ha un destino al rovescio.

Essere storti, ciascuno a modo suo

Il corpo inverso (acquista) non è un semplice romanzo sul rapporto padre-figlio. È un libro che parte da questo per sviluppare riflessioni delicate e profonde sul nostro destino, sui passi che facciamo e che spesso possono stravolgere ciò che tocchiamo, su come alla fine nasciamo tutti storti dentro, pieni di sensi di colpa, carichi di sbagli che cerchiamo di riparare, ma che alla fine restano irreparabili. Ciò a cui Guazzini ci invita è non avere paura di ammettere di essere sbagliati, non aver timore di accettare la propria colpa, ma allo stesso tempo di provare tutto il possibile per cambiare un destino controcorrente che ci condanna alla solitudine.

Del resto, qui siamo tutti storti, ciascuno a proprio modo, ma alla fine formiamo un quadro astratto in cui le nostre stranezze trovano spazio, si dispongono in aderenza le une con le altre, senza cozzare o sovrapporsi.

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Alberto Paolo Palumbo

Insegnante di lingua inglese nella scuola elementare e media. A volte pure articolista: scuola permettendo.

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