Dodicesimo romanzo dell’autore fiorentino Valerio Aiolli, Portofino Blues (Voland) è un’opera oscura, un noir che recupera e racconta una storia vera, quella della contessa Francesca Vacca Agusta, scomparsa e poi trovata morta nel gennaio 2001. Mescolando la ricostruzione narrativa dell’ultimo giorno di vita della contessa alla narrazione del processo, Aiolli scava a fondo in una vicenda di cronaca nera tra le più misteriose e rivelatrici della storia recente del nostro Paese. Il libro è stato candidato al Premio Strega 2025 su proposta di Laura Bosio con la seguente motivazione:
[…] Le pagine di Aiolli hanno ogni volta qualcosa di insolito e per me coinvolgente: ad attirarmi credo siano la precisione dei suoi meccanismi narrativi e l’implacabile scavo interiore dei personaggi, spesso con raffinata ironia, la luce nuova sulla realtà, sugli attori, sui costumi, sulla nostra società in cerca di risposte e senso.
Dentro e fuori gli spazi del mistero
Da un punto di vista strutturale, Portofino Blues è diviso in capitoli in cui si alterna da un lato il resoconto degli avvenimenti successivi alla scomparsa della contessa (i capitoli intitolati “Fuori”), dall’altro la drammatizzazione dell’ultimo giorno di vita della stessa (“Dentro. Lunedì 8 gennaio 2001”). Le locuzioni spaziali si riferiscono ad un luogo preciso, ovvero la Villa Altachiara a Portofino, residenza della donna nonché teatro principale del mistero al centro della narrazione. Quest’ultima, come dimostra la stessa strutturazione dei capitoli, si sostanzia attraverso il rapporto che s’instaura tra gli spazi e i personaggi.
Niente di ciò che aveva visto in Messico si avvicina però sia pur lontanamente a Villa Altachiara. A Cuernavaca la ricchezza è mostrata, qui viene data per scontata. In Messico la ricchezza pesa come un buon pasto troppo condito qui regna la sovrana leggerezza, la divina sprezzatura, come se il denaro, che pure la fa da padrone, fosse la cosa meno interessante. A Cuernavaca la ricchezza è un cocktail ad alta gradazione alcolica da bere con amici chiassosi, a Villa Altachiara è aria sottile, si inala in silenzio, senza quasi accorgersene. Ma se ti fermi a pensarci, ti rendi conto che senza quel respiro non ce la faresti a vivere. Non più. Villa Altachiara, pensa a volte Tirso, è la trasposizione di un potente eppure etereo sogno nordico, mentre in Messico capita che i sogni abbiano la triste fisicità di un incubo dai colori saturi.
Gli spazi – non solo Portofino, ma come si evince da questo estratto anche il Messico oltre ad Hammamet e Milano – definiscono nel romanzo i rapporti di potere tra i personaggi, ne illustrano il lusso e le possibilità economiche. Gli ambienti in cui i personaggi si muovono, infine, sanciscono anche la conoscenza e il suo potenziale accesso: chi è “dentro”, infatti, ha delle informazioni che chi sta “fuori” non può e non riuscirà a sapere.
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Gli ambienti del romanzo son dunque caratterizzati per quest’ambiguità che caratterizza sia la loro dimensione simbolica – il rapporto col lusso e col danaro che questi ambienti mettono in scena – sia la loro dimensione pratica – la strutturazione degli ambienti di per sé favorisce o meno certi atti comunicativi. L’intelligenza dell’autore di Portofino Blues risiede nella sua capacità di connotare i palazzi, le stanze, le strade e i luoghi in cui i “suoi” personaggi si muovono per mostrarne il contesto sociale, inteso in un suo senso più ampio oltre che quello strettamente geografico e storico, ma anche quello politico, economico e sociale.
Lo spettacolo del macabro
La ricostruzione di Aiolli non mira, tuttavia, a una semplice restituzione di una storia. Similarmente ad altre operazioni letterarie di true crime come La città dei vivi di Nicola Lagioia o Nero Ananas dello stesso Aiolli, Portofino Blues parte dalla storia di cronaca nera, la ricostruisce e l’analizza non per approfondire il solo avvenimento specifico, ma per restituire il ritratto di un Paese intero in un momento ben preciso. Quest’ultima istanza è ancor più vera se si fa caso al fatto che questo è stato il primo caso di cronaca nera ampiamente coperto dai media nazionali nel XXI secolo.
L’immagine che la scrittura di Aiolli, come uno specchio, riflette e presenta è quella di un mondo dominato dal lusso e dallo spettacolo, soprattutto quello televisivo e cinematografico, come non mancano di notare le numerose citazioni che vengono fatte a personaggi, programmi e film che caratterizzano il periodo, da Caro Diario di Nanni Moretti ad Ennio di Giuseppe Tornatore:
Programmi televisivi pomeridiani e serali dedicano servizi e approfondimenti alla sparizione della contessa. Si muovono i grossi calibri: Emilio Fede, Maurizio Costanzo, Bruno Vespa, tutte persone che probabilmente l’avranno conosciuta a qualche festa. Vengono trasmessi filmati girati nel borgo. Spesso come colonna sonora viene utilizzata la musica di Ennio Morricone.
La contessa Vacca Agusta, enigmatico e sfuggente personaggio al centro del romanzo, d’altronde si muoveva proprio nei circoli delle classi sociali più alte del Paese, intrattenendo rapporti con ingegneri, politici e personaggi pubblici di spicco, fino a essere stata pienamente coinvolta nella fuga di Bettino Craxi del 1994. La stessa Villa Altachiara, come esplicitato dallo stesso Aiolli, è stata la magione che ha ispirato la celeberrima Downton Abbey, a sottolineare proprio questa centralità della sfera pubblica all’interno di questa vicenda.
Di questa sfera pubblica, Portofino Blues restituisce un ritratto ambiguo, in cui le passioni e i desideri umani muovono i soldi e il potere più spesso della ragione e del raziocinio. La morte della contessa, in questo senso, segna non solo una possibile via d’accesso a questo mondo chiuso e inaccessibile se non attraverso i soldi, ma ne segna anche il decadimento, come sottolineano le esperienze delle persone accanto alla contessa una volta che questa scompare e decede.
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Una penna sottile per «Portofino Blues»
A tenere tutto unito – la detection, il ritratto della società italiana degli anni Novanta e dei primi Duemila, la ricerca e approfondimento psicologico dei diversi attanti sulla scena – è la penna incisiva e a tratti crudelmente ironica di Valerio Aiolli. L’autore fiorentino è in grado di fornire un grande senso di coerenza all’interno di una materia letteraria così frammentaria e volutamente lacunosa.
Destreggiandosi in giochi di focalizzazioni alternate, con Portofino Blues (acquista) Aiolli riesce a restituire tutta la complessità di un caso di cronaca nera che, più che fornire delle risposte, pone una serie di domande sulla nostra società, in un romanzo dalle tinte noir in grado di catturare il lettore sin dalle primissime pagine. Un esperimento, quello di Aiolli, che si accoda ad altri casi di narrazioni true crime in grado di rivelare molto più che la soluzione di un caso di cronaca nera, con grande attenzione e profondità.
Carlo Pisani
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