Le setole in questo romanzo sono ovunque: sono tracce scure negli occhi di un amore, il manto dei cavalli, i tappeti, i prati, gli spazzolini… Sono carezze che graffiano come un amore che non sa qual è il suo potere.
Dopo Liquefatto, romanzo irrequieto che aveva fatto della strada la sua struttura narrativa – dai ritmi veloci e caotici ai più lenti, attraverso personaggi sfuggenti –, l’autrice Hilary Tiscione pubblica il suo secondo romanzo Setole, ancora una volta con la casa editrice Polidoro, e trattiene i suoi personaggi liquidi in un’unica ambientazione: una villa con piscina.
«Setole» e distruzione
Un po’ come nel film La piscina, con Alain Delon e Jane Birkin, il tempo sembra sospeso, come se nulla di tutto ciò che sta accadendo fuori dalla villa fosse importante, da quando Al è scappato senza lasciare tracce. La figlia Lena lo attende. Non si sa che fine abbia fatto l’uomo, un musicista importante a livello internazionale: forse un litigio, o forse il desiderio di staccarsi dall’asfissiante famiglia. Mira, la moglie, è sull’orlo di un esaurimento: sedotta dalla morte, non desidera altro che il dolore. E un po’ d’amore. Cino, il factotum della villa, custode delle due solitudini, è l’unico a fare in modo che nulla vada in pezzi.
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I tre personaggi sono imprigionati nelle loro vite, a volte nelle loro stanze, a parte l’infrazione nella bolla di amarezze di alcuni operai indaffarati nella ristrutturazione della dépendance. Il più giovane fra questi, Rocco, stringe un’amicizia particolare con Lena: tra i due la carica sessuale è palpabile dalle prime pagine, se non fosse per l’inesperienza dei due nel lasciarsi andare. Ma ecco che l’estate libera l’incandescente desiderio di sentirsi eterni, e Rocco e Lena ne resteranno presto vittime. Per questo motivo, quando i lavori finiranno, Lena chiederà a Rocco di fermarsi a vivere nella villa. Nonostante Lena non abbia mai avuto un ragazzo, nonostante il padre sia scomparso e chissà se tornerà, nonostante si senta orfana pur avendo una madre. Lena, Rocco, Mira. Tre volti di un amore che finiscono per scontrarsi. Non c’entra la gelosia, non c’entra il fraintendimento. C’entra la distruzione che incombe sulla villa, mentre gli abitanti attendono il ritorno di Al che potrebbe mettere un velo su quella sofferenza.
Un campo di setole spanate o incollate in una punta indurita dalla saliva o dalle paste che luccicano contro luce. All’ombra. Al buio. Setole spezzate dalle ceneri accaldate dal sole, svigorite dal calcare, mai lavate, sature di tossine. Setole lubrificate dal grasso della pelle, dal sudore che, ancora, ingoiano cere e farine di lusso e miele impollinato di brillanti. Non hanno motivo di stare qui, i pennelli per la faccia. Non c’è un motivo vero manco più per le setole che sono entrate e uscite dalla bocca di Al. Setole cementate dal dentifricio secco di giorni. Setole del suo spazzolino stramazzato morto in un’altra ciotola pesante, attento comunque a partecipare all’idea di cimitero che si sono fatte queste setole, tutte, ferme, disfatte, spacciate, diradate, defunte.
Un romanzo sospeso e cinematografico
Non è un romanzo di trama, composto da infinite azioni, ma è un romanzo fatto di personaggi. La narrazione a volte in prima persona, Lena, e a volte in terza, segue da vicino i comportamenti della madre-mostro, una donna ancora bambina, capricciosa e odiabile. Al contrario di Cino, è difficile non amare quest’uomo imperturbabile che tenta di comprendere l’emotività di Mira, la spigolosità adolescenziale di Lena. Lui è l’unico a fare in modo che la tensione della bolla non esploda. Madre e figlia sono esistenze che si trascinano, mentre l’irrefrenabile futuro li attraversa e non lascia respiro.
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Tra tequila, punch e troppe sigarette, l’alcol rallenta i pensieri che galleggiano sulla superficie della piscina. E questa lentezza va di pari passo con la fluidità del testo, dove l’autrice dosa ogni parola, ogni immagine, per riuscire a rendere in modo immediato e al contempo sensuale gli odori, i colori, i suoni, gli oggetto, in modo cinematografico.
Ci chiedono, questi signori, di badare alle ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, ci invitano a riconoscere i nostri piccoli traguardi a cui ci aggrappiamo per cadenzare cosa ci resta da vivere. Ma cosa sopravvive del nostro tempo non è la corsa stizzosa dei minuti, delle ore, delle settimane, dei compleanni, ci restano le visioni che saziano le scomparse. Mentre i numeri filano, intanto ci dedicano un inganno che moltiplica i lutti e la tristezza.
Hilary Tiscione con Setole (acquista) segue un preciso lavoro stilistico nell’enfatizzare la sofferenza personale dei suoi personaggi, mettendo su carta le loro vite interiori – fragilità e solitudine incluse -, e spinge il lettore a confrontarsi con i propri silenzi, con il dolore dell’abbandono, nel tempo sospeso dell’estate, dove tutto sembra essere cambiato per sempre, mentre l’abisso di settembre si apre sotto i loro piedi. Cadere è inevitabile.
Consigliato a chi alla tensione non ha ancora trovato un rimedio, a chi è pronto a cadere nei rebus irrisolvibili della complessità umana. Dedicato a chi non desidera altro che imparare ad amare e donare amore, e ha ricevuto solo carezze che lasciano graffi sulla pelle.
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