Anche quest’anno, come gli altri anni, al Premio Strega prevalgono libri biografici, che raccontano vite di persone illustri e non attraverso cui scrittori e scrittrici di ogni sorte cercano di affrontare temi più o meno universali. Esempi illustri in questo senso sono stati M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati, ma anche Due vite di Emanuele Trevi, che lo Strega lo hanno vito parlando delle vite degli altri attraverso le quali interpretare il nostro presente.
In pochi, però, hanno provato a tematizzare questo aspetto: il rapporto fra la scrittura della vita degli altri e noi stessi, indagare quella che Roberto Bolaño definiva «la più recondita memoria degli uomini», ovvero le infinite possibilità che le vite degli altri ci offrono per conoscere la realtà. Importante è, infatti, capire come mai si sceglie di parlare di una certa persona, e che cosa questa persona esattamente ci può raccontare di noi e di ciò che ci circonda. In questo senso è interessante Incompletezza, nuova fatica di Deborah Gambetta candidata al Premio Strega 2025.
La trama di «Incompletezza»
Incompletezza si concentra sulla vita di Kurt Gödel, matematico nato a Brno (nell’attuale Repubblica Ceca) sotto l’impero asburgico e noto per i suoi teoremi sull’incompletezza delle teorie matematiche di Peano e Hilbert dove ha voluto dimostrare come certi sistemi di assiomi che non riescono a stabilire la verità o falsità di certe proposizioni siano in realtà incompleti.
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Amico di John von Neumann e Albert Einstein, Gödel è stato più di un matematico e di un fisico: è stato un logico, e con le sue teorie ha cercato di portare la matematica a un livello filosofico più alto tentando di sondare le infinite possibilità delle proposizioni matematiche per provare ad arrivare a toccare l’infinito, del quale era talmente ossessionato al punto da fomentare il proprio carattere ossessivo-compulsivo.
Cosa c’entra, però, in tutto questo Deborah Gambetta, che in questo libro ci mette la faccia in prima persona? L’autrice ragiona sui motivi che l’hanno portata a parlare di Kurt Gödel, e attraverso il suo legame con la famiglia parla, invece, del suo rapporto con l’ex compagno e le persone che sono state parte della sua vita, a riprova del fatto che, forse, le vite degli altri dicono veramente qualcosa di noi.
«Incompletezza»: un’auto-biografia
Dal punto di vista biografico, Gambetta fa qualcosa già fatto prima di lei da autori come Benjamin Labatut con Da quando abbiamo smesso di capire il mondo o Maniac oppure Daniel Kehlmann con La misura del mondo, ovvero parlare di vite di scienziati e matematici i quali, con le loro manie e ossessioni, ben rappresentano le ossessioni di scrittori e più in generale dell’umanità nei confronti della vita e delle proprie aspirazioni.
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A differenza degli autori citati, Gambetta innesta la sua vita in quella di Kurt Gödel, facendo proprie le sue ossessioni e aspirazioni, rendendo questo libro una sorta di auto-biografia: da un lato parla di sé stessa senza mediazioni della fiction, ovvero cercando per una buona volta di abbandonare l’ossessione all’autofiction che colpisce gli scrittori italiani contemporanei per metterci direttamente la faccia, e dall’altro parla della vita di Kurt Gödel presentando i suoi momenti più importanti come, ad esempio, il primo teorema dell’incompletezza, l’esilio americano, il rapporto con la moglie Adele e la sua morte in America.
«Incompletezza»: un libro-sfida per il lettore
Questo aspetto da sottolineare è importante in quanto l’ossessione in comune per l’ignoto e il fallimento nel rappresentarlo appieno si rispecchia soprattutto nella struttura dei capitoli. I capitoli infatti sono numerati da 0 a 27 e poi al contrario da 27 a 0, a riprova del fatto che come Gödel anche Gambetta prova ad andare verso l’infinito per conoscere il mistero dietro la figura di Gödel per poi tornare indietro in quanto, alla fine, il mistero della vita di Gödel come le proposizioni matematiche restano irrisolte.
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Altro aspetto originale di questa auto-biografia è l’inserimento di capitoli introdotti con delle parti in corsivo relative alla dimostrazione dei teoremi di Gödel, in cui l’autrice dà delle avvertenze ai lettori invitandoli a saltare quelle parti in quanto ritenute complesse. In questo senso Incompletezza è da interpretarsi anche come un libro-sfida dove anche al lettore è richiesto di addentrarsi nelle ossessioni di Gödel e dell’autrice sfidando i propri limiti cercando di interpretare le difficili spiegazioni matematiche, e chi salta questi capitoli resta soltanto alla superficie della vita del matematico senza cercare di capirla fino in fondo.
Kurt Gödel secondo Deborah Gambetta
Parlare di questo libro-sfida, di questa auto-biografia o come si preferisce definirlo, significa per forza di cose parlare della persona attorno alla quale è incentrato, e in questo caso si tratta del matematico Kurt Gödel. In un certo senso Deborah Gambetta scrive la sua vita in maniera più o meno lineare perché capire dove nasce la sua ossessione per la dimostrazione della veridicità delle cose significa addentrarsi nella vita del matematico fin dall’infanzia:
[…] i perché del piccolo Gödel non si esaurivano mai. Setacciavano la realtà, esigevano l’essenza, richiedevano il nocciolo delle cose. Se ciò che saremo lo siamo già a un anno, due, tre, quattro, ciò che sarebbe stato Gödel era già tutto in quel bambino che inanellava perché su ogni cosa e che sembrava non accontentarsi mai delle risposte degli adulti.
Risulta molto chiaro che la vita di Gödel «quella vera, era tutta dentro la sua mente». Allora per Gambetta diventa necessario addentrarsi non solo nelle sue teorie matematiche e in un linguaggio – quello della logica – difficile da decifrare, ma anche nel caos che governa quella mente che, come quella di uno scrittore, non solo è capace di plasmare mondi, ma deve lottare per un’altrove, ovvero per cercare di interpretare «una parte di mondo che la sua mente faticherà a registrare».
Qui è allora il punto di incontro fra il matematico Gödel e la scrittrice Gambetta: non soltanto nel dare vita a storie, a mondi, ma anche nel cercare di «inseguire una voce», e nel farlo immaginare alternative possibili. Sia Gödel che Gambetta scrivono, riproducono delle immagini nella loro solitudine, ma nel farlo si rendono conto che, sebbene qualcosa rimanga, qualcos’altro invece «resterà sempre sfuggente, sempre inafferrabile».
Scrivere è un viaggio nel mistero dell’ignoto
Gambetta e Gödel, allora, diventano quasi un’unica persona. L’autrice infatti scrive che «voleva la sua testa, voleva vedere attraverso i suoi occhi, voleva capire le cose che maneggiava lui» e «voleva il senso, la salvezza» che Gödel pensava di trovare nel reame della logica matematica, quel sistema di formule e proposizioni che dovevano aiutarlo a fare ordine non solo nella sua mente, ma anche nella sua smania di dare un senso al mondo e a ciò che non si può dimostrare.
Se Gödel cercherà in ogni modo di mettere ordine alla realtà, Gambetta cerca di fare ordine nella vita del matematico, ma comprende che quella che pensa di realizzare è soltanto l’illusione di un ordine della sua vita, in quanto ci sono parti di essa che continueranno a essere inspiegate al punto da ritenere la scrittura «un viaggio nell’ignoto»:
Ma se scrivere su qualcuno non fosse altro che un prolungato tentativo di riempire i vuoti tra un frammento e l’altro senza illudersi di riuscire a farli combaciare perfettamente? Senza illudersi di restituirli alla realtà?
Mettere ordine all’esperienza
Andando avanti con il racconto della vita di Gödel, soprattutto il racconto delle sue paranoie e dei suoi primi fallimenti come la questione del continuo, Gambetta riesce a trovare forse la risposta che il matematico non è riuscito a trovare nei confronti della realtà: «l’unica realtà che comprendiamo è la nostra esperienza» e «le leggi dell’infinito sono estrapolazioni della nostra esperienza con il finito».
Gambetta e Gödel trovano così le loro risposte, il loro senso al caos, nelle ossessioni che danno senso a ogni cosa. Nell’illusione di poter mettere ordine alla vita del matematico Gambetta crede di poter mettere ordine alla sua vita, mentre nella ricerca di risposte sul continuo dei numeri reali Gödel crede di poter dare forma a ciò che non conosciamo. Gambetta e Gödel sono uguali perché è nella loro ossessione per la verità che vivono e danno un senso alle proprie vite. Allo stesso tempo, sono accomunati anche dalla creazione di una parvenza di ordine al caos della propria vita.
Alimentare ossessioni per vivere
Con Incompletezza (acquista) Deborah Gambetta è riuscita a fare ciò che mai nessuno ha osato fare: metterci la faccia, raccontare che cosa significa scrivere una biografia, perché ne sentiamo il bisogno e soprattutto che cosa cerchiamo dalla vita di una persona. Attraverso l’ormai consolidato e fortunato connubio fra scienza, matematica e letteratura, Gambetta ci illustra tramite la vita e le ossessioni di Kurt Gödel come matematica e letteratura siano accomunate dalla stessa ossessione per la verità, un’ossessione che crea illusioni che non daranno mai risposte ai nostri infiniti perché, ma almeno ci permettono di vivere e a modo nostro di dare senso alla nostra esistenza.
Raccontare la tua vita è stato per me mettere ordine nella mia. Allora indugio ancora un po’ sulla soglia, sistemo una parola, riscrivo una frase, taglio qualche riga. Ritardo il momento. Spero davvero che tu abbia trovato tutte le risposte. Da parte mia posso solo dirti grazie. Grazie per questo meraviglioso viaggio, Kurtele.
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